Aspetti economici

Con l'enorme entità di potenziale umano e le molteplici risorse sia agricole sia minerarie, la Cina svolge un ruolo relativamente modesto sulla scena economica internazionale, ma il suo peso è destinato a crescere vistosamente se continuerà lo sviluppo in atto nei primi anni Novanta.

 

Profilo generale. L'agricoltura ha ancora un livello piuttosto basso di meccanizzazione accompagnato da uno scarso impiego di fertilizzanti. L'industria, a sua volta, pur essendo ormai in grado di for nire un ampio ventaglio di prodotti, anche estremamente sofisticati (per esempio nel settore nucleare), presenta un'organizzazione aziendale e un livello tecnologico di molti impianti ancora nel complesso arretrati. Si verifica così che, nonostante un'el evata produttività pro capite, il valore assoluto del reddito nazionale lordo è insufficiente a garantire un prodotto medio annuo pro capite a livello di quello di altri Paesi industrializzati. La Cina è non solo il più popoloso, vasto e ricco Paese in via di sviluppo ma, nel continente asiatico, è la massima potenza economica dopo il Giappone. Inoltre, benché l'economia cinese sia eminentemente volta ad assicurare l'autosufficienza e quindi operi essenzialmente per il mercato interno, la Cina è già un considerevole fornitore di prodotti agricoli, industriali e minerari per vari altri Stati, anche europei. Nello stesso tempo essa costituisce una fonte importante di aiuti tecnici e finanziari per molte altre nazioni economicamente emarginate, come la Ta nzania, la Zambia, il Pakistan. Infine, anche se grandi masse vivono ancora a bassi livelli di consumo, aumenta rapidamente il numero di coloro che raggiungono un tenore di vita superiore alla media dei Paesi occidentali.

 

Riforme e piani quinq uennali. Nel 1949 il Paese era in completo sfacelo dopo quasi mezzo secolo di guerre e rivoluzioni. Il regime comunista si pose tra i primi obiettivi l'eliminazione del latifondo, distribuendo a 50 milioni di famiglie contadine le terre espropria te. In seguito sperimentò, in successivi piani quinquennali, diverse forme di organizzazione dell'agricoltura (dapprima le cooperative, circa 700.000 nel 1957, che raggruppavano i microfondi; poi le comuni del popolo, 54.000 nel 1982) di volta in volta a bbandonate o modificate per il mancato raggiungimento dei risultati prefissati. Gli stessi piani quinquennali davano alternativamente importanza preminente ora all'agricoltura ora all'industria pesante oppure allo sviluppo delle microaziende produttive, a seconda delle più urgenti necessità del Paese, facendo leva costante sulla tensione ideologica delle masse. Nonostante questi frequenti cambiamenti di indirizzo, il regime realizzava anche, sfruttando l'immenso patrimonio di manodopera, importanti lavo ri di sistemazione territoriale e gigantesche opere di distribuzione idrica, presupposto comunque basilare per ogni sviluppo futuro.

 

Economia di mercato. Nel corso del sesto piano quinquennale (1981-85) si è realizzata una svolta, defi nita "storica", per cui, in un'economia rigidamente centralizzata, si sono poste le basi per la transizione a un'economia con sostanziali elementi di mercato, in particolare con il ripristino del sistema delle responsabilità nella produzione (per cui il compenso è commisurato al prodotto) e al ritorno alla proprietà privata della terra. Vennero inoltre poste le basi per la liberalizzazione del sistema industriale e della riforma della determinazione dei prezzi, non più stabiliti dal piano ma dal mercato. Il governo lanciò inoltre un nuovo progetto destinato a incidere profondamente sulla struttura economico-sociale del Paese, quello delle "città di campagna". Si trattò di trasformare circa 56.000 paesi in piccole città con un numero di abitanti variabi le dai 6.000 ai 150.000. Tali città dovevano richiamare verso l'industria e il settore terziario una parte consistente della popolazione agricola (sproporzionata rispetto alla disponibilità di aree coltivabili), con una selvaggia urbanizzazione di grandi aree in precedenza occupate da campi e risaie. Esempio significativo di questo nuovo modello di sviluppo è l'area intorno alla città di Suzhou, ma la tendenza sembra ora inarrestabile, con grandi investimenti di capitale provenienti dall'iniziativa priv ata sia cinese sia straniera.

 

Squilibri e prospettive. I cambiamenti rapidi e radicali degli ultimi anni hanno creato inevitabili squilibri, che hanno posto il Paese in una situazione densa di contraddizioni. Alla formazione di una nuo va classe ricca di contadini e imprenditori grandi e piccoli fa riscontro la massa di coloro che, abbandonata l'agricoltura, si riversano nelle città alla ricerca di occupazione (si calcola che nell'inverno 1988 ottanta milioni di contadini hanno soffert o una grave penuria alimentare). Le "nuove zone economiche", create in diverse regioni, ma soprattutto lungo la fascia costiera da Canton a Shanghai, e aperte ai capitali stranieri, sono state destinate alla sperimentazione anche contrattuale (cottimo, contratti a termine). La loro è risultata una funzione trainante nei confronti delle aree circostanti e delle regioni più interne meno dinamiche. Nel contempo però l'inflazione è salita a livelli mai conosciuti in precedenza dalla Cina, che anzi per decenni aveva avuto una moneta pressoché stabile, e l'aumento quotidiano dei prezzi delle merci al consumo originò vere e proprie corse all'acquisto. Di fronte a simili reazioni, a metà degli anni Ottanta il governo bloccò il processo di liberalizzazione, per tornare a una specie di controllo centralizzato tendente a ridurre i consumi senza chiudere ai mercati occidentali. Un'accorta politica estera all'inizio degli anni Novanta, infatti, ha rimesso la Cina sulla scena internazionale degli investimenti e degli scambi, ridando vigore a un'economia che ha in primo luogo bisogno di risorse finanziarie e tecnologiche per continuare a rinnovare le proprie strutture produttive e gli impianti. La Cina è avviata a diventare una grande potenza economica mondiale, ma l'evoluzione accelerata comporta anche inflazione, disoccupazione e gravi problemi di sperequazione sociale, uniti a quelli dell'inquinamento ambientale.

 

Agricoltura. L'agricoltura, date le varietà climatiche e pedologiche del vasto territorio cinese, è presente con una gamma pressoché completa di colture, molte delle quali in quantitativi elevatissimi: nel complesso si stima che il Paese realizzi 1/6 della produzione agricola mondiale. Nonostante i notevoli sforzi compiuti in passato, il macchinario agricolo e i fertilizzanti chimici non soddisfano il fabbisogno nazionale e le gigantesche opere irrigue e di protezione del terreno sono in parte degradate. L'arativo, che si estende sul 10% della superficie territoriale, corrisponde quasi interamente alla Cina orientale, vale a dire alle tradizionali regioni agricole comprese nei bacini del Huang He e del Chang Jiang (Yangtze Kiang). Nel primo si coltiva soprattutto il frumento, seguito dal mais, dal sorgo, dall'orzo e dalle patate; nel secondo domina sovrana la risicoltura, che consente in certe zone due raccolti annui. Anche la Cina meridionale si presta ottimamente alla risicoltura (persino tre raccolti annui), seguita da molte colture tropicali, quali canna da zucchero, ananas, agrumi. Regione agricola importantissima di più recente sviluppo è infine la Manciuria; oltre al frumento e al sorgo, sono qui particolarmente coltivate la soia e la barbabietola da zucchero. La Cina detiene nettamente il primato mondiale per la produzione di riso, che è tradizionalmente alla base dell'alimentazione cinese, e di frumento. Si trova al secondo posto per il mais e al terzo posto per il miglio. Notevoli contributi all'alimentazione danno le patate e ancor più le patate dolci. Dalla canna e soprattutto dalla barbabietola si ottiene un quantitativo di zucchero più che sufficiente per il fabbisogno nazionale. Molteplici, e in genere con elevatissime produzioni, sono le piante oleaginose coltivate: la Cina è tra i primi produttori mondiali di: arachidi, soia (largamente consumata anche come legume), e sesamo; presenti inoltre colza, girasole e ricino. Primo produttore mondiale di tabacco, la Cina è al secondo posto per il tè, che è la bevanda nazionale più diffusa. In costante espansione sono la frutticoltura (mele, pere, agrumi) e le produzioni di legumi e ortaggi d'ogni genere. Fra le piante tessili, esse pure molteplici e di grande rilievo, notevole è la produzione di cotone, grazie anche alle nuove piantagioni della Cina centro-orientale e delle aree occidentali di recente colonizzazione. Si coltivano anche la iuta, il ramié, la canapa, il lino.

 

Foreste. Quanto al patrimonio forestale, il millenario sfruttamento agricolo ha praticamente esaurito le risorse boschive nelle regioni centro-orientali, mentre nel nord e nell'ovest del Paese il clima arido non consente la formazione di un vero e proprio manto forestale. Le maggiori estensioni boschive si trovano nella Manciuria e nelle vallate del Tibet sud-orientale, dove prevalgono le conifere e le foreste di latifoglie, mentre nello Yunnan esistono ricche foreste subtropicali. I vasti rimboschimenti effettuati dal governo hanno consentito di elevare la superficie forestale (la Cina è il secondo produttore di legname nella scala mondiale dopo gli USA), e alimentano una sviluppata industria di lavorazione del legno e di produzione della carta e pasta di legno.

 

Allevamento. Anche per l'attività zootecnica il Paese si pone ai primi posti nella graduatoria mondiale. Nelle aree agricole la limitatezza dei pascoli non permette un intenso allevamento di bovini, i quali insieme a un discreto numero di bufali, sono ancora destinati perlopiù ai lavori dei campi. Assai più elevato è il numero dei suini, fondamentali per l'alimentazione. Nelle regioni aride è diffuso l'allevamento estensivo di ovini e di caprini; qui si trovano anche numerosi cammelli, mentre nelle zone montuose più aspre si ricorre ancora largamente allo yak. Nelle aree ad agricoltura intensiva la gelsicoltura alimenta l'allevamento del baco da seta, antichissima e pregiata attività cinese: la Cina detiene il primato mondiale nella produzione di seta greggia. Molto diffusi sono infine i volatili da cortile, la cui produzione di uova viene ampiamente esportata.

 

Pesca. Anche la pesca è un'importante attività; la Cina è infatti il maggior produttore di pesce del mondo. L'organizzazione è ancora in larga parte tradizionale, ma non mancano battelli modernamente attrezzati, impianti frigoriferi e conservifici in vari porti sia della costa orientale sia di quella meridionale (Tientsin = Tianjin, Qingdao, Canton = Guangzhou, Xiamen). Le forti richieste di pesce da parte di una fascia popolatissima trovano rispondenza nella ricchezza ittica del Mar Cinese Meridionale; pescoso è anche il Bo Hai (Golfo di Chihli).

 

Risorse minerarie ed energia elettrica. La Cina è particolarmente ricca di minerali energetici: tra questi l'antracite (i giacimenti più importanti si trovano in Manciuria, nello Hebei, nello Shandong, nello Shanxi e nel Jiangxi), e il petrolio, per il quale il Paese è autosufficiente sin dagli anni Settanta; le principali aree petrolifere sono localizzate nella provincia mancese di Heilongjiang (dove si trova il ricchissimo giacimento di Daqing), nello Xinjiang Uygur, nello Sichuan e nel Gansu; abbondanti sono anche gli scisti bituminosi (province di Liaoning e di Guangdong). A Ürümqi, nello Xinjiang Uygur, vengono estratti minerali di uranio, utilizzati nel locale impianto atomico. Tra i minerali metalliferi il ferro è presente soprattutto nell'area di Anshan (Liaoning), oltre che a Daya (Hubei), presso Baotou (Mongolia Interna), e in varie altre zone, spesso vicino a giacimenti di carbone. La Cina è il primo produttore mondiale di tungsteno; si estraggono inoltre notevoli quantitativi di antimonio, magnesite, manganese, molibdeno, mercurio, zinco, piombo, bauxite. Tra i minerali non metalliferi sono ben rappresentati i fosfati, lo zolfo, il sale e il caolino, materia di base delle celeberrime porcellane cinesi. È comunque indubbio che buona parte delle risorse minerarie della Cina sia tuttora suscettibile di più intenso sfruttamento. L'energia elettrica prodotta è nettamente inferiore al fabbisogno di una nazione in grande espansione industriale. Si stima che l'energia elettrica cinese sia per perlopiù di origine termica, nonostante l'enorme potenziale idroelettrico: il solo bacino del Huang He (sul quale, come su tutti i maggiori corsi d'acqua cinesi, sono state costruite però dighe poderose) potrebbe fornire alcune centinaia di miliardi di kWh.

 

Industria. Se dal punto di vista quantitativo le produzioni industriali non riescono a coprire le richieste di un gigantesco mercato di un miliardo di abitanti (rapportando i consumi a quelli occidentali), dal punto di vista qualitativo le tecnologie cinesi possono, quasi in ogni settore, particolarmente in quelli dell'elettronica e delle telecomunicazioni, competere con le giapponesi, americane o europee. Già nel 1965 la Cina produceva, con materiali e progetti interamente locali, il primo elaboratore; nel 1968 i primi missili balistici; nel 1970 un proprio veicolo spaziale, cui seguivano i reattori nucleari e le armi atomiche, le cui sperimentazioni erano iniziate già dagli anni Sessanta. La siderurgia rappresenta la base dell'apparato industriale cinese e ha registrato sviluppi notevolissimi. Alla siderurgia si affianca sovente la metallurgia (rame, alluminio, zinco, molibdeno e così via), che ha i suoi centri più importanti a Harbin e Fushun. Entrambi i settori alimentano un'industria meccanica ormai molto diversificata, ma volta soprattutto a fornire attrezzature di base (macchine industriali, agricole e minerarie, motori, apparecchiature elettriche ed elettroniche) e mezzi di trasporto (materiale ferroviario, costruzioni navali, autoveicoli); stabilimenti meccanici sono ormai presenti un po' in tutto il Paese, ma i complessi più importanti sono localizzati a Shanghai, Harbin, Dalian, Tianjin, Nanjing (Nanchino), Zhangzhou, Taiyuan, Fushun, Wuchang, Chengdu. Industria in rapidissima espansione è quella chimica, tradizionalmente posta al servizio dell'agricoltura, in particolare quella delle materie plastiche; i centri più importanti sono Shanghai, Guangzhou, Nanjing, Tanjin, Fuzhou, Chongqing , Ürümqi. Essa è in grado di fornire una vasta gamma di prodotti di base, dalla gomma sintetica all'acido solforico e alla soda caustica, e alcuni prodotti di chimica fine (quali i farmaci), che però costituiscono ancora una delle principali voci d'importazione. Gli enormi sforzi volti al potenziamento dei settori di base sono anche espressi dai dati relativi al cemento. Fra le attività propriamente manifatturiere prevale quella tessile, fiorente già dalla fine del XIX secolo. Essa lavora essenzialmente cotone e seta, ma fornisce anche consistenti quantitativi di tessuti e filati di lana, di fibre tessili artificiali, di manufatti, soprattutto di cotone, destinati all'esportazione. Tra le industrie alimentari, infine, prevalgono quelle relative alla brillatura del riso e alla molitura del frumento; ben sviluppati sono però anche il settore oleifero (in Manciuria soprattutto), quello saccarifero, la manifattura dei tabacchi e la conservazione del pesce. Ha inevitabilmente pagato lo scotto dell'industrializzazione del Paese l'artigianato, che creava celeberrimi oggetti di squisita fattura.

 

Ferrovie e strade. In passato le principali arterie di comunicazione della Cina classica avevano in Pechino il fulcro pressoché unico dell'intero sistema territoriale ed erano volte soprattutto a collegare il nord e il sud dell'immenso Paese. Dopo lo sviluppo economico dei grandi centri portuali (Shanghai, Guangzhou, Tianjin, Fuzhou, Dalian e altri) le direttrici primarie del traffico presero a raccordare eminentemente la costa alle regioni interne. Particolare importanza riveste la rete ferroviaria, in quanto meglio atta al trasporto di elevati quantitativi di merce sulle grandi distanze. Sebbene poco sviluppata a confronto della vastità del Paese, essa collega tutte le regioni cinesi eccetto il Tibet. Tra le maggiori linee sono: la Pechino-Canton, di oltre 2.950 km; la cosiddetta ferrovia della Manciuria, di 2.370 km, alla quale si innesta anche la Transmongolica; la Pechino-Lanzhou e la Lanzhou-Ürümqi (estesa fino a collegarsi con l'Asia centrale), entrambe di circa 1.800 km; la Boji-Chongqing (1.170 km), con due diramazioni che uniscono la Cina alle linee ferroviarie del Vietnam. Dal 1994 è in funzione una linea ad alta velocità tra Canton e Shenzhen. La rete stradale nel 1949 annoverava 120.000 km, di cui solo 80.000 realmente agibili; nel 1994 ha superato il milione di km, di cui 995.000 asfaltati, e si collega alle reti dei Paesi confinanti. Tra le più spettacolari realizzazioni sono le tre linee che attraversano il Tibet, partendo dal Xinjiang-Uygur, dallo Sichuan, dal Qinghai, e superano le impervie catene himalayane; in particolare la Qinghai-Tibet si mantiene sempre a una quota di quasi 4.000 m.

 

Comunicazioni navali e aeree. Sono anche state valorizzate, con opportuni dragaggi, canalizzazioni e altre opere di sistemazione, le vie d'acqua interne, che si sviluppano per 103.000 km (solo 50.000 km però accessibili a naviglio a motore). Questo esteso sistema di idrovie è ancora molto sottoutilizzato quale rete fondamentale di trasporto nell'area più popolata e industrializzata del Paese. I lavori hanno riguardato particolarmente il bacino del Chang Jiang (Yangtze Kiang) e il Canale Imperiale (Gran Canale o Da Yunhe), fondamentale arteria di 1.782 km (il più lungo canale del mondo) tra il nord e il centro del Paese, che consente di collegare il Huang He con le idrovie del sud. È stata altresì potenziata la flotta mercantile, la cui stazza lorda viene valutata (nel 1995) a 17 milioni di t, ma soprattutto sono stati incrementati i trasporti aerei, fondamentali per un Paese di tale estensione; la CAAC copre ben 171 linee interne con una rete di complessivi 210.000 km ed effettua anche collegamenti con 20 Stati esteri.

 

Commercio. Nel volgere di mezzo secolo le correnti del commercio estero cinese hanno subito drastici cambiamenti. Dopo il 1960 la crisi politica fra Cina e URSS comportò la quasi totale chiusura di questa fondamentale corrente di scambi; ne derivò una radicale inversione di tendenza che portò, per un decennio, a limitare l'interscambio con i Paesi del Terzo Mondo. Con gli anni Settanta, dopo l'ammissione della Cina all'ONU, è avvenuta una nuova svolta in base alla quale l'assoluta maggioranza del commercio estero, la cui bilancia è pressoché in pareggio, si svolge con Paesi non socialisti, in particolare con il Giappone, Hong Kong (vera "porta aperta" della Cina verso l'estero), la Germania e gli Stati Uniti. Le importazioni riguardano essenzialmente impianti industriali e apparecchiature ad alta tecnologia, come quelle aeree, alcune materie prime e prodotti semilavorati destinati alle industrie nazionali, prodotti di chimica fine. Le esportazioni concernono soprattutto prodotti agricoli, tessuti e altri manufatti, prodotti minerari. Sempre maggiore importanza riveste infine il turismo.