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Storia
Situato all'estremità sud-orientale della Penisola Arabica, l''Oman inizia la sua storia con la dominazione persiana del V-VI secolo d.C.; poi, secondo la tradizione, la tribù degli Azd, emigrata nell''Oman alla fine del VI secolo, cacciò i Persiani e instaurò una dinastia araba, che si convertì all'Islām. Geloso della propria indipendenza, l''Oman rifiutò sempre obbedienza al califfo. Gli Azd accolsero la dottrina ibādita, di cui applicarono le regole in fatto di imām: elezione da parte dei dotti, che scelsero l'imām sempre nella tribù Azd (c'erano state successive immigrazioni), ma mai accettando la formazione di dinastie. L'imāmato elettivo terminò nel 1624. Agli inizi del XVI secolo i Portoghesi avevano occupato alcuni porti omaniti, profittando della guerra civile che imperversava nel Paese. Ma nel 1648 furono cacciati dalla locale popolazione araba e da allora l''Oman può essere considerato indipendente. Banū Ya'rub fu travolta da una guerra civile, e l''Oman invaso dai Persiani. A cacciarla fu la famiglia degli Abū Sa'īd, che fondò una nuova dinastia (1741), che condusse una politica espansionistica, fregiandosi del titolo di sayyid (signore). Verso la fine dell'Ottocento apparvero sul territorio gli Inglesi, con cui fu stretta un'alleanza durata fino a tempi recenti.
Grande sovrano fu Sa'īd, che conquistò Zanzibar nel 1784. Tuttavia la potenza omanita era alla fine. Dovette pagare tributo ai Sauditi e affrontare numerose ribellioni. Strinse trattati con gli Stati Uniti (1833) e la Francia (1844). Alla sua morte (1856), il dominio fu diviso tra i due figli: uno ebbe l''Oman e l'altro Zanzibar con i possessi africani. Una convenzione anglo-francese del 1862 riconosceva l'integrità dei due territori. Tuttavia l'Inghilterra esercitò sul Paese un protettorato di fatto. Nel 1913 sorse nell'antica città di Nazwa un nuovo imāmato; si venne a un tacito accordo tra sultano e imām: il primo avrebbe governato la costa, il secondo l'interno. Ma nel 1955 l'imām Ġālib chiese l'ammissione alla Lega araba, rivendicando così un'indipendenza che il sultano non intendeva accettare: appoggiato dagli Inglesi, egli occupò definitivamente Nazwa nel 1959, costringendo l'imām a riparare in Arabia Saudita, il cui governo l'aveva sostenuto nella lotta contro il sultano. La politica interna, perennemente sconvolta da ribellioni di carattere tribale, fu guidata autocraticamente dal sultano Sa'īd dal 1933 al 1970; dopo alcuni tentativi di modernizzazione nel campo scolastico, con l'aiuto di insegnanti iracheni (1936), il Paese fu mantenuto nell'immobilismo.
L'ultimo segno di un glorioso passato, il porto di Gwadar, sulla costa pakistana, fu venduto al governo di quel Paese nel 1958. Negli anni Sessanta nasce il Fronte Popolare per la Liberazione dell''Oman e del Golfo Arabico (FPLOGA), movimento di guerriglia di ispirazione marxista-filocinese che si prefiggeva lo scopo di eliminare la presenza inglese e dei regimi conservatori nei territori indicati dal suo nome. Esso agiva soprattutto nel Dhufar, regione occidentale ai confini con l'allora Yemen del Sud, dal cui governo era appoggiato. Un'opposizione al sultano nacque anche nella famiglia: il 24 luglio 1970 egli fu deposto dal figlio Qābūs, che promise una Costituzione che non fu mai concessa. Avviò, tuttavia, la modernizzazione del Paese, nel 1975 debellò la ribellione nel Dhufar e soprattutto migliorò le relazioni con i vicini Arabi, ricevendone anche aiuti economici e finanziari. Nel 1982 fu stipulato un trattato per la normalizzazione delle relazioni con lo Yemen del Nord.
Nella seconda metà degli anni Ottanta e all'inizio del decennio successivo, il sultano Sayed Qābūs Ben Sa'id continuò a perseguire una politica di apertura sul piano internazionale, anche per sfruttare nel modo migliore la principale risorsa economica dell''Oman: la produzione del petrolio. Su questa base furono stabilite relazioni diplomatiche con diversi Paesi, tra i quali il Perù, la Turchia, il Venezuela e soprattutto l'Unione Sovietica, con la quale nel 1986 furono raggiunti accordi economici e commerciali. Furono poi intensificati i rapporti con gli Stati vicini.
Al miglioramento delle relazioni con lo Yemen del Sud fece seguito, dopo l'unificazione yemenita del 1990, un'intesa sulla demarcazione dei confini, completata nel 1995. Dopo la fine del conflitto che lo vedeva impegnato con l'Iraq, fu possibile anche un riavvicinamento con l'Iran: nel 1989 fu costituito un comitato congiunto di cooperazione economica, mentre tre anni dopo fu siglata un'intesa per l'incremento della cooperazione economica e degli scambi commerciali. Si trattava di una politica tesa a rafforzare, nel suo complesso, l'integrazione fra i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo; un'integrazione che nelle intenzioni del sultano Qābūs avrebbe dovuto procedere anche sul piano militare, in particolare dopo la guerra del Golfo del 1991, nel corso della quale l''Oman si schierò a favore della coalizione che intervenne contro l'Iraq, concedendo l'uso delle proprie strutture logistiche e partecipando con un proprio reggimento alla liberazione del Kuwait.
Mentre il dinamismo sul piano internazionale conduceva anche al raggiungimento di un accordo sulla demarcazione dei confini con l'Arabia Saudita e all'avvio di un cauto processo di normalizzazione delle relazioni con Israele (negli anni successivi questo processo avrebbe conosciuto fasi alterne), sul piano interno il sultano continuava a esercitare un potere pressoché assoluto, senza che altri organismi potessero incidere concretamente nelle decisioni riguardanti il Paese. Il Consiglio dei ministri è sempre rimasto di nomina del sultano e perciò da questi revocabile, mentre una parziale innovazione è stata prodotta dalla sostituzione dell'Assemblea consultiva con un Consiglio consultivo, istituito nel 1992 e composto da 59 membri, uno per ogni distretto in cui è diviso l''Oman (tre anni dopo i membri sarebbero diventati 80, con la concessione di due rappresentanti ai distretti con più di 30 000 abitanti).
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta il sultano ha cercato di avviare una nuova fase, caratterizzata dalla necessità di ridurre il pesante deficit del bilancio pubblico e dalla volontà di diversificare un'economia per troppi anni dipendente solo dal petrolio. Ai tagli alle spese, richiesti peraltro anche dalla Banca mondiale, si è così accompagnato il tentativo di potenziare il settore privato, di sfruttare le risorse naturali e in particolare la pesca, di puntare con decisione su un settore come il turismo, considerato ricco di potenzialità espansive. Il perseguimento di questi obiettivi e la necessità di incoraggiare gli investimenti stranieri nel Paese hanno condotto a un'ulteriore apertura sul piano internazionale e al miglioramento dei rapporti con diversi Paesi tra cui l'India, il Sud Africa, la Gran Bretagna e l'Italia, con la quale l''Oman ha stabilito, all'inizio del 2000, di rilanciare le relazioni bilaterali e di rafforzare i rapporti di carattere economico. Allo stesso tempo, rimanevano particolarmente strette le relazioni con l'Iran, sia dal punto di vista politico sia da quello economico e militare.