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Aspetti economici
Grazie alla favorevole posizione geografica, alla tradizionale abilità e intraprendenza commerciale dei suoi abitanti, a una politica economica che mirava a privilegiare la libera iniziativa, a una legislazione assai compiacente nei confronti dei capitali esteri, il Libano si era imposto, fino allo scoppio della guerra civile, come la principale piazza f inanziaria del Vicino Oriente, il tramite ideale tra i Paesi industrializzati e gli Stati arabi. Questo significò una estrema dilatazione del settore terziario (costituito principalmente da un centinaio di grandi banche e compagnie di assicurazione, natu ralmente sostenute dall'afflusso di denaro straniero), mentre le strutture economiche nel complesso apparivano fragili: era scarsamente valorizzata l'agricoltura, così come non era sufficientemente incentivato lo sviluppo dell'industria. Per quanto riguarda la distribuzione dei redditi, una profonda spaccatura separava la ristretta cerchia di ricchissime famiglie da una massa contadina e da un proletariato, anzi un sottoproletariato, urbano rimasti in condizioni estremamente arretrate.
Conseguenze della guerra civile. La guerra civile iniziata nel 1975 e il suo continuo riaccendersi, che ha causato al Paese danni ingentissimi e perdite umane non meno elevate (le distruzioni subite dall'assetto produttivo sono state valutate al 60% sia per gli impianti industriali sia per le principali colture), ha altresì lacerato, forse in modo non più ricostruibile, questo tessuto sociale, politico, economico già segnato da divisioni gravissime, cui la distinzione religiosa tra cristiani e musulmani aggiungeva un ulteriore e non meno determinante fattore di separazione. In effetti oggi si potrebbe parlare di due Stati e di due compagini socio-economiche: due ben precise zone d'influenza, passando attraverso Beirut, ripartiscono il territorio nazionale e contrappongono una zona settentrionale, controllata dai cristiano-maroniti, a una meridionale, egemonizzata dai musulmani.
Agricoltura. Il Libano è relativamente favorito quanto a possibilità idriche; la natura montuosa di gran parte del suolo (è incolto o improduttivo oltre il 62% del territorio) rende tuttavia difficoltosa l'irrigazione, che viene praticata sul 28% dell'arativo. Prevale la piccola conduzione diretta, poco redditizia. Tra le colture cerealicole, di scarso ril ievo, primeggia il frumento, seguito da orzo, mais, avena e sorgo, tutti destinati al consumo interno. I principali prodotti agricoli d'esportazione sono gli agrumi (con prevalenza delle arance), quind i le banane; tra le altre colture fruttifere primeggia la vite che, coltivata sino a 1.500 m, usata in parte per la vinificazione e in parte per produrre uva passa; buon rendimento danno anche le mele, le albicocche, le pesche, le pere. Tra le colture oleifere, oltre al prevalente olivo, si annoverano il girasole e le arachidi. Il tabacco infine è una discreta risorsa per i villaggi montani. I boschi, che coprono poco più del 7% della superficie territoriale , sono degradati; in particolare sono quasi scomparsi i famosi cedri del Libano.
Allevamento e pesca. Come si è verificato per l'agricoltura, anzi in termini ancor più drammatici, il settore zootecnico ha subito danni enormi dalla guerra civile, benché l'allevamento del bestiame continui a rappresentare per la popolazione rurale un'attività complementare al lavoro dei campi. Prevalgono i volatili da cortile, gli ovini e i caprini; modestissimo è il numero dei bovini, data l'estrema esiguità delle aree a prato e a pascolo permanente, e del pari quello dei suini, com'è tipico del mondo arabo. Non molto praticata è la pesca, che ha sempre svolto un ruolo non rilevante nell'economia nazionale a causa della scarsa pescosità del mare.
Risorse minerarie. Quanto al settore minerario, la cui posizione nel quadro economico è del tutto marginale, si hanno in pratica solo giacimenti di minerali ferrosi e rocce fosfatiche. La produzione di energia elettrica, essa pure non adeguata alle necessità del Paese, si basa per circa la metà su petrolio d'importazione.
Industrie. La quasi completa mancanza di materie prime e l'insufficienza di fonti energetiche hanno lungamente ostacolato il sorgere dell'industria, che in pratica si è sviluppata solo negli anni Cinquanta, per lo più a opera di iniziative private; non adeguatamente incisiva si è dimostrata la presenza statale, malgrado sia stato fondato nel 1976 un apposito Ente di Sviluppo e Ricostruzione, per accelerare l'opera di ripristino degli apparati industriali distrutti durante la guerra civile; l'industrializzazione è comunque rallentata dalla carenza di manodopera specializzata e da un fragile apparato infrastrutturale. È in special modo deficitaria l'industria di base: oltre all'impianto siderurgico di Jbeil, che lavora il minerale estratto localmente, si hanno soltanto alcuni cementifici mentre le due raffinerie di petrolio, una delle quali a Tripoli, già sbocco dell'oleodotto dall'Iraq, e l'altra a Saida, dove faceva capo l'oleodotto proveniente dall'Arabia Saudita, sono oggi inattive. Più ampio è il ventaglio delle industrie manifatturiere, costituite però essenzialmente da piccole o medie aziende; vanta buone tradizioni il settore tessile, che ha i suoi punti di forza nel cotonificio e nel setificio, mentre più modesta è l'attrezzatura laniera. Sono inoltre ben rappresentate le industrie di trasformazione dei prodotti agricoli (zuccherifici, oleifici, conservifici, manifatture di tabacchi, birrifici); si annoverano infine piccoli stabilimenti meccanici. Ma va anche ricordato che molte fabbriche sono state definitivamente chiuse e quelle ancora attive lavorano al 50% della capacità produttiva, se non meno. L'alto grado di rischio, soprattutto nel 1983, ha scoraggiato in modo quasi totale l'afflusso di capitali dall'estero. Gli aiuti dai Paesi dell'OCSE, dagli USA, dalla Francia non hanno tuttavia impedito che la linea di ricostruzione e di sviluppo rimanesse ferma sulla carta.
Comunicazioni. Millenario nodo di transiti e commerci tra Oriente e Occidente, il Libano ha provveduto da tempo a fornirsi di una buona rete di vie di comunicazione, particolarmente stradali (su di esse tuttavia si sono concentrate le azioni belliche); più carente è il sistema ferroviario. Le principali arterie si sviluppano lungo la fascia costiera, collegando i maggiori centri libanesi; un tronco ferroviario, cui si affianca una superstrada, si dirama da Beirut sino a Damasco. Vivace è il movimento del porto di Tripoli e ancor più, in condizioni normali, quello di Beirut, data la sua funzione di porto franco; l'attività portuale è stata però bloccata durante la guerra civile e anche successivamente in più occasioni. La capitale è inoltre servita dall'aeroporto internazionale di Khaldé; il Libano si avvale di due compagnie di bandiera, la MEA (Middle East Airlines) e la TMA (Trans-Mediterranean Airways).
Commercio. Le attività terziarie sono di gran lunga la struttura portante dell'economia libanese. Cronico e gravissimo è però il deficit della bilancia commerciale: le esportazioni coprono in media appena una piccola parte delle importazioni. Il passivo è tuttavia ampiamente alleggerito dai depositi bancari dei capitali europei e americani e dalle ingenti rimesse degli emigrati; il permanere dell'estrema instabilità politica ha invece drasticamente ridotto i proventi del turismo floridissimo prima del 1975 (contribuiva per un quinto alle entrate valutarie del Paese). Le importazioni, rappresentate in buona parte da macchinari e veicoli, prodotti industriali vari, combustibili e generi alimentari, provengono massimamente dalla Unione Europea e dagli USA; le esportazioni, tra cui un certo rilievo hanno i prodotti agricoli, sono rivolte tradizionalmente verso gli Emirati Arabi Uniti e l'Arabia Saudita; tuttavia la prima voce dell'interscambio è data dalle pietre e dai metalli preziosi, il che rende così peculiare la bilancia commerciale del Libano.