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Storia
Dalla nascita dello Stato alla guerra dei sei giorni (1948-1967).
Dopo la seconda guerra mondiale le colonie francesi (Siria e Libano) e quelle inglesi (Iraq e Transgiordania) ottennero l'indipendenza, mentre le terre palestinesi continuarono a dipendere dall'Inghilterra (Dichiarazione Balfour). Lo Stato d'Israele nacque il 14 maggio 1948 dalle rovine del mandato inglese sulla Palestina, sulla base di una risoluzione dell'ONU del 1947 che prevedeva la divisione della Palestina in due Stati, uno arabo e uno ebraico. Contestualmente ebbe inizio la guerra d'indipendenza d'Israele o prima guerra arabo-israeliana (maggio 1948-gennaio 1949). Il governo provvisorio, presieduto da David Ben Gurion, coordinò l'azione delle truppe israeliane nel corso del conflitto, che le oppose agli eserciti arabi e ai palestinesi.
Quando nel 1949 furono sottoscritti gli armistizi con i Paesi confinanti, risultò che Israele era riuscito a conquistare un'area più vasta di quella concessagli dal piano delle Nazioni Unite. Le ferite della guerra del 1948 rimangono ancor oggi aperte: 800.000 Arabi abbandonarono i territori occupati da Israele; i Palestinesi rimasti (ca. il 10% della popolazione israeliana fino al 1967) non furono assimilati nel nuovo Stato; gli Stati arabi sottoscrissero armistizi ma non paci. L'ostilità dei vicini e il problema dei profughi non piegarono Israele: forte dell'appoggio delle due massime potenze (Stati Uniti e Unione Sovietica erano stati i primi a riconoscerlo), il governo di Tel Aviv promosse una campagna d'immigrazione ebraica (dal 1948 al 1952 emigrarono in Israele più di un milione di ebrei, una cifra da paragonare a quella dei presenti nel 1947: 650.000) e di colonizzazione e sviluppo del Paese. Il secondo di questi sforzi fu aiutato grandemente da massicce iniezioni di capitali statunitensi. In politica interna Ben Gurion e la formazione socialdemocratica del Mapai conservarono le posizioni chiave, tuttavia la necessità di formare gabinetti di coalizione diede un peso notevole ai tradizionalisti dei partiti religiosi.
Nel 1956 la favorevole congiuntura internazionale permise a Israele di concludere un'intesa segreta con la Gran Bretagna e la Francia e di sferrare nell'ottobre di quell'anno un fortunato attacco contro l'Egitto. Ma i risultati positivi del conflitto consistettero, a breve andare, unicamente nell'installazione delle truppe dell'ONU presso la frontiera con l'Egitto e gli stretti che controllano l'accesso al golfo di ʽAqaba. Di qui la possibilità di sviluppare il porto di Elat e l'apertura di una via marittima meridionale per Israele. In campo internazionale le relazioni di Israele con gli USA e con alcuni Paesi europei (Francia e Repubblica Federale di Germania in particolar modo) andarono rafforzandosi dopo il 1956, mentre invece peggiorarono decisamente i rapporti con l'Unione Sovietica. Una prima crisi s'era avuta agli inizi degli anni Cinquanta a causa del problema dell'emigrazione degli ebrei sovietici, avversata da Mosca: dopo l'affare di Suez gli stretti contatti tra l'URSS e i Paesi arabi approfondirono il solco. Sul piano interno si ebbero nel 1963 la defenestrazione dell'autoritario Ben Gurion e la sua sostituzione con Levi Eshkol: al centro delle coalizioni governative rimase tuttavia il Mapai.
Nei primi anni Sessanta si ebbe un rilancio del problema palestinese: la gara scatenatasi tra gli Stati arabi per un nazionalismo più incisivo, il problema delle acque del Giordano, che Israele voleva utilizzare per il proprio sviluppo, la necessità, sentita da Nasser, di trovare un minimo comun denominatore “negativo” per gli Arabi spiegano la costituzione, nel 1964, dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Frutto di manovre “politiche”, l'OLP acquistò una base “popolare” soltanto dopo il 1967: nel conflitto di quell'anno la componente palestinese ebbe un peso quasi nullo.
L'occasione della guerra fu offerta dalla decisione di Nasser di bloccare il golfo di ʽAqaba e di ammassare le proprie truppe sul confine con Israele allo scopo di far fronte a una presunta minaccia di Gerusalemme contro la Siria. Il 5 giugno Israele scatenò la cosiddetta guerra dei sei giorni, con un attacco preventivo contro l'Egitto e la Siria. Anche la Giordania, trascinata dal bellicismo che eccitava il mondo arabo, intervenne nel conflitto. Ne seguì una guerra su tre fronti: ma fin dal mattino del primo giorno Israele si assicurò la vittoria distruggendo al suolo la quasi totalità dell'aviazione egiziana. Il 10 giugno Arabi e Israeliani accettarono la tregua sollecitata dalle Nazioni Unite (risoluzione 242): nel giro di pochi giorni le truppe d'Israele s'erano impadronite delle alture del Golan, strappandole ai Siriani, della Cisgiordania, di Gaza e del territorio egiziano a E del canale di Suez.






