Economia

L'elevata preparazione tecnica e professionale di gran parte degli immigrati e l'appoggio finanziario delle istituzioni ebraiche sparse in tutto il mondo favorirono la nascita e la rapida espansione dell'economia israeliana, nonostante la povertà delle risorse naturali e la scarsa estensione delle regioni a suolo fertile.

 

Profilo generale. Israele si colloca oggi in una posizione del tutto eccezionale nel panorama asiatico (è preceduto da Giappone e Singapore, Paesi arabi produttori di petrolio esclusi), superando anzi diversi Stati europei. L'economia si è sviluppata in modo praticamente ininterrotto a cominciare dal dopoguerra; si è puntato, inizialmente, a sviluppare l'agricoltura poiché si voleva raggiungere l'autosufficienza alimentare, ma in seguito è stata l'attività industriale avere un decisivo impulso, specialmente nei settori a elevato contenuto tecnologico. Tuttavia proprio nell'industria cominciarono a manifestarsi, attorno alla metà degli anni Settanta, gli effetti della recessione mondiale. Le note vicende economiche internazionali (contrazione dei mercati, rincari a raffica delle materie prime e delle fonti energetiche, e così via) determinarono infatti sensibili flessioni della produzione industriale, mentre si aggravava il deficit commerciale. Di fronte al determinarsi di tale situazione, il Governo attuò (1977) un radicale mutamento rispetto agli indirizzi di politica economica fino ad allora seguiti. Abbandonando il moderato dirigismo che dal 1948 aveva orientato la crescita del quadro produttivo, e che era stato accompagnato da forti interventi sociali, è stata imboccata la strada di un ampio liberismo che mira al rilancio della produzione industriale diretta ai mercati esteri e al contenimento dell'inflazione, ma che determina la contrazione dei consumi interni e la diminuzione dei salari reali. Di certo pesano altresì sull'andamento economico complessivo le enormi spese militari, dettate dallo stato di tensione permanente con i confinanti Paesi arabi. Tuttavia i proventi dell'attività economica nei territori occupati recuperano parzialmente le spese annualmente sostenute: infatti per oltre otto anni sono stati in mani israeliane i pozzi petroliferi del Sinai (che sono ritornati all'Egitto nel 1976; nel 1982 è stata completata la restituzione della penisola all'Egitto), come pure è tuttora un possesso israeliano gran parte della fertile regione della Cisgiordania. Il Paese, per risanare un'economia dove l'inflazione tocca livelli paurosi, deve ormai affidarsi a un rigido piano di austerità.

 

Agricoltura. Nonostante stia riducendosi a un ruolo relativamente marginale, l'agricoltura continua a essere per la modernità delle tecniche impiegate e per gli alti livelli di produttività, una delle più progredite del mondo. Fra i suoi punti di forza sono la conduzione in prevalenza collettivistica e cooperativistica e lo sfruttamento razionale delle acque correnti e freatiche per l'irrigazione, al punto che attualmente oltre la metà della terra coltivata (arativo e colture arborescenti occupano il 20% circa della superficie territoriale) è irrigato. In particolare, fertile e ben irrigata è la Galilea, in quanto è la più favorita dalle relativamente copiose precipitazioni; altrove sono state effettuate ingenti bonifiche (per esempio il prosciugamento del Lago di Hula nel nord del Paese), mentre impianti di dissalazione consentono di utilizzare l'acqua marina. Per esigenze alimentari interne si coltivano cereali, specie frumento, patate, prodotti orticoli (tra cui i pomodori alimentano una certa esportazione) e frutticoli (mele, prugne, pesche, banane, ananassi); in sviluppo sono le colture del cotone e della barbabietola da zucchero. Di particolare rilievo nel quadro economico nazionale è l'agrumicoltura (Israele è il secondo produttore mondiale di pompelmi), particolarmente diffusi nella fascia costiera irrigata; nella piana della Giudea e di Sharon è ben rappresentata la vite, mentre l'olivo, presente un po' ovunque, ha la sua area più produttiva nella Galilea occidentale. Colture minori sono quelle del tabacco, delle arachidi, del sisal e del sesamo. L'allevamento del bestiame, specie bovino e dei volatili da cortile, e la pesca, praticata sia in mare sia nelle acque del Lago di Tiberiade, sono sviluppati, ma in misura non ancora adeguata alle esigenze del mercato interno.

 

Risorse minerarie. Scarseggiano le risorse energetiche e minerarie. Del tutto insufficiente ai bisogni sempre crescenti è specialmente il petrolio, che si estrae in modestissima quantità dai pozzi di Helez e di Kokhav, nel Negev settentrionale; esso viene raffinato negli impianti di Haifa e di Ashqelon, che trattano anche il grezzo im portato attraverso il porto di Elat, e lo convogliano alla costa mediterranea mediante oleodotti. Fra gli altri minerali sono estratti in buona quantità i fosfati naturali, il rame, la potassa e il bromo, utilizzati dall'industria chimica e in parte anche esportati; presenti sono pure ferro, salmarino, salgemma e magnesio. È in funzione presso Rishon Le Ziyyon un reattore nucleare.

 

Industrie. Le industrie, concentrate principalmente nelle aree di Tel Aviv-Giaffa e di Haifa, mostrano un panorama assai vario e differenziato. Ben rappresentati sono, oltre ai già nominati settori chimico (acido solforico e nitrico, fibre sintetiche, superfosfati) e petrolchimico, quelli tessile, siderurgico (acciaierie di Akko e Ashqelon), alimentare (specie conserviero), metallurgico, elettrometallurgico, automobilistico (montaggio di autovetture e autoveicoli in genere), della lavorazione dei diamanti (oggi toccati dalla concorrenza russa e indiana) e della produzione di una vasta gamma di articoli di consumo; si annoverano inoltre fabbriche di pneumatici, cartiere, cementifici.

 

Comunicazioni. La rete ferroviaria e specialmente quella stradale sono ben sviluppate; efficienti sono i servizi aerei (compagnia di bandiera è la El Al), che fanno capo agli aeroporti di Lidda (Lod), Tel Aviv-Giaffa ed Elat e quelli marittimi, che si servono dei porti di Haifa, Ashdod ed Elat.

 

Commercio. Gli scambi commerciali, attivi specialmente con gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania, il Belgio, l'Italia e vari altri Paesi europei, vedono ai primi posti, fra le merci esportate, diamanti lavorati, prodotti chimici, ferro e acciaio, macchinari, agrumi e altri prodotti ortofrutticoli, prodotti tessili; fra quelle importate, materie prime (specie diamanti e petrolio grezzi) e macchinari. A sanare la bilancia commerciale, costantemente in passivo, provvedono varie entrate invisibili, tra le quali il movimento turistico.