Economia

L'economia dell'Arabia Saudita si basa quasi interamente sul petrolio. Grazie a esso il Paese ha potuto avviare un processo di trasformazione che è stato ritardato solo dal conservatorismo proprio della dinastia wahhabita, religioso e ideologico nelle sue prime motivazioni, oscurantista e retrivo nella pratica di governo. Con gli anni Ottanta tuttavia l'economia saudita ha dovuto fare i conti con la nuova realtà internazionale di stabilizzazione, se non di calo, dei prezzi petroliferi, che ha portato qualche difficoltà finanziaria persino alla floridissima situazione monetaria del Paese. Pur non essendo il massimo produttore di greggio, l'Arabia Saudita fornisce infatti il contributo più rilevante ai traffici petroliferi internazionali, con circa un decimo del totale. Rimane inoltre lo Stato con le maggiori riserve petrolifere mondiali, che, secondo stime ufficiali largamente al di sotto della realtà, ammontano a 168.800 Mb (1 barile= 159 litri). Per questo l'Arabia Saudita è interessata a far sì che la domanda di petrolio rimanga sostenuta nel lungo periodo, e quindi a tenere bassi i costi del greggio. Contemporaneamente il governo, per ridurre la dipendenza economica dal settore petrolifero, ha iniziato negli anni settanta a promuovere l'industrializzazione del Paese; sono sorti, così, numerosi complessi chimici e petrolchimici, acciaierie, cementifici e così via. Si vogliono, inoltre, sviluppare le industrie relative alla lavorazione dei prodotti agricoli e zootecnici. L'agricoltura, invece, a causa dell'aridità del clima è poco sviluppata. Il governo, tuttavia, finanzia energicamente il settore e addirittura oggi il Paese è esportatore di frumento. Altre colture sono frutta (specie i datteri), verdura e altri tipi di cereali.

 

Nel 1990 la guerra del Golfo provocata dall'Iraq ha comportato un aumento della produzione di greggio per ovviare al blocco di quella irachena e kuwaitiana, ma i maggiori proventi sono stati assorbiti dalle spese di guerra, poiché l'Arabia Saudita ha portato un notevole contributo (stimato a 48.000 milioni di dollari). Per rilanciare l'economia, il re ha deciso nel 1995 di affidare ai nuovi ministri il compito di raggiungere gli obiettivi del sesto piano economico (1995-99) che comprende: l'accelerazione delle privatizzazioni, l'aumento degli introiti non petroliferi, l'aumento del tasso di crescita, con nuovi investimenti per 20 miliardi di dollari all'anno.