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Ambiente umano
Popolamento. L'India è una delle aree della Terra popolata fin da tempi remoti, come dimostrano i resti di ominidi mio-pliocenici rinvenuti a Siwalik e in altre aree del Paese: è certo che fin da allora si susseguirono genti diverse anche se, date le ricerche ancora limitate, non ne sono state finora trovate tracce. Le più sicure documentazioni risalgono al Neolitico, quando l'India appare abitata da genti dedite alla caccia e alla raccolta (dalle quali si ritiene discendano le attuali tribù veddoidi di lingua munda), con alcuni gruppi già in possesso di conoscenze agricole. Le più antiche popolazioni che sicuramente praticavano l'agricoltura furono gli antenati degli attuali Dravidi, i quali nel III millennio a.C. si estesero fino alla valle del Gange e forse ebbero contatti con la civiltà urbana dell'Indo. Verso il 1.500 a.C. l'invasione a più ondate successive degli Indoari, popolazione di pastori proveniente da nord-est, diede l'impronta definitiva all'assetto etnico dell'India favorendo un'unità culturale che neppure le dominazio ni araba e inglese riuscirono a modificare sostanzialmente.
Composizione etnica e religioni. Nel corso dei secoli si è venuta a produrre una complessa sovrapposizione etnica che, secondo alcune interpretazioni, è all'origine delle caste, le quali tuttavia si spiegano anche in rapporto all'organizzazione urbana del mondo indù, con le specializzazioni professionali e dei compiti che essa comporta con le sue varie attività. Sebbene la nuova Costituzione abbia abolito le tradizionali caste e il governo cerchi di limitare il potere delle numerose sette religiose, l'induismo (professato a volte in modo fanatico da oltre l'80% della popolazione) svolge un ruolo fondamentale in questo Paese prevalentemente contadino. Ciò è dovuto al fatto che la religione degli Indoari si è imposta nel processo storico come elemento di affermazione della civiltà indiana. Esistono anche delle minoranze religiose, le più importanti delle quali sono rappresentate dai musulmani, dai cristiani, dai sikhs del Punjab, dai buddhisti, dai parsi, per lo più ricchi commercianti del Maharashtra, che vivono nelle città. Questo mosaico etnico e religioso, che va poi sminuzzato ulteriormente in centinaia di frammenti, spiega la complessità dell'India e può rivelare come, nonostante secoli di storia che ha visto anche periodi di unificazione politica, il vasto Paese non abbia potuto trovare il suo "punto di fusione".
Incremento demografico. Il colonialismo, con gli scambi, le attività e l'urbanesimo che ha promosso, ha agito da stimolo, in senso moderno, per la vita dell'India, ma ha suscitato nel contempo nuovi problemi sociali, imponendo un'organizzazione territoriale sua propria, esaltando in modo esagerato l'urbanesimo, la crescita demografica, tutti problemi che assillano l'India d'oggi. Quello demografico è uno dei più gravi: oggi l'India conta quasi 968 milioni di abitanti. Il processo di crescita nel corso di questo secolo è stato vertiginoso. Il primo censimento del 1901 aveva registrato 238 milioni di abitanti. Ancora nel 1931 la popolazione non toccava i 280 milioni. Gli incrementi fortissimi si ebbero a cominciare dagli anni Quaranta; così nel 1941 si registrarono 318,5 milioni, nel 1951 circa 360, nel 1961 oltre 439 milioni. Questo rapido incremento demografico fu dovuto, fondamentalmente, alla riduzione del tasso di mortalità, che fino ai primi decenni del secolo raggiungeva anche il 48ë e che era determinata dalle frequenti carestie e dalle ricorrenti malattie epidemiche come il vaiolo, la peste, il colera, la malaria che contribuivano a mantenere quell'"equilibrio della miseria", col quale, in modo crudele, si contenevano gli sviluppi demografici. Il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie ha fatto scattare l'esplosione d emografica, risultato di una natalità sostanzialmente mantenutasi elevata (dal 49ë dei primi decenni del secolo è scesa alla metà del secolo al 40ë), ma non più controbattuta da un'altrettanto elevata mortalità, il cui tasso annuo è via via diminuito. Corrispondentemente l'incremento demografico naturale si è via via elevato dagli inizi del secolo (quando era sull'1%) al 2-2,3% degli anni Cinquanta, fino al 2,5% del 1961. La gravità del problema demografico in un Paese di limitate risorse (o non adegua tamente sfruttate) fu avvertita dallo stesso Gandhi; il problema fu affrontato sotto il regime di Nehru, durante il quale fu teorizzato quel neomalthusianesimo che indusse il governo a istituire, nel 1965, i primi centri per il controllo delle nascite sotto la direzione del Ministero della Sanità. Oggi questi centri di family planning sono numerosi in tutta l'India.
Distribuzione. La pressione demografica elevata di certe regioni esisteva già alla fine del secolo scorso e, favorita dalle possibilità consentite dal colonialismo, aveva suscitato un'emigrazione verso altre terre, soprattutto verso quelle affacciate all'Oceano Indiano. La densità media della popolazione, elevata anche per un Paese così vasto, non dice delle altissime concentrazioni di certe zone. Le massime concentrazioni, tra i 1.000 e i 4.000 abitanti/km 2 , si hanno in alcuni piccoli territori (Delhi, Chandigarh, Pondicherry); nel Bengala Occidentale e nel Kerala si raggiungono densità superiori ai 700 abitanti/km 2 , con un carico di oltre 800 abitanti per km 2 di terra coltivata. Valori oltre i 400 abitanti/km 2 si hanno nel Bihar, nel Tamil Nadu, nell'Uttar Pradesh e nel Punjab. Altrove si passa da densità medie di 30 abitanti/km 2 delle terre più povere del Deccan e del Rajasthan ai 300 abitanti/km 2 delle regioni più fertili. Zone ancor meno popolate, oltre alle aree aride del Rajasthan, sono le valli himalayane, specie orientali, e il Mizoram. Gli squilibri economici e demografici da parte a parte hanno alimentato in questo secolo le prime migrazioni interne; le più cospicue però sono state quelle dirette verso le città. La corsa all'urbanesimo ha raggiunto in India ritmi mo lto elevati, esaltati all'epoca della divisione tra India e Pakistan, che hanno portato migliaia di profughi ad accentrarsi nelle periferie delle grandi città come Calcutta.
Insediamenti rurali. L'India, Paese di profonde radici rurali, è sempre stata ed è ancora un Paese di villaggi. Il villaggio indiano, fondato sull'economia agricola e sull'artigianato, autosufficiente almeno alle origini, è una germinazione spontanea della sedentarietà ed è rimasto pressoché immutato nei millenni. Socialmente il villaggio (grama) ha conservato, fino all'epoca coloniale, la sua organizzazione comunitaria espressa nel Panchayat, il consiglio di villaggio, e la sua composizione castale implicita nella divisione professionale dei compiti nell'ambito dell'economia. Tradizionalmente ogni villaggio è rappresentato da un gramini, un capo-villaggio, e a sua volta ogni villaggio fa capo a un organismo territoriale che comprende più villaggi, retti da gerarchie superiori. Il rapporto tra villaggi e unità territoriale è legato alle condizioni ambientali. Il villaggio ha un dintorno coltivato più o meno vasto secondo la bontà dei suoli o le possibilità di irrigazione; anche la sua dimensione varia secondo questi fattori. In generale i villaggi si pongono lungo i corsi d'acqua. Dove la stagione asciutta si fa sentire maggiormente i villaggi si sono dotati di serbatoi (eri) e proprio la capacità di queste riserve d'acqua determina la dimensione del villaggio, il quale in generale ha non più di 400-500 abitanti, ma esistono sia grandi villaggi ( kasba) sia piccoli villaggi (gaon).
Organizzazione del territorio. Prima del colonialismo la trama territoriale fondata sui villaggi e i centri rurali faceva capo, in senso però politico più che economico, alle città principes che, sedi del potere, in funzione del quale erano state concepite anche dal punto di vista urbanistico (pianta regolare con centro nodale rappresentato dal palazzo del principe e il tempio, indù o musulmano), come nei mirabili esempi di Jaipur, Agra , Madurai ecc. L'organizzazione del villaggio entro l'ordinamento feudale si è rotta in epoca coloniale, con gli aggravi fiscali e l'imporsi del potere degli zamindari (appaltatori d'imposte) e di quel regime assenteista che è stato uno dei fattori della decadenza economica dell'India a partire dagli inizi del secolo scorso. Anche l'artigianato, oltre che l'agricoltura, è deperito, mentre l'imporsi di un circuito commerciale di tipo moderno ha valorizzato i centri meglio favoriti dal punto di vista delle comunicazioni, oltre che delle attività produttive più redditizie. Così si è determinata quella gerarchia di piccoli e grandi centri, già però avviata dopo la penetrazione dell'islamismo, che formano la trama territoriale dell'India, la quale fa capo a pochi grandi poli urbani, valorizzati dai collegamenti ferroviari del secolo scorso. Tra questi centri focali i primi a emergere sono state le città portuali, quelle cioè che facevano da tramite tra India e Gran Bretagna: Calcutta e Bombay (o Mumbai) furono le prime grandi basi dell'India coloniale, insieme con Madras (o Chennai); Delhi , divenuta importante sotto il dominio turco-musulmano, fu potenziata invece per la sua funzione di "cerniera" dei collegamenti continentali, tra la Valle dell'Indo e quella del Gange. La popolazione urbana dell'India è cresciuta negli ultimi decenni, cosicché ogni anno 10-12 milioni di individui si insediano in media nelle città. Gli sviluppi maggiori li ha avuti Calcutta, che è stata il rifugio di molti profughi dal Pakistan, così come Delhi e Bombay.
Delhi e Calcutta. Queste, come tutte le grandi città indiane, hanno una grande frangia periferica dove si accatastano, in modo provvisorio, le masse inurbate, in condizioni spesso drammatiche; il loro assorbimento è lento, difficile, collegato com'è agli sviluppi economici del Paese. Nel 1991 vi erano in India diciassette città con più di un milione di abitanti e cinquanta con oltre 500.000 abitanti. Delhi ha 7,2 milioni di abitanti ed è una città "terziaria" per il suo ruolo amministrativo, rivelato anche dalle sue strutture urbanistiche, nelle quali si distingue New Delhi, sede del governo (questa propriamente è la capitale) e quartiere aristocratico, dove al vecchio nucleo musulmano si giust appongono i nuovi ariosi quartieri di epoca coloniale. Delhi è il nodo occidentale nella trama territoriale della piana del Gange, al cui lato opposto, nel delta bengalese, sta Calcutta, capitale del Bengala Occidentale, porto fluviale e città industrial e che ha germinato intorno a sé una serie di altri centri con i quali forma la più grossa conurbazione o città-regione dell'India, con oltre 11 milioni di abitanti. Di stampo inglese nella sua parte monumentale, è per il resto un agglomerato esteso, squa llido, che accoglie alla periferia molti stabilimenti industriali (i più vecchi sono quelli legati alla lavorazione della iuta, quelli più recenti connessi allo sfruttamento delle vicine miniere di ferro e carbone); Calcutta però accoglie anche attività terziarie e commerciali suscitate dal suo porto, sbocco della piana gangetica già valorizzato dagli Inglesi. La pianura del Gange ospita numerose altre grandi città, alcune con funzioni industriali come Kanpur (centro dell'industria tessile), con oltre 1.800.000 abitanti, e Lucknow (o Lakhnau), la capitale dell'Uttar Pradesh; ma questa è una città d'origine antica, così come altre della pianura quali Agra , legata all'affermazione islamica, Varanasi , massimo centro religioso dell'induismo, e Allahabad, città santa buddhista; Patna è invece nodo di comunicazioni valorizzato in epoca moderna. Nell'India nord-occidentale la popolazione urbana non è molto elevata, ma esistono antiche e storiche città vivacizzate da attività diverse: Jaipur, la capitale del Rajasthan, Ajmer, Udaipur, facenti capo alla regione degli Aravalli; Jodhpur, al margine sud-orientale del deserto del Thar. Nel fittamente popolato Punjab si trovano molti centri commerciali e industriali (Amritsar, Ludhiana, Jalandhar o Jullundur ecc.); Srinagar, massimo centro del Kashmir, è notevolmente cresciuta grazie alle sue molteplici funzioni. Nel Gujarat l'ex capitale Ahmadabad è una metropoli commerciale con importanti industrie tessili e alimentari.
Bombay e altre città. Nel Deccan, Bombay (o Mumbai), capitale del Maharashtra, continua a essere il polo urbano maggiore; cresciuta come porto fondamentale in epoca coloniale (era "la porta dell'India"), oggi è una città ricca di industrie di trasformazione e manifatturiere ed è sede di attività culturali e finanziarie. È ormai un agglomerato di quasi 10 milioni di abitanti ed è ben collegata con ferrovie alla piana del Gange, al Rajasthan e agli Altopiani Centrali, dove sorgono città storiche, vecchie capitali principesche come Indore, Bhopal, Jabalpur , valorizzate dai moderni raccordi ferroviari. Questi hanno particolarmente accentuato la posizione gerarchica di Nagpur, a sud dei Satpura, di Pune (Poona), città industriale con funzioni di satell ite nei confronti della vicina Bombay, e di Hyderabad, capitale dell'Andhra Pradesh con quasi 3 milioni di abitanti, città storica legata all'islamismo (è l'ex Golconda) di cui è ancor oggi il massimo centro in India, benché sia anche sede di industrie e attività commerciali che investono tutto l'interno della penisola. Più a sud grossa città è Bangalore , capitale del Mysore, oggi Karnataka. Nel Deccan orientale la rete urbana gravita su Madras (o Chennai), la capitale del Tamil Nadu, popolosa e attivissima città portuale privilegiata dagli Inglesi, ben attrezzata anche come centro industriale (siderurgico e dell'industria meccanica). Altri importanti centri del Deccan sono situati agli sbocchi delle valli sulla pianura costiera, come Vijayawada e Rajahmundry. Nell'interno della parte più meridionale della penisola è Madurai, centro religioso dell'induismo, mentre sulla costa del Malabar Calicut (o Kozhikode ) e Cochin (o Kochi ) sono sbocchi portuali di una ricca regione agricola.