Ambiente umano

Colonizzazione. L'edificazione degli USA come unità politica e come entità geografica con una propria ben definita organizzazione spaziale è avvenuta secondo un processo di progressiva conquista del territorio e di una presa di coscienza, da parte degli Europei qui trapiantati, di vivere autonomamente in un Paese nuovo. Il nucleo originario è sulle sponde atlantiche, nelle ben riparate baie formate dai fiumi che scendono dagli Appalachi, rimasti per molto tempo come un'invalicabile barriera per i colonizzatori. Intorno a quelle prime basi di conquista e di popolamento si è avuta una progressiva coagulazione umana che ha costituito e costituisce ancora oggi la piattaforma, l'elemento di base di tutta l'organizzazione territoriale statunitense. Ancora oggi le zone di più antico insediamento ripresentano certi aspetti umani che richiamano la mentalità e lo spirito dei pionieri anglosassoni: le dimore, l'organizzazione dei piccoli centri intorno alla chiesa protestante, le città, il paesaggio agrario, i volti degli abitanti. La Nuova Inghilterra è in tal senso la regione più conservatrice del pionierismo anglosassone. Nel XVIII secolo le prime 13 colonie conobbero una fase di grande sviluppo grazie anche ai rapporti commerciali che mantennero con la madrepatria. I gruppi trapiantati mostrarono di sapersi organizzare economicamente e socialmente da soli, in tutta indipendenza. I coloni ebbero presto la forza di lottare per l'indipendenza, anche se non tutti si trovavano d'accordo su ciò. Molti "lealisti" furono costretti a emigrare e preferirono andare nelle vicine colonie canadesi contribuendo così all'anglicizzazione dell'ex dominio francese.

 

Formazione dello Stato. Nel 1776, con la dichiarazione d'indipendenza, nacque l'Unione formata dalle 13 colonie iniziali, che progressivamente aumentarono di numero con la spinta della colonizzazione verso ovest. Tuttavia l'Unione non formava un insieme omogeneo: anche se i coloni erano in gran parte inglesi, essi si trovarono ad agire in ambienti e condizioni diversi. Il nord, con i suoi porti, la sua vivacità commerciale, lo spirito intraprendente dei suoi abitanti, il suo ambiente adatto all'agricoltura polivalente dato il clima temperato, si differenziò ben presto dal sud, dove le condizioni ambientali erano più adatte all'agricoltura di piantagione, rivolta soprattutto alla coltura del tabacco e del cotone, cui attendevano schiere di schiavi afroamericani. Questi, fatti affluire dall'Africa per la prima volta nel 1619, si accrebbero successivamente in modo assai rilevante, sia per le ulteriori massicce immissioni nel Paese sia per il loro alto tasso di natalità (nel 1790 rappresentavano ben il 20% della complessiva popolazione statunitense, in seguito si sono più o meno attestati sul 10-11%). Quanto agli Amerindi , che in numero di circa 1 milione abitavano il Paese all'arrivo degli Europei, essi furono a poco a poco sterminati sia per le stragi spietate sia per l'alcolismo e le malattie contratte dai bianchi, tanto da essere ridotti a circa 250.000 alla fine del secolo scorso; successivamente però le migliorate condizioni igieniche e la pace (pagata però con la creazione delle riserve, in genere nelle aree più sfavorite del centro-ovest e dell'ovest, come l'Arizona, l'Oklahoma, il New Mexico) portarono a un aumento della compagine indiana.

 

Immigrazioni. Il processo di ampliamento del Paese fu stimolato, si potrebbe dire reso necessario, dalle grandi ondate immigratorie, ivi sospinte dal dinamismo economico e sociale che percorreva e percorre gli USA: dal 1820 al 1996 hanno raggiunto stabilmente il Paese oltre 63,1 milioni di immigrati, di cui circa 7,1 milioni di Tedeschi, 5,4 milioni di Italiani, 9,7 milioni tra abitanti della Gran Bretagna e dell'Irlanda, 4,2 milioni provenienti dal Canada e oltre 3 milioni dalla Russia. Le prime ondate di immigrati d'origine non britannica furono composte specialmente da Tedeschi e Scandinavi, attratti soprattutto dalle regioni forestali più settentrionali. Con le leggi del 1921, del 1924 e del 1928, l'immigrazione prese a essere controllata con la regola delle aliquote, stabilite sulla base delle nazionalità già presenti nel Paese; ciò favorì gli immigrati britannici, che formavano la maggior parte della popolazione già insediata, mentre fu praticamente chiusa l'immigrazione agli asiatici, ai Cinesi soprattutto, che in numero notevole cominciavano a stabilirsi nell'ovest.

 

Struttura etnica. Le varie nazionalità si fissavano preferibilmente nelle aree che offrivano occasioni di lavoro più simili a quelle della madrepatria. Il sud (Carolina del Sud, Georgia, Alabama, Mississippi ecc.) ha conservato una certa purezza etnica, con le famiglie della vecchia aristocrazia coloniale e le masse di afroamericani, le quali però a poco a poco, anche per sfuggire alla miseria e alla politica segregazionista, hanno abbandonato in gran numero le campagne depauperate del sud cercando il proprio posto nelle grandi città del centro-est, capaci di assorbire un po' tutti, seppure a patto di quelle discriminazioni sociali che sono all'origine dei grandi ghetti urbani dei centri maggiori. Essi rappresentano (dati del censimento 1980) ben il 70,2% della popolazione di Washington, il 63,1% di quella di Detroit, il 37,8% di quella di Filadelfia; a Chicago vivono quasi 1,2 milioni di afroamericani e addirittura New York, con i suoi 1,8 milioni di abitanti afroamericani, è la più grande "città afroamericana" del mondo. Le Pianure Centrali (Minnesota, Iowa, Dakota, Kansas ecc.) hanno una struttura etnica più varia, benché sostanzialmente rappresentata da Anglosassoni e da Slavi, questi ultimi ben ambientati in una regione per tanti aspetti simile a quella sarmatica. L'ovest, dal Texas alla California, è anch'esso multietnico: i richiami di questa regione sono stati infatti assai vari, a eccezione di alcune zone, come la Valle della California, che con il suo clima mediterraneo si prospettò come luogo adatto per i coloni italiani specializzati nella viticoltura e nell'orticoltura. Il nord-ovest (Washington, Idaho, Oregon ecc.) ha attratto soprattutto Slavi, Scandinavi e Tedeschi. Oggi queste attrazioni regionali, data la grande mobilità sociale degli USA, hanno poca importanza e le specifiche aree etniche tendono a sparire per riformarsi nelle città, però molto degradate là dove le etnie rappresentano le classi sociali inferiori ed emarginate. L'immigrazione del resto è oggi relativamente ridotta, anche se gli ultimi decenni, specie subito dopo la seconda guerra mondiale, hanno portato masse non trascurabili di immigrati (tra il 1960 e il 1980, circa 7,8 milioni), per lo più provenienti dall'Europa e dal Canada, Paese che serve da base agli emigranti europei per raggiungere in un secondo tempo gli USA.

 

Sviluppi demografici. L'incremento demografico naturale è stato un fattore decisivo per la crescita della popolazione statunitense fin dalle origini. L'alta natalità fu sempre un elemento favorevole per l'imporsi stabile e definitivo della colonizzazione; successivamente fu la prosperità che contribuì a mantenere alto il tasso di natalità: negli anni Cinquanta e Sessanta era ancora elevata e solo successivamente si è avuta una sensibile diminuzione; la mortalità d'altra parte è molto bassa, benché essa vari da regione a regione e da gruppo sociale a gruppo sociale (tra gli afroamericani per esempio è ancora elevata), ed è il riflesso dei grandi squilibri economico-sociali degli USA. La popolazione, che nel 1950 era di 151,3 milioni di unità, al censimento 1980 risultava di oltre 226 milioni di abitanti (compresi i 965.000 abitanti delle Hawaii) e a quello del 1990 di 248,7 milioni di abitanti. Di questi 248 milioni, oltre l'80,3% sono bianchi, il 12,1% afroamericani, con principali insediamenti negli Stati di New York (2,4 milioni), California, Illinois, Texas (1,7 milioni ciascuno), Georgia, Louisiana, Carolina del Nord, Florida, Ohio, Michigan, Virginia, Pennsylvania (oltre 1 milione ciascuno); circa l'1,6% asiatici (Cinesi, Giapponesi, Vietnamiti e Filippini); circa lo 0,8% Amerindi, discendenti sia dalle tribù di cacciatori delle praterie che si difesero con aspre lotte dall'invasione bianca (Sioux, Comanche ecc.) sia dai più miti gruppi agricoltori (Hopi, Zuñi ecc.), stanziati nel sud-ovest e nel New Mexico. Pressoché metà di essi vive nei quattro Stati di Oklahoma, Arizona, California e New Mexico, in gran parte confinati in riserve; tutti in ogni caso sono malamente inseriti nelle realtà sociali d'oggi e l'alcolismo continua a essere la grande piaga di questi autentici emarginati.

 

Aree di attrazione. La distribuzione della popolazione sul territorio degli USA è molto ineguale e ciò in rapporto a fattori assai diversi e non solamente, come già si è avvertito, per effetto di condizioni ambientali più o meno favorevoli. L'organizzazione umana è fondata sulle città, centri primari della struttura territoriale degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono nati in effetti all'epoca dell'industrialismo capitalista e il costituirsi della trama insediativa ha seguito processi spontanei (poco o nulla hanno influito le divisioni statali interne, anche se gli Stati sono geograficamente qualificabili per certe peculiarità), secondo impulsi dati dalle opportunità economiche promosse dai centri urbani. I fattori geografici hanno privilegiato soprattutto New York, Boston, Filadelfia, Baltimora e in generale tutta la grande regione atlantica centro-orientale, aperta non solo ai traffici oceanici ma ben collegata, anche da vie navigabili come l'Hudson, alle regioni interne, dove la presenza di carbone e di minerali ferrosi ha favorito lo sviluppo delle industrie. La crescita della regione atlantica è stata vertiginosa e rappresenta uno degli episodi di maggior popolamento della storia mondiale. Il coagulamento umano in quest'area, cui si connette anche quella, pure popolosissima, tra gli Appalachi e i Grandi Laghi, è stato incessante, benché oggi il fenomeno di concentrazione vada spegnendosi a vantaggio di altre aree, in particolare delle facciate del Golfo del Messico e del Pacifico. Il numero delle grandi città è elevato, occorre distinguere le città vere e proprie (corporated cities ) dalle aree metropolitane (metropolitan statistical areas ): ben 43 di queste superano il milione di abitanti e 21 i due milioni.

 

Megalopoli atlantica. Nella regione che va dalla Baia di Massachusetts a quella di Chesapeake, vale a dire dal New England meridionale al Maryland, si ha una concentrazione di città unica al mondo, cinque delle quali contavano oltre un milione di abitanti già nel 1850. Prima fra tutte le città della "megalopoli" atlantica è New York, favorevolmente situata sul magnifico estuario dell'Hudson, a metà strada tra il nord e il sud della regione, ben collegata con l'interno. È una gigantesca concentrazione umana di oltre 7,3 milioni di abitanti (ma l'area metropolitana, la cosiddetta MSA, metropolitan statistical area, superava nel 1994 i 18 milioni di abitanti, comprese Jersey City e Long Island), simbolo incontrovertibile dell'intera civiltà statunitense e del suo straordinario cosmopolitismo, definita "cuore e cervello della nazione"; è importantissimo centro portuale, aeroportuale, industriale (settore manifatturiero), fulcro finanziario mondiale, sede naturalmente di musei prestigiosi, di istituti artistici e culturali di interesse internazionale. A sud di New York sono: Newark, nello Stato del New Jersey, città che può anzi venire considerata come un gigantesco sobborgo industriale di New York; Filadelfia, polo urbano della Pennsylvania, la città quacchera fondata da William Penn, illustre centro storico (qui si tennero i congressi che portarono all'indipendenza degli USA) che fu a lungo la grande rivale di New York e oggi è la quarta metropoli statunitense, attivissima nelle più svariate industrie, ospitando tra l'altro la più potente raffineria di petrolio della costa atlantica degli USA, e per movimento commerciale occupa il terzo posto della megalopoli; Baltimora, nel Maryland, anch'essa con industrie altamente diversificate e con un porto assai attivo; infine la stessa Washington , città tra le più belle e ariose degli USA, situata nel Distretto Federale (D.C.=District of Columbia), un quadrato di terra di 178 km2 originariamente diviso tra gli Stati del Maryland e della Virginia, che il presidente Washington scelse appositamente per ospitare il centro politico e amministrativo del Paese e che da "semplice" capitale (in genere negli USA, a differenza delle tradizioni europee, le capitali non corrispondono ai maggiori centri dei rispettivi Stati, essendo il ruolo politico ben distinto da quello economico) è diventata metropoli con funzioni molteplici. A nord di New York, principale fulcro del popolamento è Boston, con funzioni analoghe a quelle delle altre grandi città atlantiche, cioè portuali e commerciali in genere, industriali, finanziarie, oltre che essere illustre centro culturale (Boston è tra l'altro sede del prestigioso Istituto di Tecnologia del Massachusetts, mentre nella vicina Cambridge è la gloriosa Università di Harvard, la più antica degli USA) attivato dai discendenti della vecchia America puritana del New England.

 

Città tra Grandi Laghi e Florida. Alla regione centro-atlantica si allaccia quella, già ricordata, dei Grandi Laghi, dove si raccolgono poderose città industriali, tra cui: Pittsburgh, altra metropoli della Pennsylvania, nonché uno dei massimi centri siderurgici del mondo (nell'area metropolitana viene prodotto 1/5 dell'intero acciaio degli Stati Uniti); Cleveland, nell'Ohio, anch'essa con colossali impianti siderurgici; Detroit, nel Michigan, capitale mondiale dell'automobile, sede notoria della Ford, della General Motors e della Chrysler, che fornisce il 25% degli automezzi prodotti nel Paese, ma che è anche punto focale di una vasta regione dove l'industria meccanica in genere costituisce l'attività preminente; infine e soprattutto, sul Lago Michigan, la gigantesca Chicago , nell'Illinois, le cui fortune si devono alle sue funzioni di raccordo tra le Grandi Pianure e l'est, sede di industrie poderose legate soprattutto all'agricoltura e all'allevamento delle regioni interne ma anche metallurgiche, meccaniche e tessili. Chicago è sede tra l'altro del più vasto e attivo aeroporto commerciale del mondo. Lo sviluppo delle città dei Grandi Laghi è stato favorito dalle vie di comunicazione, ben collegate con l'Oceano Atlantico, oltre che dal fatto di situarsi al centro di produttive aree agricole. Ben popolato (media di 50 abitanti/km2 ) è anche il Piedmont degli Appalachi, con città industriali che fungono da centri focali di aree agricole occupate da piantagioni (tabacco, cotone), come Charlotte nella Carolina del Nord, Richmond nella Virginia, Atlanta, capitale della Georgia, con una gamma ormai assai vasta di attività manifatturiere; nell'estremo sud-est del Paese la Florida vanta celebri località turistiche, a cominciare dalla lussuosa Miami, stazione balneare e climatica, soprattutto invernale.

 

Città del bacino del Mississippi. Anche nella valle del Mississippi, arteria sempre vitale degli USA, si hanno grossi centri urbani come Minneapolis nel Minnesota, Memphis nel Tennessee, Saint Louis nel Missouri. Altamente industrializzati, essi hanno altresì funzioni importantissime di raccordo tra l'est e l'ovest, oltre che tra il nord e il sud, delle Grandi Pianure; ciò vale specialmente per Saint Louis, antica base di penetrazione verso l'Ovest, favorita dalla sua posizione alla confluenza del Missouri col Mississippi, e che è il massimo porto fluviale sul Mississippi e il secondo nodo ferroviario del Paese dopo Chicago. Tutta l'area centro-meridionale delle Grandi Pianure ha il naturale sbocco a New Orleans, porto di fondazione francese presso la foce del Mississippi, oggi colossale, benché il periodo d'oro per la città sia stato quello della grande navigazione fluviale. La sponda affacciata al Golfo del Messico è in fase di grande espansione, specie sul litorale texano collegato alle zone più interne petrolifere e agricole, dominate dalle nuove metropoli di Dallas Fort Worth, tra i massimi mercati degli Stati Uniti) e Houston , città vitalissima, ultramoderna capitale statunitense per l'industria petrolchimica, nonché tra i primi porti del Paese, collegato mediante un canale lungo circa 60 km alla Baia di Galveston. Houston ha quintuplicato la sua popolazione negli ultimi 25 anni; ma tutta l'area texana prospiciente il Golfo del Messico registra crescite di popolazione tra le più elevate degli Stati Uniti di poco inferiori a quelle della California. (con il vicino importante centro di

 

Città dell'Ovest. Con il meridiano dei 100°, che segna il passaggio a condizioni di semiaridità, si può dire inizi l'Ovest, ancora scarsamente popolato (la densità è inferiore ai 10 abitanti/km2 ), con poche città isolate, punti focali di territori ampi ma la cui trama di rapporti economici è in genere assai inferiore a quella dei centri dell'Est, benché siano oggi in pieno potenziamento industriale. È il caso soprattutto di tre città, capitali e massimi centri rispettivamente degli Stati del Colorado, dell'Utah e dell'Arizona: Denver, situata ai piedi delle Montagne Rocciose, sviluppatasi come base di rifornimento per le vicine località minerarie, tuttora grande nodo di comunicazione e intensissimo centro commerciale, favorito dalla posizione pedemontana, di fronte alle Pianure Centrali, con varie industrie legate principalmente ai settori agricoli, zootecnici ed estrattivi; Salt Lake City, fondata dai mormoni come centro agricolo, ma oggi sede massimamente di attività industriali e minerarie; Phoenix , vivacissima per commerci, traffici e, grazie all'ottimo clima, turismo, ma la cui economia dipende in sempre crescente misura dalle svariate industrie leggere, in particolare elettroniche, aeree e aerospaziali, caratterizzate da elevate tecnologie.

 

Metropoli californiane. La California è stata ed è ancora la terra promessa; il suo incremento demografico è incessante. Il petrolio è stato uno dei fattori delle fortune di questo Stato; ma vi hanno giocato anche altre cause, come l'espansione verso il Pacifico degli interessi statunitensi, il clima mite e la favorevole condizione alla nascita di industrie leggere, tecnologicamente avanzate, meno legate alle fonti minerarie, in specie carbonifere. San Francisco (l'area metropolitana include tra l'altro l'importante centro di Oakland) è stata la prima grande città sorta sulla sponda del Pacifico e ha legato indissolubilmente il suo nome a tutta l'epopea della "corsa all'oro"; il suo grande sviluppo è iniziato a partire dalla seconda metà del secolo scorso, dopo il collegamento ferroviario transcontinentale, ma San Francisco dovette ricominciare quasi una nuova vita dopo il disastroso terremoto del 1906. In espansione recentissima e vertiginosa, tanto da poter essere definita come la grande rivale di New York, è invece Los Angeles (l'area metropolitana comprende anche Anaheim e Riverside), ingigantitasi con il dilagare della motorizzazione. Vastissima, dilatandosi per un raggio di oltre 50 km, eminentemente "orizzontale", in ciò del tutto opposta a NewYork, "verticale" e centripeta entro la Baia dell'Hudson, è urbanisticamente unica al mondo, fittamente occupata da autostrade, snodi e raccordi viari di ogni sorta, quasi una città in movimento continuo; la metropoli ha naturalmente una poderosa attività commerciale (il porto è in continua ascesa e l'aeroporto è ritenuto il secondo del mondo), con complessi soprattutto grandiosi nel settore aeronautico e aerospaziale, per il quale Los Angeles primeggia nel Paese, oltre a essere, grazie al sobborgo di Hollywood, la capitale del cinema. La metropoli ha, in modo diretto o indiretto, influito sullo sviluppo economico e demografico di una vasta area della California meridionale che include altri grossi centri come San Diego, San Bernardino, tutti con oltre 1 milione di abitanti. Ultima area statunitense di notevole popolamento è il nord-ovest, specie nella zona che gravita su Seattle (e, a poca distanza, Tacoma ) nello Stato di Washington, grosso centro industriale, sede tra l'altro della Boeing, la più grande industria aeronautica del mondo, nonché attivissimo porto sull'Oceano Pacifico.

Centri minori. Al di fuori delle aree delle grandi città si hanno zone per lo più rurali. Nel nord-est e intorno ai Grandi Laghi essa è di tipo intensivo e la densità di popolazione è elevata, sebbene qui, come in tutto il territorio rurale degli Stati Uniti, l'unità di insediamento sia la farm isolata, con la casa d'abitazione, le stalle, i silos e gli altri edifici annessi. Il tessuto territoriale è imperniato sulle divisioni in townships (quadrati di 9,6 km di lato, ripartizioni standard che risalgono al secolo scorso), cui si adeguano strade e centri abitati. Cittadine e villaggi hanno funzioni amministrative e commerciali; spesso sono capoluoghi di contea e su di essi gravitano le farms. Nel Sud, dove dominano le piantagioni, il popolamento rurale è pure incentrato sulle farms e su centri che spesso conservano aspetti del passato, con le nobili case delle famiglie dell'aristocrazia bianca e le piccole, misere dimore degli afroamericani. Nelle praterie, dove predomina l'allevamento estensivo, la base dell'insediamento rurale è il ranch, grande fattoria che sorge vicino ai pozzi, al centro di ampi territori di pascolo. Sulle Montagne Rocciose caratteristiche sono le piccole cittadine sorte come centri minerari (alcune, fondate all'epoca della febbre dell'oro, sono oggi abbandonate e si presentano come città fantasma, ghost towns) o, più di recente, come località turistiche, climatiche o di cura. Nelle regioni del Pacifico vi sono grandi e piccoli centri raccolti nelle aree più produttive, come nella Valle della California, la cui agricoltura intensiva ha promosso però soprattutto la nascita di fattorie isolate. Nel Sud-Ovest rimangono ancora le tracce del passato spagnolo, con le vecchie missioni cattoliche che sono state sovente gli elementi promotori di centri anche urbani. Il Nord-Ovest infine è, come la regione dei Grandi Laghi, un'area di agricoltura intensiva, ricca di farms.