Storia

Abitato da tribù indigene prevalentemente nomadi, l'attuale territorio uruguayano fu esplorato per la prima volta da J. D. de Solís nel 1516. Verso il principio del sec. XVII vi giunsero sempre più frequentemente i bandeirantes, portoghesi avventurieri che venivano dal Brasile alla caccia di manodopera per le loro piantagioni. In difesa dei nativi si schierarono i gesuiti, il cui appoggio si rivelò determinante. Tuttavia numerosi bandeirantes preferirono fermarsi in Uruguay per condurvi traffici di contrabbando, a danno degli Spagnoli occupanti l'Argentina. Il contrabbando si rivelò così prospero che le autorità del Brasile decisero di proteggerlo costruendo nel 1680 un forte di fronte a Buenos Aires, chiamato Colonia do Sacramento, che fu la causa di una lotta serrata con la Spagna, finché con il Trattato di Utrecht del 1713 il forte ritornò al Portogallo. Per bilanciare questa perdita, dal 1724 gli Spagnoli edificarono Montevideo e ne fecero la capitale di un circondario, adibito all'allevamento del bestiame, dopo avervi sterminato i nativi Ciarrua che lo abitavano. Nuovi conflitti tra Spagna e Portogallo finirono con il Trattato di San Ildefonso del 1777 che riconobbe la sovranità della Spagna, e questa si impegnò a liberalizzare il commercio, con l'apertura dei porti di Buenos Aires e Montevideo. Il dinamismo economico che ne seguì ispirò nei coloni della Banda Oriental uno spirito di indipendenza che si concretizzò nel 1808 con la costituzione di una giunta, a Montevideo, che contestò sia il potere di Madrid, sia l'aspirazione annessionistica argentina. Il movimento riprese nel 1811 con il patriota J. G. Artigas, che si batté contro i Luso-Brasiliani accorsi per impadronirsi del territorio e contro gli Argentini. Questi occuparono Montevideo il 20 giugno 1814 e Artigas continuò nell'interno ad alimentare la guerriglia.

Nel 1815 Buenos Aires venne a patti con Artigas e gli cedette Montevideo. Ma l'anno successivo i Portoghesi invasero la Banda Oriental e la ridussero a “Provincia Cisplatina” del Brasile. La resistenza di Artigas e del suo compagno d'armi J. F. Rivera fu tenace, ma venne domata. Il conflitto si riaccese nel 1825: un gruppo di esuli capitanato da J.A. Lavalleja (i “trentatré immortali”) penetrò nel territorio dall'Argentina e riuscì a sollevare la popolazione. La lotta infuriò fino al 1828 quando all'Uruguay fu riconosciuta l'indipendenza.

Il 18 giugno 1830 la giovane Repubblica Orientale dell'Uruguay si diede la prima Costituzione. Sempre in quell'anno J. F. Rivera venne eletto presidente. Lotte intestine portarono però alla formazione di due schieramenti: i blancos (bianchi) e i colorados (rossi). I primi agivano sotto il controllo dei grandi proprietari terrieri e degli allevatori dell'interno, erano conservatori e si appoggiavano all'alto clero; i secondi, tendenzialmente liberali, rappresentavano gli interessi dei coltivatori della costa, dei commercianti, della burocrazia impiegatizia, degli intellettuali. Rivera era colorado; alla testa dei blancos figurava M. Oribe. Nel 1835 l'urto divenne inevitabile e pochi anni dopo coinvolse il dittatore argentino Rosas, chiamato dai blancos. A difendere l'indipendenza del Paese accorsero uomini amanti della libertà, fra i quali G. Garibaldi. Pure il Brasile scese in campo contro Rosas. Il 3 febbraio 1852 la battaglia di Monte Caseros, in Argentina, sconfisse per sempre Rosas e l'Uruguay fu salvo. Blancos e colorados continuarono però a contrastarsi e furono decenni di convulsioni, sinché i cittadini si diedero nel 1898 un capo neutrale, J. L. Cuestas, ma le cose non mutarono.

Nel 1903 un colorado democratico, J. Batlle y Ordóñez, superò finalmente la politica delle faide e inaugurò un programma di sviluppo. Ma nel 1929 la morte di Battle y Ordóñez e la crisi economica mondiale arrestarono l'opera di riforma, specialmente nel 1931, quando salì al potere G. Terra, che instaurò un regime dittatoriale. Solo nel 1938, eleggendo il colorado A. Baldomir, la democrazia fu ripristinata.

Dopo la seconda guerra mondiale (durante la quale l'Uruguay fu dapprima neutrale e poi al fianco degli Alleati) riprese la contesa tra colorados e blancos. I primi trionfarono fino al 1957 e introdussero un sistema di governo collegiale. Con la vittoria dei blancos (1958) il sistema collegiale fu abolito. Ambedue i partiti però non avevano saputo adeguarsi ai tempi, con grave danno per il funzionamento delle istituzioni. Anche a Montevideo esplose la violenza, come forma esasperata di protesta. Sorsero gruppi che organizzarono la guerriglia urbana e fra questi molto attivi si rivelarono i . Le elezioni del 1971 furono vinte da J. M. B. Arocena del partito colorado. Nel 1973, nel corso della campagna contro i tupamaros (che vide migliaia di arresti indiscriminati, uccisioni, scomparse di oppositori, ecc.), i militari, con a capo J. M. Bordaberry imposero lo scioglimento dei partiti politici e la chiusura del Parlamento. Nel 1976 l'esercito costrinse Bordaberry a dimettersi e fece eleggere al suo posto A. Méndez. Nel 1980 i militari indissero un referendum per far approvare una Costituzione di loro gradimento, ma l'elettorato la bocciò. L'esercito nominò allora (1981) presidente G. Alvarez Armellino col compito di restituire il potere ai civili nel 1985. Nel 1982 i partiti politici furono riammessi; finalmente il 25 novembre 1984 il popolo andò alle urne per eleggere sia i membri del Parlamento, sia il nuovo presidente della Repubblica. Vinse J. M. Sanguinetti (colorado), che si insediò il 1º marzo 1985. Le speranze di sviluppo suscitate dal ritorno alla democrazia sfumarono presto di fronte alle persistenti difficoltà economiche, che portarono a cercare più stretti legami di cooperazione sia con i Paesi europei sia, soprattutto, con Argentina e Brasile: con questi ultimi, dopo un primo accordo firmato nel maggio 1987, fu infatti decisa (marzo 1991) la creazione di un mercato comune, detto MERCOSUR (Mercato Común del Sur), con la partecipazione anche del Paraguay. Immediata fu la ripercussione della crisi sulla politica interna, animata da una vivace agitazione sociale: per la prima volta dal 1962 le elezioni del 1989 (novembre) segnarono la vittoria del Partido Nacional (Blanco) e avviarono alla presidenza della Repubblica il candidato da esso espresso, L. A. Lacalle Herrera, che pur non godendo della maggioranza assoluta in Parlamento accedeva alla carica grazie all'appoggio di una più vasta base politica (marzo 1990). Tale alleanza (denominata Coincidencia Nacional), in cui entrava in realtà solo una parte del Partido Colorado (ovvero la Corriente Batllista Independiente), ha comunque manifestato scarsa compattezza nell'affrontare i punti più critici del programma economico governativo e in particolare la questione della privatizzazione (necessaria al risanamento economico), che ha anzi creato schieramenti trasversali provocando contrapposizioni all'interno di ogni partito. Il clima di incertezza politica era peggiorato dalle iniziative terroristiche dell'estrema destra nel 1992.

Le elezioni del 1994 vedevano di nuovo vincitori i Colorados e sancivano il successo personale di J. M. Sanguinetti, predecessore del presidente uscente. Tra il dicembre 1996 e il gennaio 1997 veniva approvata una riforma in materia elettorale. Nelle elezioni del novembre 1999, il Paese manteneva il tradizionale orientamento, eleggendo alla presidenza J. Batlle, rappresentante dei Colorados. Successivamente l'Uruguay entrava in una fase di recessione, complicata, nel 2002, dalla crisi argentina, che comportava un'elevata disoccupazione e un forte rialzo dell'inflazione. Le elezioni presidenziali del 2004 venivano vinte dal socialista Tabarè Ramòn Vazquez Rosas, mentre quelle del 2009 vedevano la vittoria di José " Pepe" Mujica, ex guerrigliero tupamaros degli anni Settanta. Nel 2010 l'ex dittatore J. M. Bordaberry veniva condannato a 30 anni di carcere.