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Storia
Dalla conquista spagnola alla "guerra del Pacifico" (1879-1883).
Già culla della remota civiltà di Tiahuanaco, fece parte, come marca di frontiera, dell'impero incaico. Verso la metà del sec. XVI fu conquistata dagli Spagnoli, che già si erano impadroniti del Perú e del bacino del Plata. Il suo territorio, incluso nel Vicereame del Perú, venne denominato Alto Perú o, alternativamente, Charcas. Diede i natali al capo indio José Gabriel Condorcanqui, che nel 1780, con il nome di Tupac Amaru II, guidò alla rivolta il suo popolo, in un sanguinoso quanto disperato tentativo di emancipazione dal regime coloniale. Inserita nel 1776 nel nuovo Vicereame del Plata, la Bolivia partecipò al moto indipendentistico di tutti i possedimenti spagnoli d'America, opponendosi per di più alle mire annessionistiche dell'Argentina. Nel 1809, a Chuquisaca e La Paz si costituirono giunte patriottiche, che impartirono le prime direttive per la lotta contro gli Spagnoli. Questi furono però in grado di reagire e tra il 1810 e il 1812 soffocarono il movimento, mandando a morte i suoi capi. Il 12 gennaio 1812, a Suipacha, le forze rivoluzionarie furono sbaragliate dal generale José Manuel Goyeneche, che sottopose la regione a un durissimo regime repressivo. Per la liberazione fu necessario attendere le campagne, nel Perú e nella Grande Colombia, di San Martín e Bolívar. Questi, dopo la vittoria di Ayacucho (9 dicembre 1824), inviò nell'Alto Perú il generale Sucre, suo luogotenente. Schiacciata l'ultima resistenza spagnola, Sucre portò a termine la missione e nel 1825 sorse il nuovo Stato che, in onore del libertador, fu chiamato Repubblica di Bolivia. Lo stesso Sucre ne divenne il primo presidente fino al 1828, quando fu deposto da una congiura militare e dalla sopraggiunta invasione peruviana. Conseguenza di questa situazione fu la dittatura del generale meticcio Andrés de Santa Cruz, che nel 1835 si spinse a sua volta nel Perú, lo assoggettò dopo averne sconfitto l'esercito a Socabaya e istituì una Confederazione peruviano-boliviana, di cui si fece proclamare “protettore”. Nel 1839 l'alleanza fra Cile e Argentina contro la confederazione portò, con la vittoria di Yungay, allo scioglimento della confederazione stessa: Perú e Bolivia tornarono a essere nazioni indipendenti. La caduta di Santa Cruz avviò in Bolivia un lungo periodo – interrotto unicamente da dittature più o meno stabili – di lotte fra caudillos: ricordiamo José Ballivián (1841-47) e il generale Manuel Isidoro Belzú (1848-55). Dal 1864 al 1871 dominò la figura del generale Mariano Melgarejo che, alla continua ricerca di fondi, negoziò con compagnie cilene e brasiliane accordi e trattati per la cessione dei diritti sulla zona di Acre e sullo sfruttamento dei nitrati nella provincia di Atacama. Dopo pochi anni Hilarión Daza, salito al potere nel 1876, si alleò con il Perú e impegnò la Bolivia in un disastroso conflitto contro il Cile. La guerra, detta “del Pacifico” (1879-83), causò al Paese la perdita della provincia costiera di Atacama e del porto di Antofagasta: ciò privò i Boliviani dell'unico accesso al mare di cui disponevano e dei giacimenti di nitrati situati lungo il litorale ceduto ai Cileni. Quel rovescio militare accese nuove lotte, che durarono molti anni. La Bolivia, in realtà, non poteva godere di uno sviluppo ordinato, perché troppi erano gli squilibri che la condizionavano. Dopo il naufragio della confederazione con il Perú, le redini del potere erano passate nelle mani dell'aristocrazia terriera, di origine creola, che governava con il pugno di ferro, opprimendo la popolazione india. L'economia, in sostanza, presentava la stessa fisionomia dell'epoca coloniale: si basava, cioè, sulle risorse dell'agricoltura e dell'estrazione mineraria, indirizzate dai grandi proprietari prevalentemente all'esportazione. Così il Paese continuava a vivere nell'arretratezza.
Tra riformismo e conservatorismo.
A cavallo fra i sec. XIX e XX, la scoperta dello stagno sembrò determinare una svolta nel Paese. Della nuova risorsa, però, si impossessarono pochi privilegiati, che stabilirono, con il massiccio apporto di capitali stranieri, vere e proprie “baronie” di sfruttamento. Primeggiarono tre compagnie: la Patiño, la Aramayo (capitali misti boliviani e britannici) e la Hochschild (associata a interessi svizzeri). La Bolivia così divenne presto una delle maggiori fornitrici di stagno del mondo. Di pari passo i suoi governi si ridussero a meri strumenti manovrati dai “baroni” e dai loro alleati stranieri. Data questa situazione, i guadagni realizzati durante il primo conflitto mondiale con la vendita delle materie prime non aiutarono il Paese a superare la depressione del 1929. Anzi, nel 1932, la Bolivia fu coinvolta in un disastroso conflitto con il Paraguay, la guerra del Chaco, alle cui origini vi erano interessi e rivalità di compagnie petrolifere internazionali, risoltosi solo nel 1938, con un accordo sfavorevole per il Paese boliviano. Attribuite alla classe dominante la responsabilità della guerra, il Partido de la Izquierda Revolucionaria (PIR, Partito della Sinistra Rivoluzionaria) e il Movimiento Nacionalista Revolucionario (MNR, Movimento Nazionalista Rivoluzionario), nati in questo periodo, promossero con una rivolta, prima ancora dei negoziati di pace, l'estromissione dal governo dei vecchi dirigenti. Dal 1936 al 1938 la Bolivia ebbe così due regimi progressisti, capeggiati dal colonnello David Toro e dal colonnello Germán Busch, che introdussero alcune riforme sociali. Nel 1937 i beni della Standard Oil Company of New Jersey furono nazionalizzati e Busch promulgò una Costituzione democratica, ma il 23 agosto 1939 egli morì in circostanze misteriose e il potere passò nuovamente nelle mani della vecchia oligarchia. Il Movimiento Nacionalista Revolucionario riprese l'offensiva e nel 1943, con un ennesimo sommovimento, tornò al governo: fu nominato capo dello Stato il generale Gualberto Villarroel, mentre il leader del partito, Victor Paz Estenssoro, provvedeva dietro le quinte a orientarne la condotta. Il tentativo di ripristinare la linea riformistica di Toro e Busch non ebbe tuttavia successo, perché i conservatori seppero opporre una tenace resistenza. Fu tale il malcontento della popolazione, che la destra conservatrice, nel luglio 1946, avvalendosi di una sommossa popolare, che costò la vita a Villarroel, recuperò il potere. Le idee del Movimiento Nacionalista Revolucionario si erano però radicate: le elezioni presidenziali del 1951, pur svoltesi secondo una legge che privava del voto gli Indios e altri settori della società boliviana, conferirono la vittoria a Paz Estenssoro. Annullati i risultati elettorali per intervento dei militari e degli oligarchi, Paz Estenssoro fu costretto all'esilio, ma l'anno successivo il MNR con l'aiuto del milizie contadine e operaie riconquistò il potere. Paz Estenssoro, insediatosi alla presidenza della Repubblica, introdusse tre riforme fondamentali: la nazionalizzazione dello stagno (cioè delle grandi compagnie Patiño, Aramayo e Hochschild), la concessione del suffragio universale (con il conseguente ingresso nella vita politica di oltre un milione di Indios) e la riforma agraria. Nel 1956, Hernán Siles Zuazo successe a Paz Estenssoro e il regime del MNR rifluì su posizioni moderate, lasciando incomplete o addirittura revocando alcune riforme.
Le dittature militari e il ritorno al multipartitismo.
La situazione del Paese andò deteriorandosi progressivamente, soprattutto dopo il ritorno di Paz Estenssoro alla presidenza (1960). Nel novembre 1964, questi fu deposto con un colpo di stato militare e sostituito dal generale René Barrientos Ortuño. Spostatosi il governo completamente a destra, nel Paese si accesero focolai di guerriglia, capeggiati da Ernesto Che Guevara, che però il 7 ottobre 1967 veniva catturato dalle forze militari e il giorno dopo trucidato. Morto Barrientos nell'aprile 1969, gli subentrò pochi mesi dopo in qualità di capo dello Stato il generale Alfredo Ovando Candia. Ben presto Ovando Candia fu defenestrato da una rivolta di militari progressisti, operai e studenti (1970), che insediò il generale José Torres. Posto, quindi, a capo di un regime “rivoluzionario” e “nazionalista”, Torres avviò una politica di riforme e di nazionalizzazione, che portò i conservatori il 22 agosto 1971 a marciare su La Paz a richiedere le sue dimissioni. La presidenza della Repubblica fu affidata al colonnello Hugo Bánzer Suárez, che impose un regime antipopolare e repressivo, destituito poi con un altro golpe nel 1978. Negli anni seguenti, la Bolivia fu soggetta ancora a una drammatica serie di colpi di stato, a cui l'esercito pose fine nel 1982, restituendo il potere ai civili rispetto a quando ben presto, però, il severo programma d'austerità varato dal Parlamento per affrontare l'elevatissima inflazione, dovuta anche alla caduta del prezzo dello stagno, incontrò la strenua opposizione dei sindacati, a cui si aggiunse il malcontento della popolazione per l'appoggio dato al governo dai militari statunitensi nella lotta contro i narcotrafficanti (luglio 1986). Dal diffuso scontento trasse vantaggio soprattutto il Movimiento de la Izquierda Revolucionaria (MIR, Movimento della Sinistra Rivoluzionaria) che, dopo l'affermazione nelle elezioni amministrative del 1987, riuscì a portare il suo candidato, Jaime Paz Zamora, alla presidenza della Repubblica (agosto 1989). Nelle elezioni del 1993, però il MNR riconquistò la maggioranza e il suo candidato alla presidenza, Gonzálo Sanchez de Lozada, nonostante non avesse ottenuto la maggioranza assoluta, fu nominato dal Congresso capo dello Stato (agosto 1993). Anche gli anni di governo di Sánchez de Lozada, comunque, furono caratterizzati da un clima di instabilità, dovuta alle massicce proteste dei contadini contro la campagna governativa di distruzione delle piantaggioni di coca, patrocinata dagli Stati Uniti, a cui facero seguito scioperi e manifestazioni dei sindacati. Travolti inoltre, nel 1996, in uno scaldalo finanziario alcuni deputati della maggioranza di governo, il MNR vedeva il suo potere avviarsi verso il declino e perdeva sempre più credibilità tra il suo elettorato. Nelle elezioni presidenziali del 1997, poichè non riusciva a ottenere la maggioranza assoluta nessun candidato, il Parlamento nominava presidente della Repubblica l'ex dittatore Hugo Bánzer Suárez, leader del partito di estrema destra, Acción Democrática Nacionalista (ADN, Alleanza Democratica Nazionalista), che aveva ottenuto il maggior numero di consensi. Nel luglio 2001, il governo di Bánzer sembrava ormai volgere al fine: questi infatti, costretto da una grave malattia, annunciava le sue dimissioni, lasciando la carica al giovane Jorge Quiroga, già ministro dell'Economia nel suo governo e ben accetto alla classe imprenditoriale del Paese. L'anno seguente si tenevano le elezioni presidenziali, che vedevano la vittoria di Sanchez de Losada, nuovamente in carica dopo la sconfitta patita nel 1997. Nel 2003 scoppiavano gravi incidenti di piazza in tutto il Paese in seguito alla decisione del governo di imporre una tassa del 12,5% sui salari poi ritirata; tuttavia il governo rassegnava le dimissioni. Nel corso dello stesso anno, inoltre, era costretto a dimettersi anche Sanchez de Losada, a causa del suo progetto di esportazione del gas naturale, contestato duramente dall'opposizione e dai sindacati; al suo posto veniva designato Carlos Mesa Gisbert, precedentemente vicepresidente. Il nuovo presidente indiceva per il luglio 2004 un referendum per definire la politica energetica del Paese, il cui esito è stato favorevole al governo. Successivamente il Parlamento approvava una legge che prevedeva la nazionalizzazione delle riserve di gas del Paese. Nel marzo 2005 Mesa si dimetteva in seguito alle continue proteste dei sindacati che chiedevano la nazionalizzazione delle riserve energetiche, ma il parlamento respingeva le dimissioni. Nel giugno 2005, il capo della Corte Suprema di giustizia, Eduardo Rodríguez Veltzé prendeva il posto di Mesa, che si era dimesso in seguito a nuove proteste. Le elezioni del dicembre 2005, venivano vinte da Evo Morales, leader dei cocaleros, con la sua formazione Mas (Movimento al socialismo). In seguito veniva varata la riforma agraria, che prevedeva la consegna di terreni di proprietà dello Stato a indios e campesinos e un censimento dei latifondi improduttivi. Alla fine del 2007 veniva approvata la nuova Costituzione che dovrà essere sottoposta a refrendum. Tra il maggio e il giugno 2008 le province di Beni, Pando, Santa Cruz e Tarija hanno approvato con referendum statuti autonomi, provocando scontri e manifestazioni. Nel gennaio 2009 un referendum, voluto dal presidente Morales, per cambiare il testo costituzionale, dando più protezione alle comunità indigene e rafforzando il ruolo dello stato nell'economia, veniva approvato con il 60% dei voti.