Economia

 

La grande sperequazione nella distribuzione interna delle risorse è un grave problema del Paese.

 

Agricoltura. L'agricoltura, che può contare su appena il 2% della superficie territoriale, assorbe tuttora buona parte della popolazione attiva, per lo più costituita da una massa di contadini poveri e sottoalimentati. Le principali colture sono i cereali come il mais, il frumento, l'orzo, la quinoa, una specie di miglio che cresce a notevoli altitudini, oltre alle patate, cui si aggiungono, nelle yungas e nelle pianure orientali, la manioca, il riso e le banane. A queste colture si contrappongono nettamente, quanto a produttività, quelle industriali, praticate in moderne piantagioni e in genere addirittura superiori al fabbisogno interno, come caffè, canna da zucchero, cotone e, in minor misura, tabacco e cacao. Il manto forestale copre oltre la metà della superficie nazionale e si estende, ricco di specie pregiate, nei bassopiani del Pando e del Beni, dove si ricava anche caucciù. Ma la coltura più diffusa è quella della coca che, oltre a essere largamente consumata dagli Indios , rappresenta anche la fonte principale di reddito per gran parte della popolazione rurale e in misura minore per quella urbana, alimentando un «narcotraffico» miliardario. La lotta al traffico di droga (intrapresa dal governo con l'aiuto militare degli USA) si scontra perciò drammaticamente con l'ulteriore impoverimento della popolazione più indigente.

 

Allevamento. L'allevamento è un settore promettente: sull'altopiano, dove in passato si avevano soltanto i lama, sono oggi largamente diffusi gli ovini, dai quali gli Indios ricavano la lana che tessono artigianalmente; nelle valli non mancano i bovini, allevati in funzione delle richieste di carne e latte dei centri urbani; alpaca, vigogna e cincillà sono invece massimamente destinati alle esportazioni.

 

Risorse minerarie e industrie. All'andamento piuttosto modesto del settore primario fa però riscontro il notevole sviluppo dell'attività mineraria. Gestita all'inizio da grosse società private, tra cui principalmente quella facente capo alla famiglia Patiño che dal secolo scorso sino agli anni Cinquanta dominò tutta la vita economica del Paese, tale attività venne nazionalizzata nel 1952 e passata alla Comibol ( Corporación Minera de Bolivia ), che ha posto un notevole impegno nel rendere più funzionali e quindi redditizi i metodi di estrazione. L'attività mineraria ebbe in epoca coloniale il suo massimo centro in Potosí, la «capitale dell'argento» posta ai piedi del Cerro Rico (monte ricco); la Bolivia esporta ancora buoni quantitativi di argento, ricavato oggi per lo più da altri minerali come sottoprodotto, ma assai superiore è l'importanza, dopo naturalmente lo stagno (presente soprattutto nelle zone di Oruro e di Potosí), dell'oro, del tungsteno, dell'antimonio (a seconda degli anni, la Bolivia ne è il primo o il secondo produttore mondiale) e del bismuto, seguiti da zinco, piombo, rame ecc. I minerali erano tradizionalmente esportati grezzi, ma oggi già per due terzi sono lavorati nelle fonderie nazionali, realizzate in crescente misura a partire dagli anni Settanta. Il Paese ha anche modesti quantitativi di petrolio, sufficienti però al momento alle necessità interne; era estratto agli inizi per conto di società straniere, ma dal 1969 l'intero settore petrolifero è gestito dallo Stato mediante l'YPFB ( Yacimientos Petrolíferos Fiscales Bolivianos ), cui si deve la costruzione di una buona rete di oleodotti e di varie raffinerie; i giacimenti più ricchi sono ubicati nel dipartimento di Santa Cruz, divenuta il principale polo di sviluppo economico del Paese. Modesto è tuttavia ancora il settore energetico così come l'industria in genere.

Comunicazioni. Un altro settore nettamente carente è quello delle infrastrutture viarie; i trasporti sono resi particolarmente difficili dalle asperità del Paese e i commerci risentono dei gravi svantaggi derivanti dalla mancanza di sbocchi diretti al mare. La Bolivia dipende per il proprio movimento commerciale dai porti dei Paesi vicini, specie da quelli cileni di Arica e Antofagasta e da quelli peruviani di Mollendo e di Ilo, cui si aggiungono vari porti fluviali (la Bolivia può contare su oltre 10.000 km di vie d'acqua interne); di particolare rilievo sono state le facilitazioni concesse dall'Argentina nel 1976 circa l'impiego del porto di Rosario, sul Paraná, grazie al quale la Bolivia dispone anche di uno sbocco sull'Atlantico. Sull'altopiano si snodano sia la dorsale ferroviaria della Bolivia, che raccorda tutte le maggiori città del Paese, congiungendosi a sud con la rete argentina, sia la principale arteria stradale, corrispondente al tratto boliviano della Carretera Panamericana (Autostrada Panamericana), di 2848 km; un'altra strada di grande rilievo è quella che collega Cochabamba con Santa Cruz, spingendosi fino al confine con il Brasile. Sul Lago Titicaca funzionano le linee di navigazione più alte del mondo, che mediante un servizio di ferry-boat raccordano la rete ferroviaria boliviana a quella peruviana; un notevole incremento si è infine registrato nelle vie di comunicazioni aeree (le compagnie di bandiera sono l'Aerosur e il Lloyd Aéreo Boliviano) con aeroporti internazionali a La Paz e a Santa Cruz de la Sierra, scali sulle rotte dell'America Meridionale.