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Aspetti economici
Il petrolio rappresenta la principale fonte di ricchezza del Paese, che oggi vanta un elevato reddito, ma che sino alla metà degli anni Cinquanta era uno dei più poveri del mondo. La Libia aveva allora un'economia tradizionalmente fondata su un'agricoltura e un allevamento molto modesti, e in pratica dipendeva dagli aiuti esteri e dalle entrate valutarie connesse alla presenza delle basi militari britanniche e statunitensi
L'era del petrolio. L'era del petrolio inizia nel 1955 con le prime prospezioni da parte delle grandi compagnie americane; nel 1959 fu scoperto il colossale giacimento di Zelten, in Tripolitania, cui fecero seguito numerosi altri rilevamenti, parte in Tripolitania e parte in Cirenaica. Vasti territori libici furono subito dati in concessione alle multinazionali petrolifere, mentre le scoperte si susseguivano a catena a opera dei tecnici della Esso, della Gulf, della Shell . La vita economica del Paese cominciò a subire profonde trasformazioni, che inevitabilmente ebbero riflessi di natura anche politica, determinando nel 1969 la caduta della monarchia. L'avvento della Repubblica assunse infatti ben presto il significato, per la Libia, di una riappropriazione delle risorse nazionali; nel 1970 era fondata la NOC (National Oil Corporation) e man mano furono rivisti i rapporti con le società petrolifere operanti nel Paese, di cui talune vennero interamente nazionalizzate, altre associate sulla base di joint ventures , sempre però a prevalente capitale libico. L'enorme afflusso valutario derivante dalla vendita del petrolio fu ampiamente destinato al miglioramento delle condizioni di vita del Paese; non si volle però unicamente operare nell'ambito di realizzazioni strettamente vincolate a ideologie e a modelli occidentali, ma furono prescelte linee d'azione volte a valorizzare, attraverso una via nazionale dell'economia, l'intero contesto panarabo. In effetti, dietro alla ricerca di una "terza via" socialista islamica, intermedia fra capitalismo e comunismo, vi è anche la presa di coscienza della Libia di essere un Paese ricchissimo di risorse naturali, ma troppo poco popolato per poter utilizzare adeguatamente le proprie risorse
Libia e mondo arabo. Questo netto divario tra possibilità economiche e reali disponibilità umane è uno dei motivi conduttori delle ripetute - anche se sempre fallite - iniziative attuate dal governo libico per stabilire più stretti legami federativi con vari Paesi: Egitto, Tunisia, Siria. La forte immigrazione di manodopera, specie egiziana e tunisina, è stata uno degli episodi più caratteristici della Libia degli anni Settanta, benché successivamente, con il deteriorarsi dei rapporti con la Tunisia e l'Egitto, migliaia di lavoratori provenienti da questi Paesi siano stati espulsi e il governo libico abbia cercato di rimpiazzarli con manodopera turca e iugoslava. Ancora più grave si è rivelata, in un'economia in rapidissima trasformazione come quella libica, la mancanza di tecnici e di personale qualificato in genere, poco o nulla avendo operato in tale senso i colonizzatori italiani, secondo una prassi peraltro tipica delle nazioni colonizzatrici; si stima comunque che oggi i lavoratori stranieri, distribuiti in tutti i settori produttivi, siano circa il 40% della popolazione attiva. Molteplici sono quindi le difficoltà incontrate dal governo per attuare una politica economica di forte sviluppo; tuttavia il governo è ben deciso a non sperperare le elevate disponibilità finanziarie, nonostante le velleità della sua, a volte minacciosa, attività panaraba abbiano indotto il Paese a ingenti spese belliche. In particolare la Libia appare nettamente impegnata a potenziare l'agricoltura lasciata in abbandono dopo la scoperta del petrolio e l'estromissione dei coloni italiani, a creare nuovi complessi industriali (sia nell'industria leggera sia in quella di base come la petrolchimica), a realizzare adeguate infrastrutture, specie viarie e portuali, a dare un sostanziale impulso ai servizi pubblici, a incrementare l'edilizia: l'esodo dalle campagne ha determinato un massiccio inurbamento, con conseguente crisi degli alloggi. Nello stesso tempo, in omaggio alla linea di condotta adottata dalla maggior parte degli Stati membri dell'OPEC mirante alla salvaguardia delle risorse petrolifere nazionali, viene attentamente controllata, anzi ridotta, l'estrazione di idrocarburi; il governo ha però attuato con i surplus monetari cospicui investimenti di capitali all'estero e ha stretto importanti accordi di cooperazione con società straniere
Difficoltà dell'agricoltura. La popolazione contadina si concentra per l'assoluta maggioranza in Tripolitania, dove più estesi sono i suoli coltivabili; tuttavia nell'intero Paese l'arativo copre appena il 3,4% della superficie nazionale. Ma le possibilità di sfruttamento sono senza dubbio maggiori; si calcola che un'altra decina di milioni di ha potrebbe essere utilizzata sia per l'agricoltura sia soprattutto per l'allevamento. Con la collaborazione della Corea la Libia sta ultimando un acquedotto che sarà in grado di portare 5 milioni di m3 d'acqua al giorno alle zone di sviluppo agricolo e alle città della costa mediterranea
Eredità coloniale. Gli Italiani, durante il loro dominio coloniale, attuarono in verità, almeno nella fascia costiera, una politica di valorizzazione delle risorse agricole del Paese; vennero istituite varie aziende moderne; furono sfruttate le falde acquifere ed estese le aree irrigue; furono conquistate all'agricoltura nuove terre consolidando le dune; vennero introdotte nuove colture e metodi razionali di coltivazione. Ancora oggi tali realizzazioni svolgono un buon ruolo nell'agricoltura libica; questa è però in larga misura rappresentata da piccoli agricoltori che operano secondo antiche tradizioni (assai solide nelle oasi e per certi aspetti insostituibili), benché nella politica economica espressa dai piani di sviluppo governativi, che mirano a conseguire l'autosufficienza alimentare, si dia valore prioritario ai grandi progetti di bonifica e d'irrigazione e alle coltivazioni intensive, in taluni casi a gestione statale, in altri a base cooperativa
Zone agricole. Dal punto di vista agricolo si riconoscono tre distinte fasce, ben marcate soprattutto in Tripolitania. Nelle piane costiere prevalgono le coltivazioni irrigue che danno vita ai suani , giardini ombreggiati da palme, dove si ricavano ortaggi e legumi. Sulle pendici dei monti che dominano la costa si ritrovano le colture asciutte con piccoli campi di cereali, oltre alla vite e all'olivo. Più internamente, sui rilievi e sui primi altopiani, c'è il predeserto, dove si coltivano l'alfa e lo sparto, utilizzati per l'estrazione della cellulosa, ma da cui si ottengono anche fibre per stuoie e cordami; nelle stesse zone pascolano ovini e caprini. Nelle aree desertiche interne sono possibili soltanto l'agricoltura oasica, con colture irrigue all'ombra delle palme da dattero, e la pastorizia nomade su vasti spazi
Prodotti agricoli. Le produzioni sono abbastanza varie. Tra i cereali il primo posto spetta al frumento e all'orzo, mentre tra le colture orticole ben rappresentati sono i pomodori, le cipolle e le patate. Pianta caratteristica delle oasi e dei suani della Gefara è la palma da dattero; negli stessi suani si coltivano il tabacco, molto pregiato, la henna , utilizzata nella preparazione delle tinture e delle materie concianti, e gli agrumi. Delle colture legnose mediterranee le più importanti sono l'olivo, diffuso in belle piantagioni soprattutto in Tripolitania, e la vite; si coltivano inoltre arachidi e ricino
Allevamento e pesca. L'allevamento è per antica tradizione fondato sul pascolo nomade di ovini e caprini; però nelle zone di pianura vicine ai centri costieri si allevano anche i bovini. Cammelli, cavalli e asini rappresentano i tradizionali animali da lavoro; volatili da cortile sono presenti in tutti i villaggi. La pesca fornisce un discreto quantitiativo di pesce: lungo le coste della Cirenaica si effettua altresì la raccolta delle spugne
Risorse minerarie. La vicinanza ai mercati europei, principali acquirenti del petrolio libico, e il basso tenore di zolfo del petrolio stesso, che risulta così particolarmente adatto alla raffinazione, sono alla base della grande rilevanza assunta dal Paese come fornitore petrolifero, anche se, schierandosi decisamente fra gli Stati più intransigenti dell'OPEC, la Libia ha ridotto la propria produzione. I giacimenti si localizzano specialmente all'interno del Golfo della Sirte, dove i terreni sedimentari mesozoici e cenozoici hanno subito solo lievi piegamenti, nei quali si sono formati i ricchi depositi di idrocarburi. Quelli sinora sfruttati (tra i maggiori si annoverano i giacimenti di Mabruch, Hofra, Zelten, Raguba, Serir) sono altresì in genere favoriti dalla scarsa distanza dai porti d'imbarco; oleodotti portano il greggio ai terminali di Es Sider, Ras Lanuf, Zuetina e soprattutto di Marsa Brega (collegato con i pozzi di Zelten) e di El Hariga presso Tobruch (raccordato con il giacimento di Serir). Le riserve di petrolio sinora accertate si aggirano sui 4.000 milioni di t; il Paese può altresì contare su giacimenti di gas naturale. Negli anni 1981-82, in fase di sovrapproduzione mondiale, la richiesta di petrolio ha registrato una caduta disastrosa, anche perché il greggio libico era troppo caro. Alla fine del 1982 la Libia ha ridotto i prezzi e aumentato la produzione per poter far fronte al debito estero giunto a un livello così preoccupante da far salire al 30% il tasso di inflazione nel 1983. Eccettuati gli idrocarburi, la Libia non presenta risorse minerarie di rilievo; sono presenti, ma in quantitativi piuttosto modesti, sale, gesso e natron (carbonato sodico), estratto nel Fezzan e utilizzato nelle concerie. Tutta di origine termica è naturalmente la produzione di energia elettrica
Industria. Quanto alle attività industriali, ben rappresentato è il settore petrolchimico, che ormai può contare su varie raffinerie e su impianti di liquefazione del gas naturale; per il resto il panorama è piuttosto ridotto, con netta prevalenza di piccole e medie aziende. Si hanno complessi alimentari, manifatture di tabacchi, concerie, stabilimenti tessili, fabbriche di tappeti, cementifici, saponifici
Comunicazioni. Imponente è stato lo sviluppo delle vie di comunicazione, pur mancando tuttora le ferrovie; il Paese può contare su circa 26.000 km di strade, in buona parte asfaltate; praticamente tutti i centri libici, incluse le principali oasi, sono accessibili agli autoveicoli. Di particolare rilievo sono la litoranea, che si sviluppa per 1.822 km dal confine tunisino a quello egiziano, e la superstrada che volge a sud toccando Sebha. Le comunicazioni con l'estero si svolgono essenzialmente mediante il porto di Tripoli, seguito da quello di Bengasi e dai citati porti petroliferi. Per quanto riguarda i servizi aerei (compagnia di bandiera è la LAA, Libyan Arab Airlines ), Tripoli e Bengasi hanno aeroporti internazionali, cui si aggiungono gli scali interni di Sebha e Misurata, ma attualmente il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha imposto l'embargo aereo al Paese
Commercio. Gli scambi con l'estero si svolgono essenzialmente con l'Italia e la Germania (continua l'embargo commerciale degli USA, in realtà aggirato da molte imprese); la bilancia commerciale è in attivo. La quasi totalità delle merci esportate è costituito dal petrolio (l'esiguo rimanente consiste in cuoio e pelli, semi d'arachide, oli vegetali); le importazioni sono soprattutto rappresentate da macchinari e mezzi di trasporto, nonché da prodotti industriali vari, ma anche, per una elevata percentuale, da generi alimentari