Storia

Cronologia 

Per una cronologia storica aggiornata dello Zimbabwe, vedi la sezione Cronologia dell'Atlante di Nigrizia.

Primi abitatori dell'alto Zambesi pare siano stati i boscimani, respinti poi verso SW dalle invasioni dei bantu. All'inizio dell'era cristiana le popolazioni appresero l'industria del ferro e crearono centri importanti nei sec. III e IV, specie nel Barotse e Mashona (o Shona), e intorno alla celebre Zimbabwe, capitale di un vasto regno, che attraverso varie vicende durò fino all'inizio del sec. XVIII e scomparve del tutto nel secolo successivo. Le popolazioni già costrette a subire le incursioni dei bantu da N e da S furono vittime, nel sec. XIX, delle sanguinose invasioni degli zulu, spinti, a loro volta, dall'estendersi dell'occupazione boera. I ndebele, loro affini, travolsero gli epigoni di Zimbabwe (1840), imponendo il proprio nome al territorio (Matabele) e soggiogando anche le popolazioni più a oriente, gli shona. Missionari e pionieri inglesi provenienti dalla Colonia del Capo cominciarono in quel tempo ad avventurarsi lungo lo Zambesi, il cui alto corso venne esplorato da Livingstone nel 1851. Pochi anni dopo fu scoperto l'oro del Matabele e, per iniziativa di sir Cecil J. Rhodes (dal quale lo Zimbabwe prese il nome di Rhodesia), gli inglesi ottennero in seguito dal re della regione trattati che assicurarono loro posizioni esclusive, politiche ed economiche: le parti mal definite in tali trattati provocarono una guerra durata 13 anni. L'avanzata dei bianchi verso le miniere d'oro era comunque inarrestabile.

Nel 1890 venne occupato il Mashona e tre anni dopo il Matabele, che costituirono insieme, nel 1898, la Rhodesia Meridionale con capitale Salisbury, centro principale dei primi pionieri. Nel 1923, in seguito a un referendum, l'amministrazione della regione passò al governo britannico, che concesse ai coloni bianchi l'autonomia interna, facendone un semi-Dominion. Dopo l'istituzione del protettorato britannico sul Nyasaland, si pensò anche a una federazione di quel territorio con le due Rhodesie; tuttavia la Federazione dell'Africa Centrale poté attuarsi soltanto nel 1953 e durò solo 10 anni: nel 1964, il Nyasaland e la Rhodesia Settentrionale divennero due stati indipendenti, rispettivamente col nome di Malawi e di Zambia. La minoranza bianca della Rhodesia Meridionale andava intanto perseguendo una politica sempre più spiccatamente razzista che relegava ai margini della vita e delle responsabilità di governo la stragrande maggioranza africana.

Dal 1960 Londra cominciò a fare pressioni per una riforma costituzionale favorevole agli africani, che si stavano organizzando in movimenti nazionalisti e chiedevano una partecipazione immediata alla gestione del Paese. Le loro istanze non trovarono però alcun ragionevole accoglimento da parte del governo di Salisbury. Una nuova Costituzione, adottata nel 1961, sancì la discriminazione razziale e le elezioni generali segnarono di lì a poco la vittoria del Rhodesian Front (RF), partito nazionalista e razzista guidato da I. Smith, eletto primo ministro nel 1964. A seguito della grave controversia insorta col governo di Londra, il governo rhodesiano presentò nel 1964 una richiesta ufficiale per l'indipendenza politica, che fu poi proclamata unilateralmente l'11 novembre 1965. Su pressanti sollecitazioni del governo inglese l'ONU adottò un insieme di sanzioni economiche contro la ex colonia, mentre in tutte le sedi internazionali si rinnovavano le condanne morali contro il governo rhodesiano. Tuttavia, neppure una nuova Costituzione (1969) valse a segnare un progresso per la soluzione del grave problema. Insieme all'African National Council (ANC), unico partito nazionalista africano autorizzato, si formarono nel frattempo altri movimenti di liberazione, la Zimbabwe African People's Union (ZAPU), costituita da J. Nkomo nel 1961, e la Zimbabwe African National Union (ZANU), nata nel 1963 dalla spaccatura del gruppo precedente, guidato da N. Sithole, con R. Mugabe come segretario generale (quest'ultimo ne avrebbe assunto la leadership nel 1975).

Agli inizi degli anni Settanta si intensificò la lotta armata (e il Paese fu teatro di una guerra civile) da parte di questi gruppi, sostenuti dalla Tanzania e dalla Zambia e, dal 1975, dal Mozambico indipendente. Smith fu indotto al negoziato: nel settembre 1976 dichiarò di accettare un governo di maggioranza africana e nel marzo 1978 siglò un accordo coi leader moderati N. Sithole e A. Muzorewa per il trasferimento dei poteri alla maggioranza nera. L'accordo era però respinto dall'ala più intransigente del movimento di liberazione, quella di J. Nkomo e di R. Mugabe. Una conferenza convocata a Londra nel settembre 1979 portò alla firma di un accordo (17 dicembre 1979), in base al quale il Paese ritornava colonia britannica fino alle elezioni generali. Queste, svoltesi nel febbraio 1980, registrarono la schiacciante vittoria della ZANU e del suo leader R. Mugabe, eletto primo ministro. Nell'aprile 1980 venne ufficialmente proclamata l'indipendenza del Paese, che assunse l'antico nome di Zimbabwe. Il governo di Mugabe, inizialmente, sostenne una riconciliazione fra i gruppi politici e ambiziosi piani di sviluppo economico nell'ottica di risollevare il Paese dopo gli anni di guerra civile. I bianchi, anche per volere del governo che evitò di attuare cambiamenti troppo bruschi, continuarono a conservare il potere economico mantenendo la guida delle farms più efficienti, delle miniere, delle industrie e delle banche e potendo inoltre contare su un'adeguata rappresentanza nel Parlamento “nero” di Harare-Salisbury attraverso il Rhodesian Front (RF) dell'ex premier I. Smith.

Nel settembre del 1987, attraverso riforme costituzionali, venne abolita l'assegnazione automatica di 30 seggi in parlamento a candidati bianchi e il potere esecutivo passò nelle mani del presidente. Negli anni successivi all'indipendenza la lotta politica si articolò, per quasi un decennio, sulla contrapposizione fra la ZANU del primo ministro R. Mugabe, rappresentante l'etnia shona, e la ZAPU di J. Nkomo (per un certo periodo costretto anche all'esilio), legata alle tribù ndebele. Dopo anni di contrasti e laboriose trattative, durante i quali il Matabeleland venne controllato a fatica dalle autorità governative, quando la formazione politica di Nkomo nel dicembre del 1987 confluì nella ZANU, che di fatto divenne un partito unico, Mugabe acquisì incontrastato la carica presidenziale (30 dicembre). In seguito egli ha mantenuto con spregiudicatezza il potere affermandosi in tutte le competizioni elettorali (1990, 1996, 2002, 2008) malgrado la costante diminuzione della sua popolarità, le continue accuse di brogli e le ripetute condanne internazionali. Il presidente, deciso a eliminare ogni serio rivale, fece arrestare nell'ottobre del 1996 Sithole, accusandolo di aver organizzato un complotto per assassinare il capo dello stato e rovesciare il governo.

Le elezioni presidenziali che si tennero nel 2002 furono considerate irregolari: la denuncia di brogli provocò l'uscita dello Zimbabwe dal Commonwealth (ufficializzata nel 2003) con l'accusa di frode elettorale e persecuzione di oppositori. In seguito anche Morgan Tsvangirai, capo del Movimento per il cambiamento democratico (MDC), il nuovo principale partito di opposizione, venne ufficialmente accusato di alto tradimento per aver preso parte a un complotto per uccidere il presidente Mugabe.

Nel 2003 la repressione contro l'opposizione si intensificava e diversi esponenti dell'MDC, tra cui anche M. Tsvangirai, venivano arrestati. Nel luglio del 2005, a Pechino, Mugabe firmava con Hu Jintao un accordo di cooperazione economica e tecnologica, nel tentativo di uscire dall'isolamento internazionale. Intanto però la situazione interna del Paese peggiorava e un rapporto delle Nazioni Unite del 2006 dichiarava che lo Zimbabwe si trovava in serie difficoltà economiche e sociali e che la sopravvivenza di molte persone dipendeva dagli aiuti alimentari.

Le elezioni del 2008 si svolgevano in un clima di terrore, d'intimidazioni e persecuzioni: ufficialmente, al primo turno, davano un risultato alla pari tra il partito del presidente e quello dell'opposizione; in attesa di un ballottaggio tornava a presentarsi il problema delle violenze anche nei confronti dei bianchi da parte delle forze di polizia fedeli al presidente. In giugno M. Tsvangirai, arrestato più volte, decideva di ritirarsi dalla competizione elettorale e si rifugiava nell'ambasciata olandese. Al ballottaggio Mugabe veniva riconfermato nonostante le forti critiche dell'Unione Africana e di gran parte della comunità internazionale. In settembre Mugabe e Tsvangirai raggiungevano un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale, in cui il capo dell'opposizione avrebbe assunto la carica di premier (carica assunta nel febbraio del 2009).