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Economia
Durante la dominazione inglese le possibilità dell'Uganda non furono particolarmente valorizzate, tuttavia negli anni che precedettero l'indipendenza l'economia ugandese fu maggiormente integrata con quelle delle altre colonie est-africane. Il Paese venne dotato di nuove infrastrutture, si iniziò lo sfruttamento minerario, l'agrico ltura di piantagione ricevette maggiori impulsi e fu anche avviato un primo processo di industrializzazione.
Profilo generale. Dopo l'indipendenza (1962) la politica economica del governo cercò di conciliare l'iniziativa statale con quella privata nell'ambito dell'industria, mentre nel settore agricolo veniva propugnata la formazione di cooperative sorrette dalla necessaria assistenza tecnica e dagli aiuti finanziari della Gran Bretagna. Tale regime moderatamente progressista subì drastici cambiamenti con l'avvento al potere del generale Amin; egli rimase in carica dal 1971 al 1979, determinando situazioni gravissime in ogni settore produttivo del Paese. Già nel 1972 Amin, che aveva dichiarato la "guerra economica" per la liberazione dell'Uganda dalle dominazioni straniere, decretava l'immediata espulsione degli Europei e degli Asiatici (dai quali dipendevano le fondamentali attività produttive: l'agricoltura di piantagione, il commercio e l'industria) seguita dalla confisca dei loro beni e dalla nazionalizzazione di tutte le proprietà estere. Cessarono naturalmente di affluire i capitali stranieri e si ridussero al minimo gli scambi internazionali, particolarmente negli anni di più acuta tensione, in cui furono chiuse le frontiere con il Kenya (1976-77). Lo scioglimento, nel 1977, della Comunità dell'Africa orientale fu un altro duro colpo per l'economia dell'Uganda, di cui sempre più emergevano le limitate capacità interne e l'insufficiente struttura organizzativa. Gli anni Ottanta si sono aperti all'insegna della ricostruzione del Paese con l'aiuto di sostanziosi finanziamenti internazionali. La produzione di tè, di caffè, di cacao e di tabacco ha segnato negli ultimi anni un incremento considerevole con conseguente aumento de ll'industria di trasformazione.
Agricoltura. Benché venga al momento coltivato poco più di 1/4 del territorio nazionale, l'agricoltura ha ben maggiori possibilità, date le condizioni climatiche sufficientemente favorevoli, in particolare grazie a un clima tendenzialmente umido in larga parte del Paese. Il settore primario è comunque di gran lunga la struttura portante dell'economia ugandese, sia per la partecipazione alla formazione del prodotto nazionale sia per l'occupazione della popolazione attiva. L'agricoltura è nettamente divisa tra il settore che produce per il sostentamento interno e quello che è al servizio dell'esportazione. L'agricoltura di sussistenza è da sempre legata a tecniche e consuetudini scarsamente redditizie, ma anche l'attività commerciale ha risentito delle spesso contraddittorie iniziative prese all'epoca di Amin; meccanizzazione e uso di fertilizzanti sono scarsamente diffusi. I cereali costituiscono la base dell'alimentazione; prevalgono - come spesso in Africa - i cereali poveri, che si accontentano di suoli poco fertili, come il miglio e il sorgo, seguiti dal mais e dal riso. Sono altresì largamente diffuse le colture della manioca, della batata, della patata, di vari legumi e ortaggi, nonché delle banane e di altra frutta tropicale. L'agricoltura commerciale è in pratica limitata alle sole aree prossime alle vie di comunicazione; le piantagioni, passate a partire dal 1972 in mano ad agricoltori indigeni (ma già nel 1982 è stata introdotta un'apposita legge mirante a restituire in parte le proprietà confiscate all'epoca di Amin), hanno in genere registrato veri e propri crolli delle produzioni, data la scarsità di mezzi e di manodopera specializzata; dalla fine degli anni Sessanta si è fortemente ridotta sia la produzione cotone, che un tempo costituiva una delle principali risorse del Paese, sia la produzione di tè, altro prodotto agricolo di grande rilievo. Meno grave è la situazione per il caffè, che oggi rappresenta in pratica l'unica rilevante merce d'esportazione e che trova le sue aree più adatte nei distretti orientali e occidentali alle falde dei rilievi vulcanici. Si coltivano inoltre il tabacco, varie oleaginose, tra cui principalmente il sesamo e l'arachide, la canna da zucchero. In ripresa è l'attività forestale (è da dire che la mancanza di strade eleva sensibilmente i costi delle operazioni di trasporto e non rende quindi redditizio il taglio del legname); boschi e foreste ricoprono circa il 26% del territorio nazionale e comprendono in buona parte essenze pregiate, come il mogano.
Allevamento. In netto miglioramento è la situazione per quanto riguarda il settore zootecnico. L'allevamento riguarda in massima misura i bovini che, grazie al successo della lotta contro la tripanosomiasi, il terribile morbo diffuso dalla mosca tsé-tsé, e della sostituzione degli animali indigeni con altri di razze più produttive, sono aumentati e migliorati in qualità; essi sono diffusi specialmente nelle aree settentrionali e i pascoli vengono controllati per impedire l'eccessivo depauperamento della vegetazione e la degradazione dei suoli, mentre sono stati costruiti grandi serbatoi d'acqua, utilissimi nella stagione meno piovosa. Nelle savane sono anche presenti gli ovini e i caprini; allevati un po' ovunque sono i volatili da cortile.
Pesca. La pesca è un'attività importante, in specie per le popolazioni rivierasche del Lago Vittoria; ma ancora una volta si deve dire che è un settore arretrato, sia per le tecniche adottate sia per la mancanza di adeguati impianti conservieri.
Risorse minerarie. Le risorse minerarie non sono cospicue. Vi sono giacimenti di rame (a Kilembe, alle falde del Ruwenzori) e di tungsteno relativamente buoni, mentre esigui sono quelli di altri minerali, quali la tantalite, la columbite, la cassiterite (da cui si ricava lo stagno), l'apatite, l'amianto ecc. Da ricordare la produzione di sale (dai laghi). L'energia elettrica è pressoché totalmente d'origine idrica e fornita dalla grande centrale delle Owen Falls presso Jinja.
Industria. L'industria è per lo più rappresentata da piccoli complessi, che trasformano i prodotti agricoli locali: birrifici, manifatture di tabacchi, oleifici, zuccherifici, cotonifici ecc. A essi vanno aggiunti uno stabilimento per la raffinazione del rame e un piccolo impianto siderurgico; operano inoltre nel Paese alcuni cementifici e uno stabilimento che produce fertilizzanti. La situazione dovrebbe migliorare grazie ai prestiti concessi dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale.
Comunicazioni. Le vie di comunicazione sono nel complesso inadeguate e costituiscono un ulteriore elemento di ritardo per lo sviluppo dell'economia ugandese. L'ossatura del sistema è tuttora la linea ferroviaria, prolungamento della Mombasa-Nairobi, che entra in Uganda a Tororo; qui si divarica in due tronchi: uno volge a nord, toccando Lira e Gulu e giungendo sino al confine con la Repubblica democratica del Congo, l'altro si dirige a ovest, passando per Jinja e Kampala, fino a Kasese (dove serve la piantagione di caffè e la miniera di rame di Kilembe). Il percorso complessivo è di circa 1.250 km. Le strade si sviluppano per oltre 28.000 km, solo però in minima parte asfaltate; la situazione, già molto carente, è stata ulteriormente aggravata all'epoca di Amin, durante la quale fu sensibilmente trascurato l'intero sistema viario (anche perché ad esso presiedevano in larga misura gli Asiatici, che, come si è detto, furono espulsi dal dittatore). Un certo ruolo ha la navigazione interna; battelli operano regolari servizi sul Lago Vittoria ed è in funzione dal 1983 un ferry-boat tra Jinja e il porto tanzaniano di Mwanza. Le comunicazioni aeree collegano una decina di centri maggiori e fanno capo a Entebbe (circa a 40 km da Kampala), dove si trova l'aeroporto internazionale; compagnia di bandiera è la Uganda Airlines, fondata nel 1976, quando fu disciolta la preesistente East African Airways, che era gestita comunitariamente da Kenya, Uganda e Tanzania.
Commercio. Il commercio interno è molto scarso, data la povertà del Paese e il generale basso tenore di vita della popolazione; quello con l'estero ha la struttura tipica del commercio dei Paesi sottosviluppati, è basato cioè sull'esportazione di materie prime (caffè per la quasi totalità, quindi cotone, tè, rame) e sull'importazione di macchinari e mezzi di trasporto, manufatti di vario genere. Gli scambi si svolgono per lo più con la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, il Kenya, la Tanzania, il Belgio, il Giappone, la Germania; la bilancia commerciale è costantemente passiva.