Aspetti economici

Al pari di quanto è avvenuto in tanti altri Paesi africani, anche in Tanzania l'economia ha subito profonde trasformazioni in seguito alla dominazione coloniale, che tra l'altro fu duplice, tedesca prima, inglese poi. Venne introdotta e successivamente potenziata l'economia di piantagione (affidata però a stranieri, Europei e Indiani), rappresentata soprattutto dall'agave sisalana nel Tanganica, dai chiodi di garofano a Zanzibar; agli Africani era rimasta, completamente trascurata, l'economia di villaggio, una stentata agricoltura di mera sussistenza.

 

Profilo generale. Divenuta indipendente, la Tanzania ha scelto una via di sviluppo socialista ma allo stesso tempo tipicamente africana. Lo strumento scelto dal governo per rendere operativa la propria politica economica e sociale è stato l'istituzione delle Ujamaa ; si tratta di cooperative di villaggio affini alle comuni cinesi, dotate di scuole, di dispensari, talune anche di piccole industrie che lavorano i prodotti locali e nelle quali viene man mano avviata la popolazione. La riconversione economica del Paese è stata accelerata nel 1973, quando sono state nazionalizzate circa 200 piccole e medie aziende agricole; la proprietà privata peraltro non è stata interamente abolita, ma il settore minerario, le principali industrie, le banche, i trasporti, il commercio estero dipendono esclusivamente da enti statali o parastatali. Proprio però a partire dal 1973 sul Paese si sono ripetutamente abbattute calamità naturali (la terribile siccità che ha devastato gran parte dell'Africa, distruggendo pascoli e decimando i capi di bestiame), cui si sono aggiunte le ripercussioni della sempre più grave crisi economica mondiale, in particolare gli elevatissimi rincari del petrolio, prodotto che la Tanzania deve acquistare in quantitativi ingenti. Dalla metà degli anni Ottanta è stata avviata una graduale liberalizzazione del mercato e una privatizzazione nel settore agricolo. Ingenti sono gli aiuti internazionali al Paese, anche se i finanziamenti esteri si traducono sempre in una forma più o meno larvata di dipendenza.

 

Agricoltura. Circa i 4/5 della popolazione attiva sono occupati nell'agricoltura, settore di determinante importanza nell'economia della Tanzania. Arativo e colture arborescenti hanno tuttavia a loro disposizione una porzione molto esigua della superficie territoriale; tenuto conto delle differenze climatiche e della natura dei suoli si possono distinguere cinque fondamentali regioni agrarie: le isole (Zanzibar e Pemba), la fascia costiera, gli altopiani centrali, le aree settentrionali e le alte terre della Rift Valley. Inoltre, come nella maggior parte dei Paesi africani, anche in Tanzania l'agricoltura è nettamente ripartita nel settore di sussistenza e in quello commerciale di piantagione, i cui prodotti sono destinati essenzialmente ai mercati esteri; i massimi sforzi del governo sono appunto rivolti al non facile compito di riuscire a potenziare entrambi i settori produttivi, intenti peraltro non conseguiti, né l'uno né l'altro. Infatti, nonostante i cospicui interventi sia della Banca Mondiale sia del Fondo Monetario Internazionale, da una lato le esportazioni si sono sensibilmente contratte a partire dal 1977, dall'altro il Paese, lungi dall'aver raggiunto l'autosufficienza alimentare, è costretto a importare derrate alimentari, soprattutto cerealicole.

 

Colture alimentari. L'agricoltura di sussistenza si fonda sui cereali, in specie sul mais, cui è destinato oltre 1/3 dell'arativo e che è diffuso specialmente sui versanti umidi del Nord; seguono il miglio e il sorgo, elementi tradizionali del vitto quotidiano, il riso, presente soprattutto nelle aree prossime al Lago Vittoria, e il frumento. Oltre a quelle dei cereali vengono quasi ovunque praticate le coltivazioni della manioca e della batata; per il consumo locale si coltivano infine vari prodotti orticoli (fagioli, patate, cipolle) e ancor più frutticoli, che trovano il loro ambiente ideale nella regione costiera: banane, ananassi, agrumi, manghi.

 

Colture industriali. Ha perduto molta dell'antica importanza la coltivazione dell'agave sisalana, pianta che, introdotta alla fine del secolo scorso, costituì a lungo la maggiore fonte di ricchezza del Paese, prosperando nell'area costiera settentrionale attorno a Tanga e nelle regioni meno elevate dell'altopiano; assai più richiesto è il caffè, divenuto la principale merce d'esportazione. Esso viene coltivato nelle aree di montagna, in particolare alle falde del Kilimangiaro (specie nella regione di Moshi) e nella zona di Bukoba, a ovest del Lago Vittoria, dove opera una grande cooperativa, cui fanno capo una settantina di aziende agricole. Del pari molto importante è la cotonicoltura, che fu introdotta in Tanzania dal Sudan ed è praticata anche in piccoli appezzamenti; tra le aree di maggior diffusione sono quelle di Mwanza, presso il Lago Vittoria, e più nell'interno di Shinyanga, quindi le zone di Morogoro, nell'entroterra di Dar es Salaam, di Kilwa Kivinje e di Lindi, nella sezione meridionale della costa. In tutta la regione costiera nonché a Zanzibar è presente la palma da cocco, destinata per lo più al mercato interno. Sono invece nuovamente importanti prodotti d'esportazione le cosiddette noci di acagiú, cioè i semi dell'anacardio, il tè, coltivato sui pendii dell'Usambara e sulle alte terre meridionali, il tabacco e soprattutto i chiodi di garofano, principale risorsa delle isole di Zanzibar e Pemba, che ne detengono pressoché il monopolio mondiale; completano il panorama dei prodotti agricoli della Tanzania il piretro, il cacao e varie oleaginose, come arachidi, sesamo, ricino, palma da olio.

 

Foreste. Il 36% ca. del territorio nazionale è ricoperto da foreste e boscaglie; le più rigogliose distese forestali ammantano i versanti del Kilimangiaro e del Meru, ben irrorati dalle piogge, nonché più a sud i Monti Uluguru. Lo sfruttamento forestale fornisce legname di gran pregio, come ebano e cedro, e bambù, che viene largamente utilizzato come materiale da costruzione; si ricavano inoltre resine, sostanze concianti e gomme naturali.

 

Allevamento. L'allevamento dispone di vaste aree a prato e pascolo permanente e, per alcune popolazioni, specie per i Masai, costituisce la principale, se non l'unica risorsa economica; si tratta però in genere di un'attività condotta con sistemi antiquati. Accanto a questo allevamento tradizionale, tipicamente transumante, in pratica di pura sussistenza, si va però sviluppando un allevamento moderno, stanziale, assai più redditizio, che è eminentemente in funzione delle richieste dei centri urbani di burro, latte, formaggio e carni. Bovini e caprini venivano già allevati prima dell'arrivo degli Europei, mentre gli ovini furono introdotti qui, come nel vicino Kenya, per la produzione della lana.

 

Pesca. Un certo peso economico ha la pesca, attività molto diffusa lungo le coste ma ancor più largamente praticata nella acque interne, specie nel Lago Vittoria. Si tratta però di un settore nel suo insieme scarsamente organizzato.

 

Risorse minerarie. Le risorse minerarie non sono abbondanti, benché recenti prospezioni geologiche facciano sperare nella presenza di ricchi giacimenti di ferro presso Chunya, nel sud-ovest del Paese; sono altresì in corso ricerche petrolifere e di minerali uraniferi. Al momento si estraggono soprattutto, ma in modesti quantitativi, diamanti (provenienti dalla regione di Shinyanga), oro, stagno, salgemma (cui si aggiunge un po' di salmarino, ottenuto da saline presso Dar es Salaam), tungsteno, fosfati e carbone. La povertà di risorse energetiche permane un problema fondamentale per lo sviluppo economico del Paese; sono state però potenziate le centrali idroelettriche (la più importante è quella sul fiume Pangani).

 

Industria. Il settore industriale è tuttora molto modesto; prevalgono nettamente le aziende statali e parastatali, molte delle quali in effetti scarsamente produttive. Esse operano nell'ambito della National Development Corporation, organo d'intervento statale preposto alla produzione e agli investimenti; di particolare rilevanza è altresì la Small Industries Development Organization , che sovrintende alle piccole industrie operanti nelle cooperative rurali. Pressoché assente è l'industria di base; l'attività manifatturiera è rivolta soprattutto alla trasformazione dei prodotti locali ed è rappresentata perciò da zuccherifici, complessi molitori, oleifici, birrifici, stabilimenti tessili (cotonifici in netta prevalenza); si hanno inoltre manifatture di tabacchi, mobilifici, cementifici, alcuni piccoli stabilimenti chimici (fertilizzanti azotati), concerie, cementifici. Gli impianti sono ubicati in prevalenza ad Arusha, a Tanga e a Dar es Salaam; da quest'ultima città si diparte un oleodotto per Ndola (Zambia) e vi opera una raffineria di petrolio.

 

Comunicazioni. La rete delle vie di comunicazione è ancora piuttosto carente, benché quella ferroviaria (3.570 km), nata come via di penetrazione dalla costa verso le piantagioni dell'interno, abbia un discreto sviluppo, almeno su scala continentale. Fondamentale è stata la realizzazione, attuata con l'assistenza tecnica e finanziaria della Cina, della Tazara, o Tan-Zam (cioè Tanzania-Zambia), entrata in funzione nel 1975 e che congiunge Dar es Salaam con Kapiri Mposhi, nella Zambia; l'altro principale tronco ferroviario del Paese raccorda Dar es Salaam con Kigoma, sul Lago Tanganica, passando per la nuova capitale Dodoma, mentre una diramazione porta a Mwanza, sul Lago Vittoria. La rete stradale comprende complessivamente circa 88.000 km, per lo più tuttavia non transitabili durante la stagione delle piogge; fra le principali arterie è la superstrada di quasi 2.000 km tra Dar es Salaam e la Zambia centrale, realizzata, a integrazione della ferrovia, con finanziamenti della Svezia, degli Stati Uniti e della Banca Mondiale. Abbastanza vivaci sono le attività portuali, che fanno capo eminentemente al porto di Dar es Salaam, seguito da quelli, parimenti marittimi, di Tanga e di Mtwara. La navigazione interna riveste tuttora un ruolo rilevante; sui laghi Vittoria, Tanganica e Malawi (o Niassa) battelli di linea collegano la Tanzania con quasi tutti i Paesi confinanti. In sviluppo sono i servizi aerei gestiti dalla compagnia di bandiera Air Tanzania, che è stata fondata nel 1977 dopo lo scioglimento della East African Airways; la Tanzania dispone oggi di un discreto numero di aeroporti (oltre una ventina di città sono raggiungibili per aereo), ma il principale scalo resta naturalmente quello internazionale di Dar es Salaam, seguito da quelli di Zanziber e Kilimangiaro.

 

Commercio. Il commercio interno, un tempo in gran parte svolto dagli Indiani, è in crescente misura controllato dal governo mediante apposite cooperative, che fungono da intermediarie tra i produttori e i consumatori; non è certo molto intenso, limitato com'è dal modestissimo reddito percepito dalla stragrande maggioranza della popolazione. Gli scambi con l'estero hanno caratteristiche simili a quelle di molti Paesi africani in via di sviluppo: esportazione di materie prime (caffè, tè, cotone, tabacco, anacardi, pietre preziose) e importazione di macchinari e mezzi di trasporto, combustibili, prodotti industriali in genere. La bilancia commerciale denuncia passivi molto pesanti, dato che le esportazioni coprono in media un terzo del valore delle importazioni; l'interscambio si svolge principalmente con la Gran Bretagna, la Germania, l'India e, per le importazioni, il Kenya e il Giappone. Una buona fonte di reddito è però il turismo, per l'attrazione esercitata dalle straordinarie bellezze naturali del Paese: la Tanzania ha destinato 1/4 del proprio territorio a parchi nazionali (principali quelli del Lago Manyara, del Ngorongoro, del Kilimangiaro, del Serengeti).