Ambiente umano

Popolamento e composizione etnica. Il popolamento della Tanzania ha avuto origine in epoche molto remote: ciò appare confermato dall'esistenza nel Paese di un substrato etnico khoisanide (popolazione affine ai Boscimani), oggi per gran parte assimilato alle sopraggiunte popolazioni bantu, largamente predominanti, ma ancora rappresentato da alcuni piccoli gruppi residui come i Sandawe ( Sandavi). Secondo alcune ipotesi, scientificamente non confermate, i Khoisanidi potrebbero essere i lontani discendenti di quegli uomini paleolitici direttamente derivati dai più antichi ominidi che si conoscano e che ebbero proprio in Tanzania e in Kenya la loro sede; affini ai Boscimani ma in parte camitizzati sarebbero gli Iraqu (Iraku), testimoni anch'essi dell'antico popolamento del Paese. Nella sezione settentrionale si riconosce la presenza di un substrato etiopide o, almeno, con tracce europoidi che nella Tanzania meridionale caratterizzano le cosiddette popolazioni cafre. La penetrazione e la diffusione delle genti bantoidi, avvenute per gradi e a piccoli gruppi, sembrano iniziare già a partire dal primo millennio a.C., ma solo dal IV secolo si può parlare di una cospicua presenza bantoide nel territorio. Essa si rafforza successivamente e nei secoli XV-XVI si ha un definitivo consolidamento di quei grandi e piccoli gruppi umani che ancor oggi formano l'ossatura etnica del Paese, nel quale tuttavia la fascia costiera ha sue particolari caratteristiche, essendo una regione molto permeabile dall'esterno e quindi soggetta a immigrazioni di genti non africane. L'insediamento bantu è quasi generale sulle alteterre, a esclusione delle steppe settentrionali, al confine con il Kenya, dove, in seguito a una selezione avvenuta sulla base dei generi di vita, attraverso lunghi contrasti con gli agricoltori bantu, si sono stabiliti i gruppi pastorali nilotocamitici, massimamente rappresentati dai Masai. Nei secoli successivi, per effetto della colonizzazione e della tratta degli schiavi, l'insediamento ha subito sensibili modificazioni e degradazioni, ma non ha sostanzialmente mutato la distribuzione dei vari gruppi etnici. Sulla costa la penetrazione commerciale araba inizia già nell'VIII secolo, ma solo più tardi, tra i secoli X e XI, essa si consolida attraverso la creazione di basi commerciali, tra cui Zanzibar, Tanga, Bagamoyo, Kilwa. In rapporto ai diversi svolgimenti della storia politica ed economica, la regione costiera, culturalmente partecipe dell'area dell'Oceano Indiano, si distinse dalla parte interna, rimasta profondamente africana. Qui si ritrovano ancor oggi, oltre ai Masai, allevatori e un tempo guerrieri abilissimi, i grandi gruppi bantu, come i Sukuma (Wasukuma ) sulle rive meridionali del Lago Vittoria, i Nyamwezi (Wanyamwezi, 26% insieme con i Sukuma) nella sezione centrale delle alte terre, i Konde (Makonde, 3,7%) nelle aree meridionali, gli Hage (Wahage, 5,3%) tra i laghi Vittoria e Tanganica, i Chaga (Wachaga, 4,4%), coltivatori molto evoluti nella zona del Meru e del Kilimangiaro, i Gogo (Wagogo, 4,4%) nella sezione centro-orientale dell'altopiano. Gruppi bantu si trovano però anche nella fascia costiera (Kutu o Wakutu, Mwera) e a Zanzibar, dove sono per gran parte stati introdotti dagli Arabi con il commercio degli schiavi. Tale commercio, che fu completamente eliminato solo agli inizi di questo secolo, aveva come centri di raccolta e smistamento le sedi sultanali, verso le quali annualmente venivano dirottati sino a 400.000 individui, razziati nelle zone interne. Parte di essi erano avviati verso l'Arabia, altri venivano adibiti ai lavori nelle piantagioni che gli Arabi avevano impiantato nella regione, specialmente a Zanzibar e Pemba. Gli Arabi, un tempo numerosi, sono oggi ridotti a qualche decina di migliaia. Più numerosi degli Arabi sono gli Indiani (75.000), fatti affluire come manodopera dai Portoghesi e soprattutto dagli Inglesi. Gli Europei, stabiliti per lo più nelle zone fertili alle falde del Kilimangiaro e del Meru, non superano le 17.000 unità: d'altronde, a differenza del vicino Kenya, qui l'immigrazione europea non fu mai cospicua.

 

Sviluppo demografico. Gli sviluppi demografici della Tanzania non sono bene conosciuti. All'epoca dello schiavismo, che degradò l'economia del Paese, si ebbe un forte calo di popolazione, però non valutabile. Mancano anche dati relativi ai primi decenni di questo secolo, nel corso dei quali tuttavia si ebbe una prima ripresa demografica: nel 1935 la popolazione è stata calcolata pari a circa 5 milioni di abitanti, saliti a 7,4 milioni nel 1948 e a 9,4 milioni nel 1958. Più della metà della popolazione ha meno di 20 anni; la densità media è di 35 abitanti/km 2 , ma la distribuzione è molto irregolare.

 

Distribuzione. Come fenomeno generale vi è la tendenza, peraltro già sensibile in passato, di un flusso migratorio verso la fascia costiera, più ricca di attività. Ma, se si esclude la zona di Dar es Salaam, la parte più densamente popolata del Paese, è la regione del Kilimangiaro, piovosa e fertile. Vi corrisponde qui un insediamento costituito di case o piccole fattorie sparse intorno al centro di Moshi; ma anche le altre zone ben irrorate, come quella dei monti Kipengere, hanno densità relativamente elevate. Generalmente poco popolata invece è tutta la sezione centrale delle alteterre, dove si ha un insediamento tipicamente africano di villaggi che gravitano intorno ai centri posti sulle strade principali, sedi di mercato e, oggi, di ambulatori, uffici governativi, negozi. Villaggi si trovano anche sulla costa, dove è presente anche la casa o l'insed iamento familiare sparso; ciò vale anche per Zanzibar. Le abitazioni lungo la costa sono a pianta quadrata, mentre nelle zone savaniche assumono in generale forme circolari; i Masai vivono infine nella loro manyatta , insediamenti che hanno una durata di 6-7 anni, caratterizzati dal recinto centrale per il bestiame. Il Paese è innervato su una rete di centri urbani o comunque commerciali che, nella sua attuale struttura, si è delineata essenzialmente in età coloniale, benché le sedi costiere preesistessero.

 

Centri urbani. Sino al secolo scorso Zanzibar era la maggior città sulle coste dell'Oceano Indiano: centro commerciale attivo, gestito dagli Arabi, essa contava un numero di abitanti non tanto inferiore a quello odierno. Il suo urbanesimo era, come ancor oggi, quello delle città arabe, con le vie strette, piene di negozi, un porto frequentato da numerosi velieri e barche. Chiave di volta di tutta l'organizzazione territoriale della Tanzania, principale scalo portuale e aeroportuale, sede di industrie e di attività commerciali, è Dar es Salaam, capitale del Paese sino a quando le relative funzioni amministrative e politiche non furono assunte da Dodoma, situata proprio nel cuore della Tanzania, in un'area essenzialmente rurale e di tipica africanità. Ancora agli inizi del secolo Dar es Salaam, il "porto della pace", era un modesto centro, fondato anteriormente dal sultano di Zanzibar; poi essa divenne il principale scalo portuale del Paese, al servizio anche dello Zaire orientale, sbocco di tutto l'altopiano cui è stata collegata con la linea ferroviaria per il Tanganica, cui va aggiunta l'importantissima Tan-Zam, la ferrovia che unisce la Tanzania alla Zambia e grazie alla quale quest'ultima, priva di accesso diretto al mare, ha la propria apertura marittima a Dar es Salaam.