Storia

Cronologia 

Per una cronologia storica aggiornata della Somalia, vedi la sezione Cronologia dell'Atlante di Nigrizia.

Dalle origini al mandatoitaliano.
Conosciuta nell'antichità col nome di “Terra di Punt”, il termine suma'le compare per la prima volta all'inizio del 1400 in un inno in onore del negus Yeshaq e potrebbe derivare dall'arabo dhù màli (possessori di ricchezze). Gruppi di arabi islamizzati provenienti dalla Penisola Arabica e dal Golfo Persico si andarono stanziando, tra il sec. VII e il XVI, sul litorale somalo mescolandosi con genti galla che abitavano il territorio. Nel sec. XIV esistevano vari sultanati sia al nord (come quello di Adal con Zeila capitale) sia nella regione dello Scebeli (come quello di Agiuràn). Le flotte cinesi dei primi imperatori Ming visitarono tra il 1417 e il 1431 i centri costieri della Somalia (Mogadiscio, Brava, Giumbo).

Nel 1499 Vasco da Gama di ritorno dall'India cannoneggiò Mogadiscio, nel 1507 Tristao da Cunha saccheggiò Brava e nel 1532 Estevao da Gama fu ospite del sultano di Mogadiscio. L'influenza portoghese, diretta soprattutto a soppiantare il commercio arabo, andò via via declinando a partire dal sec. XVII e vari sultanati si affermarono sia sul litorale sia all'interno della Somalia. L'espansione omanita, favorita dall'Inghilterra, accentuò la sua presa, nel sec. XIX, su tutta la costa dell'Africa orientale. Il sultano di Zanzibar Seyyid Saʽīd e i suoi successori ne reclamarono poi il possesso. Al momento della competizione coloniale tra le potenze europee, Gran Bretagna, Francia e Italia procurarono di assicurarsi posizioni in quell'area. La Francia occupava dal 1862 la zona intorno al golfo di Tadjoura (Afar e Issa, Territorio francese degli-); l'Inghilterra Berbera, Bulhar e Zeila (1884) istituendo poi il protettorato del Somaliland (1888); l'Italia, concluso un trattato di commercio col sultano di Zanzibar (1885), otteneva, col tramite dell'Inghilterra, la cessione in affitto dei porti del Benadir (1892) e assumeva il protettorato dei sultanati di Obbia e della Migiurtinia (1889). Definite le frontiere tra la Costa francese dei Somali e il Somaliland (1888), erano poi fissati i confini tra questo e la Somalia italiana (1894) e tra questo e l'Etiopia (1897). A partire dal 1899 il Somaliland e la Somalia italiana dovettero fronteggiare la rivolta del santone musulmano M. 'Abdullāh ibn Ḥasan (il “Mad Mullāh” degli Inglesi), protrattasi fino alla morte di questi nel 1920. Sia per questo motivo sia per la poca importanza del territorio, il Somaliland fu amministrato con scarso interesse dall'Inghilterra. L'amministrazione del Benadir fu affidata dapprima alla Compagnia Filonardi (1893-96) e poi alla Società Anonima Commerciale del Benadir fino al 1905, quando il governo italiano ne assunse l'amministrazione diretta. Con la Legge Organica del 5 aprile 1908 prendeva giuridicamente forma la colonia della “Somalia italiana”. Il 15 luglio 1924 una convenzione anglo-italiana sanciva la cessione all'Italia dell'Oltregiuba, quale compenso per la partecipazione al primo conflitto mondiale. L'incidente ai pozzi di Ual Ual (il confine tra Somalia ed Etiopia era rimasto oggetto di contestazione) dava alla fine del 1934 il pretesto all'Italia per la guerra di conquista etiopica (1935-36) e durante il conflitto mondiale anche il Somaliland veniva invaso dalle forze italiane. Perdute col trattato di pace del 1947 le sue colonie, l'Italia otteneva dall'ONU nel 1949 l'amministrazione fiduciaria decennale (1950-60) della Somalia.
Dall'indipendenza a oggi.
Con un anticipo sulla data prevista del 2 dicembre 1960, questo territorio accedette all'indipendenza il 1º luglio 1960, unendosi all'ex Somaliland britannico divenuto indipendente il 26 giugno 1960, e formando un'unica Repubblica di tipo parlamentare. Il disegno di una “Grande Somalia” sollevò seri problemi di rivendicazioni territoriali con la Francia (per la Costa francese dei Somali), con il Kenya e soprattutto con l'Etiopia. A questo stato di tensione con Addis Abeba, sfociato anche in sporadici atti di guerra, fece riscontro nel 1969 anche un'alterazione dell'equilibrio politico interno, a causa dell'assassinio del presidente Scermarke.

Un colpo di Stato militare portò subito dopo (21 ottobre) all'assunzione del potere da parte di un Consiglio supremo della rivoluzione presieduto dal generale M. Siad Barre. Venne dichiarata la Repubblica Socialista, la Costituzione venne sospesa e i partiti politici sciolti insieme al Parlamento. Siad Barre avviò una politica di trasformazione socialista dello stato, stabilendo stretti rapporti di cooperazione con l'URSS. Nel 1976 i poteri del Consiglio della rivoluzione furono trasferiti al Comitato centrale del Partito socialista Rivoluzionario Somalo (PSRS) e nel 1979 entrò in vigore la nuova Costituzione della Repubblica democratica di Somalia. Nel rinnovato assetto istituzionale, Siad Barre concentrò su di sé le cariche di capo dello Stato, primo ministro e segretario del PSRS (partito unico). L'elemento dominante della politica estera fu il conflitto con l'Etiopia per il possesso dell'Ogaden: sfociato in lotta armata nel 1977-78, esso portò a un rovesciamento delle alleanze della Somalia, che si appoggiò ai Paesi occidentali a causa dell'aiuto fornito dai Sovietici all'Etiopia.

Negli anni successivi la Somalia dovette fare i conti non solo con le incursioni etiopiche, ma anche con un'opposizione armata che proprio in quel Paese trovava appoggi e coperture. Divenuta l'interlocutore privilegiato degli Stati Uniti nel Corno d'Africa, la Somalia cedette loro la base di Berbera e ricevette massicci aiuti economici dal mondo occidentale, particolarmente dall'Italia. Ciononostante il regime di Siad Barre fu incapace di favorire uno sviluppo del Paese: la corruzione dilagante e le vessazioni nei confronti di clan ritenuti ostili erodevano il consenso ingrossando le fila della guerriglia antigovernativa. Un accordo con l'Etiopia nel 1988 produsse l'effetto opposto: un rafforzamento della ribellione nel Nord che nemmeno una feroce repressione sarebbe riuscita a debellare. Siad Barre, anche per le pressioni dei partners occidentali, sembrò quindi disposto a qualche concessione, ma ormai la guerriglia divampava in quasi tutto il Paese e nel dicembre 1990 insorse la stessa capitale Mogadiscio. Costretto alla fuga, il dittatore tentò vanamente di riconquistare il potere. Scoppiò una tragica guerra civile alimentata dalle divisioni tra i vari clan che avevano combattuto il regime. In questo contesto le cabile dell'ex Somalia Britannica il 18 maggio 1991 proclamarono l'indipendenza del loro territorio, ribattezzato Somaliland. La battaglia generalizzata, di tutti contro tutti condusse la Somalia alla completa rovina, tanto da determinare, nel dicembre 1992, un intervento armato da parte di un contingente internazionale per garantire la distribuzione degli aiuti. Ciò sembrò in un primo tempo favorire l'avvio di un processo di distensione tra le varie fazioni in lotta, ma quando le forze dell'ONU tentarono di dare corso all'accordo con il disarmo delle fazioni, incontrarono la resistenza dei miliziani del generale Farah Aidid, leader dell'Alleanza per la Salvezza Somala (ASN). Ne scaturirono sanguinosi scontri che provocarono la morte di centinaia di somali e di molti soldati dell'ONU. Partiti i Caschi blu, nei primi mesi del 1995, Mogadiscio divenne teatro di continui scontri armati tra i sostenitori del generale Aidid e del presidente ad interim Ali Mahdi Moḥammad. In uno di questi scontri, nell'estate del 1996, perdette la vita lo stesso generale Aidid. Gli successe il figlio, Moḥammed Hussein, che sottoscrisse con gli altri cosiddetti “signori della guerra”, Mahdi e Ato, un accordo di pace, subito però violato. Nel 1998, due mesi dopo aver raggiunto un accordo sull'apertura del porto di Mogadiscio e per lo smantellamento dei confini che dividevano la città in settori d'influenza, i “signori della guerra” avviarono trattative per un'amministrazione congiunta del Paese. Nonostante l'accordo raggiunto sulla divisione delle cariche di capo dello Stato (Ali Mahdi Moḥammad) e di primo ministro (Moḥammed Hussein), non corrispondenti però a un potere effettivo, il Paese continuò a versare in una situazione di totale anarchia e gli scontri armati proseguirono regolarmente. Intanto in una conferenza 300 leader del Nordest fondarono nominalmente una nuova amministrazione: il Puntland con capitale Garowe (1998).

Nel maggio del 2000 a Gibuti si svolse una conferenza nazionale di riconciliazione, a cui furono invitati tutti i capi dei clan somali e in cui venne decisa la formazione di una struttura istituzionale, basata su un presidente ad interim e un governo e un Parlamento transitorio. Il nuovo presidente Salad Hassan e il governo così si insediarono a Mogadiscio nell'agosto di quell'anno: la reazione dei “signori della guerra” fu di dar vita, nel marzo 2001 insieme ai due stati secessionisti del Somaliland e del Puntland, a un fronte politico comune contro il nuovo esecutivo. Intanto, malgrado il governo somalo si dichiarasse contrario, il presidente del Somaliland Egal indiceva per il 31 maggio 2001 un referendum costituzionale, approvato in modo plebiscitario, che sanciva l'indipendenza di questo territorio e lo manteneva fuori dai conflitti. L'anno seguente vide l'avvio di nuovi negoziati: il governo provvisorio e i “signori della guerra” raggiunsero un accordo per la sospensione delle ostilità: il cessate il fuoco in realtà non venne mai rispettato. I colloqui portarono nel gennaio 2004 a un accordo tra capi militari e politici per la formazione di un nuovo parlamento che entrò in carica nell'estate del 2004. in ottobre Abdullahi Yusuf Ahmed veniva eletto presidente e In dicembre si insediava un governo di unità nazionale, guidato da Ali Mohammed Gedi. Nel giugno 2006 un'offensiva delle Corti islamiche, gruppo islamico integralista, conquistò la capitale del Paese, in quel momento in mano ai “signori della guerra”; successivamente le Corti avanzarono verso Baidoa, sede del governo provvisorio. L'Unione Africana decise quindi di inviare truppe etiopi e ugandesi nel Paese che sconfissero facilmente le Corti islamiche e permise al governo di Ali Mohammed Gedi di entrare a Mogadiscio. All'inizio del 2007 l'aeronautica militare degli Stati Uniti bombardò alcuni villaggi nel sud del Paese, ritenuti sedi di cellule di Al-Qāiʽda (Al-Qaida). L'intervento militare etiope contro le Corti islamiche non normalizzò la situazione e il governo non riuscì ad avere il controllo del Paese: esso restava in balia di bande armate dedite al contrabbando e alla pirateria contro le navi di passaggio lungo le coste somale. In novembre Ali Mohamed Gedi si dimise per divergenze con il presidente, al suo posto venne nominato Nur "Adde" Hassan Hussein. Nel dicembre 2008 l'Etiopia annunciava il ritiro delle suo truppe dal Paese, in previsione dell'inizio della missione di pace (AMISON), organizzata dall'Unione Africana. A fine anno il presidente A. Y. Ahmed si dimetteva dall'incarico e all'inizio del 2009 veniva eletto l'islamico moderato Sharif Sheikh Ahmed. In aprile il parlamento introduceva la legge islamica () nel Paese. in dicembre un grave attentato a Mogadiscio causava la morte di 24 persone tra cui quattro ministri del governo.