Storia

Cronologia 

Per una cronologia storica aggiornata dell'Eritrea, vedi la sezione Cronologia dell'Atlante di Nigrizia.

Dall'occupazione italiana alla seconda guerra mondiale.

L'Italia, tramite l'armatore Rubattino e il suo presunto agente Giuseppe Sapeto, acquistò Assab (1869) e quindi, col consenso inglese, Massaua (1885). L'imperatore d'Abissinia Giovanni IV e il governatore dell'Hamasien, ras Alula, reagirono e ne seguì un periodo di tensione e di guerra (1887-88), che culminò con i fatti di Dogali ed ebbe fine con la scomparsa dell'imperatore (1889). Le truppe italiane conquistarono l'altopiano e quindi, nel 1890, fondarono la colonia di Eritrea, che riuniva tutti i possedimenti italiani e che fu più tardi trasformata in base per le operazioni militari del 1895-96 (prima guerra italo-etiopica). Ampliata territorialmente nel 1902 in base all'accordo anglo-italo-etiopico, e nel 1908 in base al trattato italo-etiopico, dopo la seconda guerra italo-etiopica (1935-36) l'Eritrea entrò a far parte dell'Africa Orientale Italiana. Durante la seconda guerra mondiale l'Eritrea fu occupata da truppe britanniche (primavera 1941), che lasciarono la regione nel 1952, allorché, per disposizione dell'ONU Eritrea ed Etiopia si costituirono in federazione.

 

La lotta di liberazione.

Nel 1960, però, l'Etiopia incorporò l'Eritrea come provincia, determinando la reazione degli eritrei, che vennero organizzandosi in movimenti di liberazione (FLE, Fronte di Liberazione dell'Eritrea; FPLE, Fronte Popolare di Liberazione dell'Eritrea) la cui tenace lotta armata contro l'esercito etiopico, condotta con alterne vicende, ha caratterizzato la recente, tormentata storia dell'Eritrea. Dopo la caduta dell'imperatore Hailè Selassiè per un colpo di stato militare (1974), il movimento indipendentista rilanciò con successo la lotta armata e nel 1977 riuscì a controllare oltre il 95% della regione, a esclusione delle grandi città come Massaua e Asmara, di fatto assediate. L'anno successivo, però, l'esercito etiopico, vincitore sui Somali nell'Ogadèn, concentrò le sue forze contro gli indipendentisti eritrei e, grazie anche al moderno armamento fornito dai Sovietici e all'aiuto delle truppe cubane, iniziò a riprendere il controllo dell'Eritrea. Solo nella seconda metà degli anni Ottanta la resistenza eritrea riacquistò vigore. Alla guerriglia contro il regime di Menghistu in crisi si unirono anche i ribelli del Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè (FPLT). Nel febbraio 1990 i guerriglieri eritrei conquistarono Massaua e accerchiarono Asmara, mentre il Fronte Democratico Popolare Rivoluzionario (FDPRE) nato dall'unificazione del FPLT con il Movimento Democratico Popolare (MDPE) rafforzava le sue posizioni. I tardivi tentativi di Menghistu e la sua stessa fuga (21 maggio 1991) non riuscirono a ribaltare la situazione. Quando alla fine di maggio del 1991 il FDPRE entrò ad Addis Abeba, il FPLE controllava ormai tutto il territorio dell'Eritrea. Un rapido accordo con il nuovo governo etiopico definì il percorso dell'indipendenza dell'Eritrea fissando un apposito referendum per il 1993. Contestualmente si garantì all'Etiopia uno sbocco sul Mar Rosso dichiarando Assab e Massaua porti franchi anche se amministrativamente dipendenti dall'Eritrea. Alla consultazione, svoltasi sotto il controllo dell'ONU (23-25 aprile 1993), partecipò il 95% degli elettori e il 99,8% si dichiarò favorevole all'indipendenza che venne solennemente proclamata un mese dopo, con l'elezione di Isaias Afeworki a capo dello Stato. All'immediato riconoscimento etiopico faceva seguito quello della comunità internazionale e il 28 maggio 1993 l'Eritrea venne ammessa all'ONU. Finalmente indipendente, il Paese poté in tal modo iniziare una nuova pagina della sua storia: affrontò alcune questioni comuni nell'area del Corno d'Africa con una certa determinazione: nel dicembre 1994 infatti interruppe le relazioni diplomatiche con il Sudan, accusato di ingerenze e di voler destabilizzare il Paese finanziando gruppi di fondamentalisti islamici. Nel dicembre del 1995 occupò l'isolotto (Grande Hanish) nel Mar Rosso conteso con lo Yemen (restituito poi nel 1998). Furono introdotti nuovi diritti costituzionali, leggi per la salvaguardia dell'ambiente, furono ricostruite infrastrutture e si cercò di migliorare le condizioni di vita della popolazione. Questo percorso positivo si interruppe però con l'introduzione, alla fine del 1997, di una propria moneta (nakfa): questa decisione significava la fine dell'unione monetaria tra Eritrea e Etiopia e non venne approvata da quest'ultima che bloccò gli scambi commerciali tra i due Paesi. I dissidi si estesero dall'ambito economico a quello politico e la mancata definizione consensuale di un confine fra i due Stati portò nel giugno 1998 allo scoppio del conflitto militare: la contesa area del Tigrai fu invasa a fine maggio dalle truppe eritree. Dopo un breve periodo di tregua e il rifiuto di entrambi i Paesi di accettare interamente i negoziati proposti dall'OUA, agli inizi del 1999 la guerra riprese con violenza sia sul fronte terrestre sia su quello aereo. Gli scontri armati proseguirono per tutto il 2000 fino a che il 12 dicembre dello stesso anno il presidente eritreo Afeworki e il premier etiopico M. Zenawi firmarono ad Algeri un accordo di pace, che pose formalmente fine ai due anni di guerra. Sul confine fra i due stati in territorio eritreo venne creata, nel 2001, una fascia smilitarizzata sotto il controllo dell'ONU. I rapporti tra i due Paesi rimanevano però tesi e solo nel 2006 l'Eritrea riprendeva i colloqui con l'Etiopia, mentre una commissione internazionale incaricata di trovare una soluzione alla crisi si scioglieva con un nulla di fatto nel 2007. Nel dicembre del 2009 il Consiglio di sicurezza dell'ONU approvava nei confronti del Paese un embargo contro il commercio di armi e alcune sanzioni finanziarie.