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Storia
La sovranità francese.
Alla fine del sec. XV era, col nome di Loango, provincia tributaria del re del Congo. Riacquistò in seguito autonomia e i suoi sovrani (Ma Loango) si dedicarono con notevole profitto alla tratta degli schiavi, che facevano affluire sulla costa dove erano acquistati e imbarcati dai mercanti europei. Nel sec. XVIII la Francia cominciò a interessarsi a questa zona del litorale; nel 1766 una missione cattolica francese si installò a Loango e nel 1839 Bouet-Willaumez si stabilì sull'estuario del fiume; dieci anni più tardi fu fondata Libreville e dal 1870 ebbe inizio la ricognizione delle regioni costiere e dei bacini dell'Ogoué e dell'Alima, a opera soprattutto di Savorgnan di Brazzà, impegnato a contrastare i disegni espansionistici di Leopoldo II del Belgio nel bacino del Congo. Il 10 settembre 1880 Brazzà concluse un trattato di amicizia col re Makoko, mentre nel 1883 il tenente di vascello Cordier (che aveva raggiunto il fiume Congo precedendo Stanley) ottenne dal re il riconoscimento della sovranità francese. Una legge del 17 dicembre 1882 istituì intanto la colonia del Congo francese, della quale il Brazzà fu nominato primo commissario il 2 febbraio 1883. Alla fase di regolamentazione dei confini con lo Stato indipendente del Congo di Leopoldo II, col Portogallo e con la Germania, insediatasi nel Camerun, seguì il periodo della pacificazione e organizzazione della colonia (1885-1920) che prese il nome di Moyen Congo e divenne, nel 1910, uno dei quattro territori dell'Africa Equatoriale Francese. Per la valorizzazione della colonia si diede inizio nel 1921 alla costruzione della ferrovia Brazzaville-Mayombè, ultimata solo nel 1934 con un impressionante tributo di vite umane. Tra il 1921 e il 1941 nel territorio sorsero e si diffusero movimenti profetico-religiosi (come quelli di Simon Kimbangu, di Simon-Pierre MPadi e soprattutto di André Matsua) che, predicando la disobbedienza alle autorità coloniali e la cacciata dei bianchi, provocarono gravi disordini e dure repressioni. Dopo la seconda guerra mondiale, il Congo francese seguì le tappe dell'evoluzione politica tracciate dalla metropoli con l'Unione francese (1946), con la Loi Cadre (1956) e con la Comunità francese (1958), optando per lo status di repubblica autonoma, nel quadro della predetta comunità, il 28 novembre 1958. Il 15 agosto 1960 il Congo-Brazzaville accedette alla piena indipendenza come Repubblica del Congo. Un colpo di stato rovesciò nell'agosto 1963 il presidente Foulbert Youlou e portò al potere Alphonse Massemba-Débat, che diede al Paese una nuova Costituzione, approvata l'8 dicembre 1963. Ma una successiva crisi politica interna si concluse nel 1968 con l'insediamento al vertice d'un Consiglio Nazionale rivoluzionario, presieduto dal capo dell'esercito Marien Ngouabi, divenuto capo dello Stato il 31 dicembre 1968.
La nascita della repubblica popolare e la guerra civile.
Una nuova Costituzione, promulgata il 3 gennaio 1970, diede vita (fino al 1992) alla Repubblica Popolare del Congo, nella quale preminenza assoluta ebbe il Partito Congolese del Lavoro (PCT) di ispirazione marxista-leninista. In politica estera restarono però inalterati i rapporti di collaborazione con la Francia e con l'Africa francofona. Una drammatica svolta si ebbe nel marzo 1977, quando il generale Ngouabi cadde vittima di un complotto ispirato, secondo la giunta militare, dall'ex presidente Massemba-Débat, il quale venne arrestato e fucilato. A succedere a Ngouabi fu designato il colonnello Joachim Yhorubi Opango il quale, non riuscendo a controllare la difficile situazione del Paese, rimise il potere nelle mani del Comitato Centrale del Partito Congolese (febbraio 1979). Dalle elezioni del marzo dello stesso anno fu eletto presidente Denis Sassou-Nguesso, che emanò una nuova Costituzione “socialista”, approvata nel luglio 1979. Sassou-Nguesso fu rieletto nel 1984 e nel 1989.
La seconda metà degli anni Ottanta, in un clima di accresciute difficoltà economiche, vide una più forte opposizione al governo, espressa da manifestazioni anche violente. Nel 1989 si svolsero le prime elezioni con candidati esterni al partito al potere (ma solo in minima parte) e nel settembre 1990, infine, sotto la pressione della Chiesa e del sindacato unico, Sassou-Nguesso accettò di instaurare un sistema multipartitico, varato contemporaneamente alla rinuncia al marxismo-leninismo da parte del PCT, che adottò un programma socialdemocratico. Successivo passo verso la Repubblica fu la riunione, nel febbraio 1991, di una Conferenza nazionale, che nel giugno dello stesso anno, sottraendo al presidente Sassou-Nguesso molte delle sue prerogative, elesse un governo provvisorio presieduto dall'indipendente A. Milongo; contemporaneamente venne istituito un Consiglio superiore della Repubblica, organo legislativo con il compito di gestire la difficile transizione verso la democrazia.
Nel 1992, in un clima di grande instabilità sociale e politica, si tennero le prime elezioni presidenziali libere, vinte da Pascal Lissouba, leader dell'Unione panafricana per la democrazia sociale (UPADES). Sciolta l'Assemblea (novembre 1992), nella quale il suo partito risultò minoritario, Lissouba indisse nuove elezioni politiche tenutesi tra maggio e giugno 1993, questa volta favorevoli al presidente che tuttavia furono duramente contestate dall'opposizione che accusò l'UPADES di brogli. Ne scaturirono violenti scontri, con alcune centinaia di vittime.
Nel gennaio del 1994 venne firmato un accordo tra Lissouba e i deputati dell'opposizione e istituita una forza armata di interposizione, ma nel 1997 riesplose più grave che mai lo scontro tra Lissouba e il suo predecessore Sassou-Nguesso, e la Repubblica del Congo precipitò in una devastante guerra civile e a nulla servì l'intervento della Francia e quello dei Paesi limitrofi. Nell'ottobre dello stesso anno, dopo aver destituito Lissouba (grazie anche all'intervento dell'esercito angolano), Sassou-Nguesso (già presidente dal 1979 al 1992) si autoproclamò capo dello Stato, sospese la Costituzione e formò un governo di unità nazionale: il Paese ripiombò nell'anarchia e nella violenza e tutte le parti in conflitto (forze regolari, milizie e gruppi armati dell'opposizione) commisero diffusi abusi e uccisioni. I due cessate il fuoco firmati nel corso dello stesso anno tra i Ninja, sostenitori dell'ex presidente Lissouba e rappresentanti governativi vennero rinnegati dai leader dell'opposizione in esilio. Nel corso degli anni successivi, il clima di indiscriminata violenza di ambo le parti anche nei confronti di civili disarmati provocò un esodo massiccio di popolazione verso i Paesi vicini, soprattutto in Gabon. Intanto Sassou-Nguesso veniva riconfermato nelle presidenziali del 2002 e del 2009, mentre il suo partito si affermava con una maggioranza assoluta nelle legislative del 2007.






