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Storia
L'origine dell'Angola risale a una chefferie costituitasi nel corso del sec. XV tra le popolazioni stanziate nelle regioni del Ndongo tra i fiumi Bengo e Cuanza, a ridosso di Luanda. Dalle origini e sino al 1556 gli ngola o sovrani del Ndongo pagarono tributo al manicongo, re del Congo, ma il vincolo di dipendenza fu piuttosto elastico, tant'è che, ancor prima del 1556, essi estesero la loro autorità a N del Bengo. Il primo contatto di un ngola col Portogallo si ebbe nel 1519 su richiesta del primo, avanzata tramite il manicongo; praticamente passato sotto il controllo dei portoghesi di São Tomé, il regno Ndongo si proclamò indipendente dal manicongo nel 1556. Il governo di Lisbona riconobbe il fatto compiuto e nel 1560 inviò una missione guidata da Paulo Dias de Novais, che dieci anni dopo veniva nominato donatário o capitano (1571-89) dell'Angola, come il territorio venne chiamato. L'attività principale di Dias e dei suoi successori, la tratta degli schiavi richiesti dai piantatori brasiliani, provocò frequenti rivolte dei capi indigeni contro le scarse forze portoghesi e guerre intertribali.Nel 1641 Luanda, capitale dell'Angola portoghese, fu conquistata dagli olandesi; benché questi avessero stabilito un modus vivendi con le guarnigioni portoghesi, la regione era ormai così importante per l'economia brasiliana, che da Rio de Janeiro venne organizzata una spedizione, condotta da Salvador Correia de Sá, per riconquistare l'Angola (1648).
Alla metà dell'Ottocento, con la diminuzione della tratta, i portoghesi, che fino a quel momento avevano avuto rapporti commerciali con le popolazioni che avevano resistito alla conquista, si spinsero all'interno per creare piantagioni e per cercare minerali. L'ostilità delle popolazioni si rinnovò e la nuova fase coloniale si concluse solo nel 1919. A S la conquista fu più lenta, i regni degli OviMbundu, sorti nel sec. XVII, opposero una strenua resistenza e solo nel sec. XIX, disgregatisi i regni locali, il Portogallo riuscì a conquistare gli altopiani incontrando però, fino alla prima guerra mondiale, forti resistenze. Dopo la fine della tratta il governo di Lisbona cercò di sviluppare l'agricoltura con il sistema delle piantagioni che, come per il Brasile, esigevano abbondante manodopera. Ebbe origine, per la maggior parte della popolazione locale, il lavoro coatto nelle coltivazioni di cotone, caffè e cacao, protrattosi fino al 1953. La colonia era stata frattanto (1951) trasformata in provincia d'Oltremare e inutilmente l'MPLA e l'UPA (União das Populaçoes de Angola), costituiti nel 1957, tentarono di proporre a Lisbona trattative per l'indipendenza. La risposta fu l'arresto di Agostinho Neto, leader dell'MPLA, e di molti tra gli altri aderenti al movimento.
La lotta aperta scoppiò nel 1961, quando alcune dimostrazioni popolari provocarono vaste e sanguinose repressioni da parte delle autorità. Il fronte indipendentista era però tutt'altro che compatto, perché molteplici e contrapposti erano gli interessi internazionali (sovietici, statunitensi, sudafricani ecc.) sull'Angola; così la situazione dell'Angola alla fine del 1973 presentava un quadro piuttosto complesso che vedeva le forze portoghesi impegnate a contenere gli attacchi delle formazioni nazionaliste consolidatesi attorno all'MPLA di Neto, cui si aggiungevano il FNLA (Frente Nacional de Libertaçao de Angola), sostenuto dallo Zaire e con alla testa Roberto Holden, e l'UNITA, di incerta collocazione e diretta da Jonas Savimbi.
Nel luglio del 1974 il governo democratico portoghese, succeduto al regime salazarista, si dichiarò disposto a trattare. L'11 novembre 1975 l'Angola divenne indipendente; l'MPLA, con l'appoggio dell'URSS e di Cuba, prevalse sugli avversari e l'Angola divenne una Repubblica popolare, con Neto come presidente. All'interno tuttavia scoppiò la guerra civile tra l'MPLA e l'UNITA di Savimbi, appoggiato dal Sudafrica e dagli Stati Uniti. Nel 1979 Neto morì e fu sostituito dal ministro della Pianificazione, José Eduardo Dos Santos, il quale confermò pienamente le scelte politiche e ideologiche del suo predecessore, sostenuto dall'Unione Sovietica.
La situazione internazionale con gli anni Ottanta mostrò segni di distensione, a partire dall'avvio di trattative con la Repubblica Sudafricana (1982) e dell'accordo di “sicurezza e difesa” firmato con lo Zaire (1985). Analogamente a quanto stava avvenendo nella maggior parte dei Paesi a impostazione marxista, la nuova fase di politica internazionale innescata dal riformismo gorbacëviano nella seconda metà degli anni Ottanta sembrò determinare anche in Angola le condizioni per l'avvio di un processo di pacificazione. Il primo atto fu l'accordo di cessate il fuoco raggiunto nel 1988 con il Sudafrica, con il quale si avviarono le procedure per l'indipendenza della Namibia e si fissarono le tappe del ritiro delle forze cubane in Angola (completato nel 1991). La fine delle ostilità con Pretoria determinò anche le condizioni per l'apertura di un dialogo (giugno 1989) fra il presidente Dos Santos e Jonas Savimbi. Nei successivi due anni si susseguirono svariati cessate il fuoco regolarmente violati, ma intanto nell'MPLA, al potere, maturò la scelta di riconoscere il multipartitismo e di superare l'ideologia marxista-leninista. Si trattava dei due ostacoli maggiori a un accordo tra le parti che si incontravano a Estoril (1° maggio 1991) e annunciarono la fine del conflitto. Si trattò di un'importante tappa nel processo di pacificazione ma non certo di quella conclusiva: infatti, nonostante la firma di un'intesa fra i due leader a Lisbona, le elezioni politiche del settembre 1992, svoltesi in una sostanziale correttezza alla presenza di vari osservatori consegnarono la vittoria a dos Santos. Savimbi non accettò la vittoria del suo antagonista politiche e l'UNITA riprese immediatamente le armi facendo precipitare nuovamente il Paese nel dramma della guerra civile. In questa situazione alle migliaia di angolani morti direttamente negli scontri armati si sommarono quelli falcidiati dalla carestia collegata proprio alla ripresa del conflitto.
Gli anni Novanta furono costellati da accordi e da riprese delle ostilità. Inizialmente grazie all'impegno della comunità internazionale sembrò riaprirsi un dialogo con un nuovo accordo (Lusaka, novembre 1994) con il quale, a conferma del risultato elettorale del 1992, gli eletti dell'UNITA furono reintegrati nell'Assemblea Nazionale. Nel marzo 1996 Dos Santos e Savimbi si impegnarono a varare un governo di unità nazionale che, nonostante le frequenti violazioni dei patti per opera dei due fronti, entrò in carica nell'aprile 1997 comprendendo anche i rappresentanti dell'UNITA. Tuttavia l'anno seguente, dopo nuovi scontri armati nelle province centrali e nordorientali di Bié e Lunda Norte, tutti i rappresentanti dell'UNITA vennero espulsi dal Parlamento e dal governo e, nel febbraio 1999, la Corte Suprema incriminò Savimbi per crimini di guerra: il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ritirò la missione di osservatori incaricata di verificare il rispetto degli accordi di Lusaka e decretò, nel febbraio 2000, sanzioni economiche contro l'UNITA. La svolta nel processo di pacificazione avvenne, dopo 27 anni di guerra civile (1975-2002) nel 2002 quando, dopo aver condotto per oltre 35 anni la guerriglia, Savimbi venne ucciso in combattimento dalle truppe dell'esercito regolare. Subito venne raggiunto un accordo, fra il governo di Dos Santos e UNITA e nel mese di aprile dello stesso anno, il Parlamento approvò un'amnistia per tutti i guerriglieri detenuti nelle carceri angolane. Nel biennio successivo i maggiori problemi che il governo dovette affrontare riguardarono il rientro dei profughi e la ricostruzione delle infrastrutture e dei servizi di base. Rimase attivo nell'enclave della Cabinda, ricca di petrolio, un movimento separatista con cui solo nel 2005 il governo riuscì a raggiungere un accordo che riconosce alla regione un'autonomia locale.
Nel 2008 si svolgevano, con gravi problemi organizzativi, le prime elezioni legislative che confermavano l'MPLA alla guida del Paese. Nel 2010 il governo stipulava importanti accordi economici con il Brasile.






