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Wto vs convenzione della diversità biologica
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Venerdì 20 febbraio a Kuala Lumpur in Malesia, si è conclusa la settima conferenza (COP7) dei 168 stati firmatari della Convenzione sulla Diversità biologica (CDB)., Dall'ambiziosa agenda dell'incontro ci si attendeva un impulso forte affinché si affrontassero risolutamente il rapporto della CDB con i trattati WTO, la realizzazione del principio dell'Accesso e Condivisione dei Benefici derivanti dall'uso del patrimonio biologico tradizionale e la questione del divieto alla commercializzazione dei semi Terminator, geneticamente modificati per diventare sterili dopo il primo raccolto. I risultati che emergono dai documenti finali sono modesti.
Il risultato più deludente si ha sul fronte dell'armonizzazione tra trattati ambientali e trattati commerciali. Su questo tema, gli Stati Uniti, che non hanno ratificato la Convenzione, hanno molto influenzato il dibattito, avvalendosi dell'appoggio australiano ed inviando una numerosissima delegazione di quaranta osservatori. Il risultato è che nella decisione finale la COP7 ha rafforzato ulteriormente il peso del WTO sulla CDB, includendo in molte decisioni interpretative clausole che ricalcano quelle contenute negli accordi WTO.
La COP7 non si è affatto pronunciata sulla pericolosità dei semi Terminator. La netta opposizione del Gruppo dei paesi africani e dell'Unione Europea che ne chiedevano il divieto si è scontrata con le posizioni possibiliste di Australia e Brasile. La decisione finale stabilisce che la commercializzazione dei Terminator sarà subordinata ad una valutazione degli effetti negativi, realizzata da un gruppo di lavoro che è composto dagli Stati parte alla CDB, membri dell'industria biotecnologia e rappresentanti società civile indigena.
Le timide soluzioni proposte per la realizzazione del principio dell'accesso e condivisione dei benefici hanno attratto molte critiche. La COP7 ha discusso se mantenere l'attuale approccio che riconosce il ruolo principale degli stati nazionali o avviare il negoziato di un trattato internazionale. Il nuovo trattato internazionale dovrebbe compensare le carenze dell'approccio nazionale, che è stato molto criticato perché ha discriminato e marginalizzato le comunità indigene. Mentre l'Australia si è nettamente opposta a qualsiasi apertura dei negoziati sul trattato, Canada, Unione Europea e Svizzera si sono mostrate più possibiliste, pur chiedendo di continuare a concentrarsi sui sistemi nazionali. Infine, sotto le pressioni di Colombia, Tanzania ed Uganda che rappresentava il più ampio schieramento degli Stati africani, la COP7 ha deciso di costituire un gruppo di lavoro per avviare i negoziati per un trattato internazionale, senza però consultare le comunità locali ed indigene . La piena partecipazione di queste comunità é essenziale fin dalle prime fasi dei negoziati. Infatti tra i primi compiti del gruppo di lavoro ci sono le formulazioni delle definizioni di "Accesso " e "Condivisione dei Benefici". L'eventuale riconoscimento dell'"Accesso" come diritto collettivo inalienabile, sancirebbe la sovranità sul patrimonio biologico tradizionale, dando alle comunità la possibilità di negare l'uso del proprio patrimonio genetico. Perciò la "Condivisione dei Benefici" concretamente passerebbe da una mera compensazione per un esproprio ad uno strumento di equità.
Fonte: Azione Aiuto