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WSIS: Lontani dagli occhi, lontani dal cuore
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Il World Forum on Communication Rights, evento parallelo al Summit "dall'interno" del Pala-Expo di Ginevra, si è aperto con la presentazione di Sean O Siochru, irlandese, promotore della campagna CRIS. "Il WSIS sta discutendo una serie di questioni cruciali per le nostre società, senza però affrontarne le radici più profonde: Chi controlla l'informazione e la conoscenza? Chi controlla il processo di produzione del sapere? Chi governa la circolazione della conoscenza e nell'interesse di chi? Chi può utilizzarla e per quali fini?".
La prima sessione ha dunque affrontato alcuni di questi temi, partendo dalla questione che lega la Comunicazione alla Povertà. Denis Smith (del Centro Evangelico di Studi Pastorali in Guatemala e del WACC), nel descrivere la situazione mediatica in Guatemala ha denunciato il fatto che il Murdoch locale, A.Gonzalo, sta facendo di tutto per chiudere i pochi spazi vitali di comunicazione comunitaria che ancora esistono. "L'accesso agli spazi dove senso e sapere sono creati e condivisi nelle comunità" - ha detto Smith - "è un diritto umano fondamentale, senza il quale la vita stessa delle popolazioni più povere è in grave pericolo". Negli Stati Uniti, a sentire Cheri Honakala del Poor People's Economic Human Rights Campaign, la situazione è ancora peggiore. "Oggi i poveri negli USA - più di 44 milioni sono quelli che non hanno diritto a cure mediche - non solo sono sistematicamente ignorati dai media, ma se provano a far sentire la loro voce, sono mandati in prigione".
"Ci sono più persone in prigione per deprivazione economica - ha affermato Honakala - che mai nel passato. Io rischio 22 anni di galera per aver ripetutamente provato a rompere il black out dei media e denunciare la verità sulla povertà in America. I giornali sono complici del sistema. Se mandi un comunicato stampa per annunciare una manifestazione, l'intero reparto di polizia si presenta alla conferenza stampa e arresta i manifestanti".
Parte un video che riprende una piccola manifestazione di protesta per il licenziamento in massa da una fabbrica a Kannapolis. La scena mostra una negoziazione tra manifestanti e poliziotti e poi l'arresto di massa. I giornali del giorno successivo, però, parlano dei manifestanti in termini positivi. "Eppure, nascondono le facce, le notizie, le storie delle persone povere che muoiono per strada negli Stati Uniti - nel mio paese ci sono più case abbandonate che senza tetto. Abbiamo bisogno dell'intervento della comunità internazionale" ha concluso Honakala.
Gli invisibili non sono soltanto i poveri, ma anche le donne in generale. "Le donne in Nigeria sono citate solo se sono mogli di politici (è la sindrome della first lady) - ha detto Kate Azuka Omenugha (Women Media Poverty, Nigeria) - e normalmente diventa più importante chi parla rispetto alla notizia stessa. I giornali ignorano totalmente la voce delle donne, anzi spesso danno rappresentazioni che influenzano negativamente l'immaginario collettivo. La piaga della prostituzione di adolescenti è diventato un caso paradossale, dove i media criminalizzano le ragazze, ossia le vittime, quando al loro rientro dall'estero vengono esposte sui giornali ed emarginate, invece di cercare chi ha perpetrato il crimine sfruttandole".
Cosa fare? "Comprare un giornale o ottenere una licenza per trasmettere su radio- ha continuato Omenugha - è proibitivo per la maggior parte della popolazione; ma questo deve cambiare. Bisogna affermare il diritto ad essere ascoltati, ad avere un accesso economicamente sostenibile ai media, perché questo non sia un privilegio di pochi. E occorre rivedere i codici di condotta del giornalismo perché non ci siano semplicemente più storie che parlano di donne, ma più partecipazione diretta delle donne nel raccontare la loro storia".
Fonte: Unimondo