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Usa: palle di neve per Bush
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Per il re-insediamento del presidente George W. Bush, le strade innevate della capitale e i 100 isolati intorno alla Casa Bianca sigillati a tutti non hanno impedito a molte migliaia di cittadini americani di sfilare con bare di cartone, prendere a palle di neve il corteo presidenziale - centrando l'auto del vice presidente Dick Cheney e facendo accelerare quella del presidente - e bruciare bandiere a stelle e strisce, forse in cerca di quel calore che le 2060 parole del vuoto e retorico discorso presidenziale, nonostante il ricorrere della parola libertà (freedom o liberty che fosse) per 51 volte, non è proprio riuscito a produrre.
A confronto, scalda invece il cuore e il sangue la lettera di oltre 8600 parole che per l'occasione 'Amnesty International' ha indirizzato al presidente, facendo ricorso solo due volte alla parola 'freedom' e una soltanto al più nobile conio 'liberty': accende infatti di indignazione l'elenco - peraltro non completo precisa la lettera - delle 45 principali 'tecniche di detenzione e di interrogatorio' - ovvero drammatiche violazioni dei diritti umani - di cui gli Stati Uniti si sarebbero resi responsabili, non solo nel campo di concentramento di Guantanamo e ad Abu Ghreib , in questi ultimi anni di cosiddetta lotta al terrorismo.
La lista degli 'orrori antiterrore', in ordine alfabetico, in inglese si apre con 'abduction' (in pratica rapimento) e si conclude con 'withholding of toilet facilities, leading to defecation and urination in clothing' (impedimento all'uso di servizi igienici con conseguente 'farsela nei pantaloni') ma passa per docce fredde, elettroshock, umiliazioni sessuali e di vario altro genere, privazione di sonno, luce e sensoriale, minacce di morte, esposizione a temperature estreme e via di questo passo fino a insulti e intolleranza razziali e religiosi. 'Tecniche' utilizzate a quanto pare dopo autorizzazione dello stesso ministro della Difesa Donald Rumsfeld, appena riconfermato nel suo incarico. Lotta al terrorismo o per produrne ancora viene da chiedersi.
Riaffermato ieri dal nuovo segretario di Stato Condoleeza Rice un fievole e formale 'primato della diplomazia' e allungata però la lista dei paesi-canaglia - che adesso si chiamano "avamposti della tirannia" e sono Bielorussia, Corea del Nord, Cuba, Myanmar, Iran, Zimbabwe, mentre il Venezuela sembra lì lì ma forse resta fuori per ora solo perché vende petrolio agli Stati Uniti - l'abuso che oggi il presidente ha fatto della parola libertà è paradossalmente suonato non si sa bene se ipocrita, vuoto, minaccioso, paranoico o semplicemente ossessivo. O forse di tutto un po', visto che ha parlato di 'fuoco della libertà per illuminare anche gli angoli più bui del mondo'. Lo stesso che sta illuminando da quasi due anni l'Iraq senza però riuscire neppure a vedere le armi di distruzione di massa? Appena poche ore prima di giurare anche lui per il suo secondo mandato, il vice-presidente Cheney, nel programma televisivo di Don Imus ('Imus in the Morning') della rete Msnbc non aveva certo dato corpo a professioni di libertà avanzando l'ipotesi di un'azione militare di Israele per impedire all'Iran di perseguire eventuali programmi nucleari. E alla domanda di Imus se in realtà in questo momento fosse lui il vero presidente americano, Cheney aveva risposto "No, ma buona la domanda...". A buon intenditor....
E poi, mentre il presidente si riempiva la bocca e riempiva le orecchie del mondo - ma non la testa e il cuore - con la parola libertà, pochi manifestanti che avevano scavalcato le barricate lungo la strada del passaggio presidenziale, quelli delle palle di neve, venivano accolti dai servizi di sicurezza con i "pepper-spray", le bombolette che spruzzavano sostanze irritanti. Sorprende allora che soprattutto dal Sud del Mondo cominciassero a salire accuse e perfino insulti all'indirizzo dell'intera amministrazione? Ne valga una per tutte, in qualche modo strappata a uno dei relativamente nuovi paesi-canaglia, lo Zimbabwe: "Quando commenti di questo genere vengono da fascisti come Condoleeza Rice, non siamo davvero preoccupati" ha detto all'emittente inglese Bbc Didymus Mutasa, ministro di Harare per la lotta alla corruzione, aggiungendo: "Gli Stati Uniti non hanno più alcuna morale".
Soprattutto visti e sentiti dal povero e tormentato Sud del Mondo, perfino da un presunto 'avamposto della tirannia', la pompa, la frivolezza (inclusi i 9 balli di Bush) e lo spreco di questa re-inaugurazione, qualche sospetto sulla qualità e quantità di morale residua finiscono con il legittimarlo. Delegittimando invece, almeno in buona parte, proprio quello sfarzo per ora soltanto verbale di libertà.
Pietro Mariano Benni