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Un paradiso per i turisti, un inferno per gli animali
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C’è il sole, l’acqua è increspata da una brezza sottile, l’attesa per lo spettacolo di spruzzi, giochi e capriole è vibrante. I turisti sono pronti a divertirsi e concedersi un’imperdibile nuotata fianco a fianco con i delfini. Un’esperienza unica per entrare a contatto con una natura autentica, vera, selvaggia… In vasca. Con animali nati in cattività e cresciuti in condizioni disumane. Già, assurdo vero? Eppure accade: ché se l’India ha recentemente sollevato la questione dei diritti animali vietandone la detenzione in prigionia, la vicina Indonesia tollera invece ancora vere e proprie torture a danno degli animali selvatici, che attirano un turismo avido di facili emozioni e pronto a chiudere gli occhi finché può godere in maniera indiscriminata di luoghi da fiaba, paradisi incontaminati trasformati dagli interessi economici e dalla cupidigia. E Bali è una destinazione molto popolare sui cataloghi delle agenzie viaggio: più di 5 milioni di turisti hanno visitato l’isola nel 2017. Certo è che, se la meta è paradisiaca per gli umani, non lo è certo per gli animali.
L’idea è questa: sfiorare il pericolo senza però farsi male. Da un lato le agenzie che propongono pacchetti di dubbio gusto e di discutibile etica, dall’altro lato chi vuole il brivido di incontri eccitanti senza però i rischi connessi. E allora, quale soluzione? La soluzione è tutta lì, prigioniera di gabbie minuscole, segregata in catene, merce di scambio per un selfie di circostanza o per una carezza da condividere sui social. Perché non farsi allora una bella foto con i cetacei più simpatici del mare, così espressivi e contagiosi di risate e qui sono costretti a esprimere la loro rassegnazione in sorrisi sdentati? Sì, sdentati, perché vengono loro tolti i denti – o nel migliore dei casi “solo” limati – in modo da prevenire accidentali ferite ai turisti. Nuotano in vasche minuscole, di appena 3 metri di profondità, con almeno altri 3 o 4 esemplari.
I delfini non sono però gli unici a subire la crudeltà dell’uomo. Nel report di WAP UK (World Animal Protection) la lista delle torture è molto più lunga di quello che mai riusciremmo a immaginare se ci chiedessero di pensare a strategie per incentivare il turismo.E purtroppo ci sono foto che documentano in maniera molto eloquente quanto la realtà veda ben oltre la più fervida immaginazione.
Da Bali a Gili Trawangan a Lombok, 26 strutture sono state visitate dai membri di WAP e i risultati sono agghiaccianti: oltre 1500 animali il cui destino si assomiglia tristemente. Elefanti usati come mezzo di trasporto in città, sottoposti a estenuanti allenamenti intensivi e “parcheggiati” in ceppi che provocano traumi e dolore, oppure oranghi sedati e incatenati per poter essere toccati e fotografati come piccoli innocui peluches, costretti a rinunciare a qualsiasi tipo di attività stimolante – in primisil movimento – e di interazione sociale con i propri simili.
La situazione è grottesca, per non dire raccapricciante: l’80% dei luoghi visitati non rispetta gli standard minimi per la tutela degli animali tenuti in cattività e il 100% di questi santuari delle torture non adempie alle condizioni minime per il benessere degli animali selvatici. Insomma, quello che per i turisti è un paradiso in terra, per questi esseri viventi è l’inferno, vittime di un inutile sfruttamento a fini economici. Un turismo di pessima qualità, che va assolutamente disincentivato al più presto, come sottolinea Steve Mclvor, amministratore delegato di WAP: “fino a quando Bali non migliorerà le condizioni di custodia di questi animali, invitiamo i turisti a boicottare questo tipo di pacchetti” quale gesto di responsabilità che ognuno dovrebbe compiere.
Alternative ce ne sono, e sono soluzioni turistiche che non comportano lo sfruttamento indiscriminato degli animali, ma che propongono con loro un incontro nel loro habitat naturale, in condizioni di tutela e di sicurezza. Insomma, lo splendido spettacolo della natura dell’isola e della fauna locale può continuare, fatta salva la dignità degli animali. E la nostra.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.