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USA: diritto al processo per i prigionieri di Guantanamo
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Le associazioni ed i gruppi della società civile statunitense che si battono per i diritti umani hanno commentato positivamente le due sentenze di due Corti d'appello federali secondo le quali i cittadini USA e stranieri detenuti come "combattenti nemici" hanno diritto ad un processo. Due sentenze che contrastano con il contenuto del Patriot Act, provvedimento approvato in seguito agli attentati alle Torri gemelle che molti gruppi della società civile hanno dichiarato liberticida.
"Non una ma ben due Corti federali hanno distolto il presidente Bush dalla propria convinzione di poter rinchiudere chiunque senza garantire un accesso alla giustizia statunitense o senza previa approvazione del Congresso", ha affermato Anthony Romero, direttore esecutivo dell'American Civil Liberties Union (ACLU).
Il primo caso sul quale l'amministrazione Bush è stata sconfitta è stato quello del cittadino amerciano Jose Padilla, accusato di aver fatto parte della rete di Al Qaeda. 18 mesi in un carcere di altissima sicurezza senza poter vedere nessuno, nè un familiare e men che meno un avvocato. Ora anche Padilla avrà diritto ad un processo. Il secondo caso riguarda il cittadino libico Salim Gherebi, catturato in Afghanistan ed ora a Guantanamo. Il suo avvocato ha sostenuto che benché il proprio cliente fosse residente al di fuori del territorio USA avesse diritto a contestare la propria detenzione di fronte ad un tribunale statunitense. Gli è stata data ragione.
Tra chi non si ritiene pienamente soddisfatto delle sentenze vi è però William Schulz, direttore della sezione statunitense di Amnesty International. Quest'ultimo ha messo in rilievo come le decisioni delle corti d'appello non sembra siano state prese tenendo presente il rispetto dei diritti umani fondamentali garantiti costituzionalmente. "Piuttosto" - nota Schulz - "mentre si nega il diritto del ramo esecutivo di detenere persone senza garantire loro un processo si pavimenta la strada per future violazioni, se avvengono però con il permesso del Congresso". [DS]