Tutto fermo?

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Pare siano 232, ma c’è chi sostiene siano molti di più. E’ il numero dei bambini morti da quando “L’Operazione speciale” di Vladimir Putin sta devastando l’Ucraina.

Il tentativo di invasione continua, con risultati militarmente insoddisfacenti per il padrone del Cremlino. Dopo quasi 3 mesi e nonostante i ripetuti annunci, la città di Mariupol non è ancora completamente nelle mani dell’esercito russo. Nonostante tutto, nelle acciaierie Azovstal ci sono ancora piccole sacche di resistenza. Torna alla mente – per piccola similitudine - l’ossessione per Stalingrado di Hitler, nel ’42. Nel novembre di quell’anno ne annunciò la caduta, la conquista. Invece, dalla resistenza ancora attiva in pochi condomini rasi al suolo nacque la sconfitta dei nazisti. In ogni caso, la cronaca registra, nelle ultime ore, la resa di 1.730 combattenti ucraini: la Croce Rossa internazionale ne ha registrato i nomi, per evitare possano sparire nel nulla.

Il timore è che i russi vogliano vendicarsi. Stanno pagando un prezzo altissimo in questa guerra. Come sempre in questi casi, le cifre sono discordanti. Secondo l’esercito ucraino, Mosca avrebbe sin qui perso circa 29mila soldati. Poi ci sarebbero 204 caccia, 168 elicotteri e 460 droni abbattuti. L’esercito di Kiev sostiene anche di aver distrutto 1.263 carri armati russi, 596 pezzi di artiglieria, 3.090 veicoli blindati per il trasporto delle truppe, 103 missili da crociera, 20 lanciamissili, 13 navi, 2.162 tra veicoli e autocisterne per il trasporto del carburante, 93 unità di difesa antiaerea e 43 unità di equipaggiamenti speciali. Una lista precisa, a cui Mosca non risponde. Fossero veri anche solo la metà di questi numeri, dicono però gli esperti, per Mosca si tratterebbe di un vero e proprio salasso di uomini e risorse.

Una guerra durissima, destinata a continuare ancora a lungo. Lo stallo militare, il mancato vantaggio raggiunto sul campo da una delle due parti, allontana ogni possibile negoziato: Mosca e Kiev vorrebbero, entrambe, negoziare da un punto di forza, che per ora non c’è. Quindi, tutto fermo, le trattative sono ufficialmente sospese. La conferma viene dai due governi. Il vice ministro degli Esteri russo, Andrei Rudenko, ha spiegato che “non è arrivata alcuna risposta alla proposta di trattato di pace presentata dalla Russia.  L'Ucraina si è di fatto ritirata dal processo negoziale". Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e capo dei negoziatori di Kiev, ha invece fatto sapere che i colloqui di pace con Mosca per la fine della crisi in Ucraina sono ''in pausa''. Ribadendo che “Kiev non è disposta a cedere alcun territorio alla Russia”.

Posizioni congelate, appunto, prive della “percezione del vantaggio” che porterebbe una delle parti ad insistere per il negoziato. E sul piano internazionale, le cose non vanno meglio. Al di là delle dichiarazioni di volontà di pace e delle discussioni sulle armi da inviare ai resistenti, l’unica vera novità è la decisione ormai definitiva di Svezia e Finlandia di entrare nella Nato. Una svolta che Biden e il segretario generale dell’alleanza, Stoltenberg, hanno accolto con grande favore. “In questo modo – ha dichiarato il segretario generale – praticamente tutti i Paesi europei e della Ue sono sotto l’ombrello della Nato”. Dopo 30anni di crisi d’identità, l’Alleanza Atlantica è tornata al centro della politica internazionale. Difficile capire, ora, cosa significherà tutto questo per gli equilibri delicati del Pianeta.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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