Turchia: un lockdown di femminicidi e violenze

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Foto: Unsplash.com

Restare a casa non è sicuro per tutti. L’aumento delle violenze domestiche in tutto il mondo dimostra quanto denunciato a inizio quarantena da tante associazioni di donne e gruppi femministi in Italia come in ogni parte del mondo. La Turchia ne è un esempio: la scorsa settimana la piattaforma We Will Stop Women’s Murder aveva denunciato 21 femminicidi in appena tre settimane.

Dall’11 marzo, inizio del lockdown in Turchia ordinato dalle autorità di Ankara per frenare l’avanzata del coronavirus, 14 donne sono state uccise tra le mura domestiche, altre sette fuori ma da persone a loro vicine, fidanzati come successo a Dilek Kaya ed ex mariti come la 46enne Hatice Kurt. Da cui la richiesta di intervenire, almeno legalmente, riavviando le attività giudiziarie nei confronti di reati simili, bloccate come quelle considerate “meno urgenti” a partire dallo scorso 13 marzo.

Eppure la Turchia è uno dei paesi che negli ultimi anni ha assistito a un incremento brutale delle violenze di genere e i femminicidi, con un presidente che ha fatto della misoginia un marchio di fabbrica, invitando le donne a stare a casa a fare figli per la patria,mentre il suo governo islamizzava una società tradizionalmente laica con finanziamenti a scuole religiose, obbligo di velo per determinati posti di lavoro e una fitta propaganda di stampo religioso.

Le conseguenze le danno i dati: nel 2018 in Turchia sono state uccise 440 donne, 477 nel 2019, il doppio del 2012. 1.760 i femminicidi dal 2014 al 2018. Istanbul, la capitale culturale del paese, ponte tra Asia ed Europa, ha visto un boom di violenze domestiche in questo periodo di quarantena: 2.493 casi a marzo 2020, il 38% in più dello stesso mese dello scorso anno quando se ne registrarono 1.804.

Nelle stesse ore di ieri, mentre la polizia di Istanbul rendeva noti i dati, al Palazzo di Vetro il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres denunciava “un terrificante aumento globale delle violenze domestiche”: “Per molte donne e ragazze, la minaccia si nascoste dove dovrebbero essere più al sicuro, nelle loro case. Faccio appello oggi alla pace nelle case e nel mondo”, ha detto ricordando che in alcuni paesi – di cui non ha fatto il nome – “il numero di donne che chiama servizi di supporto è raddoppiato”.

Raddoppia mentre la polizia e i servizi sanitari sono occupati a far fronte all’emergenza coronavirus e mentre i gruppi e le associazioni di sostegno diretto non possono operare a causa della quarantena. Da cui la richiesta di Guterres agli Stati di inserire la violenza sulle donne come priorità delle risposte al Covid-19

Chiara Cruciati da Nena-news.it

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