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Tunisia in rosa: la forza delle donne contro l’estremismo islamico
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l “Paese dei gelsomini” viene spesso raccontato con toni di tragedia: il terrorismo, la crisi turistica,la piaga dell’emigrazione. Tutto vero, ma c’è dell’altro: esso possiede risorse che lo rendono un partner credibile per impiantare i semi del liberalismo in quell’area delicata del mondo, contrastando l’espansione del jihadismo. Una su tutte: l’attivismo femminile.
Il mito. Che l’Occidente dei diritti abbia spesso guardato sospetto l’universo arabo-musulmano, soprattutto in rapporto al ruolo ricoperto dalla donna in società, non può essere negato. Così come non può essere negato, al netto di ogni contestualizzazione, che vi fosse qualche ragione in quel giudizio, pur sempre severo. Esistono, tuttavia, esempi virtuosi, che non possono essere taciuti nell’ottica di una maggiore comprensione di quei paesi, che condividono con noi il bacino del Mediterraneo. Uno di questi esempi è senz’altro la Tunisia: nazione in cui l’attivismo femminile ha ricoperto (e ricopre) una posizione di rilievo, sia in termini di diffusione che di fortuna storica. Quasi un destino, dal momento che la sua stessa fondazione viene ricollegata dal mito al coraggio e all’astuzia di una donna: quella Didone che seppe ricavare, da una pelle di bue, lo spazio per la costruzione di una nuova e fiorente città: Cartagine.
La storia. Naturalmente, l’importanza della donna tunisina, nel panorama mondiale dell’emancipazione femminile, va molto al di là: è un’avventura civile, fatta di associazionismo e progressiva acquisizione di diritti, che può costituire un faro anche per altre realtà del mondo islamico. Anche per questo, è interessante riepilogare le tappe di questo percorso di riscatto (a tratti avvincente) allo scopo di conferire una luce diversa a una civiltà ingiustamente considerata conservatrice e monolitica.
Su questa falsariga, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, occorre partire dal Corano, essendo quest’ultimo la base su cui poggia l’edificio di un’autonomia femminile imperfetta, ma pur sempre viva e dinamica. Infatti, se si considera il Libro sacro dell’Islam non come l’espressione finale e culminante di un processo culturale, ma come il punto di avvio di una ricerca, volta alla creazione di nuovi assetti spirituali e sociali, come è stato fatto dai settori più illuminati dell’intellighenzia tunisina, si può ben dire che esso celi opportunità inedite di parificazione dei sessi. Non a caso, dalla sua storicizzazione, si è ricavata la consapevolezza che esso rappresenti un momento di progresso dei rapporti di genere, se non altro nei confronti della società araba ad esso precedente: giacché conferì personalità giuridica alla donna, in un contesto in cui essa veniva considerata alla stregua di un oggetto.
E’ questo, tra le altre cose, l’assunto che permise a Habib Bourguiba, primo presidente della Tunisia libera e indipendente, di emanare, nel 1957, il celebre Codice dello Status Personale: complesso di norme fondamentali sul terreno di una piena eguaglianza fra i sessi. Un testo legislativo che, rafforzato e arricchito da una visione laica dei rapporti civili, aprì la strada ad acquisizioni rilevantissime (e allora sorprendenti), come l’espatrio senza il consenso del marito, la libera determinazione delle scelte sessuali, la possibilità di richiedere il divorzio. Un vero e proprio inno all’autonomia della donna araba: un totem (tuttora in vigore) salvaguardato dall’impegno di un associazionismo femminile dimostratosi (come detto) vitalissimo, e spesso indispensabile in tema di battaglie per i diritti. Non solo di genere.
Il presente. Infatti, molte delle conquiste menzionate non sarebbero sopravvissute all’opera del tempo, e non si sarebbero tradotte in concreta pratica quotidiana, senza la vigilanza e il pungolo di realtà come l’UNFT (l’Unione Nazionale della Donna Tunisina), associazione non governativa nata nel 1956, allo scopo di promuovere, giustappunto, il miglioramento della condizione femminile, nel lavoro e nell’ambito delle rapporti familiari. Così come non sarebbe stato possibile il perfezionamento di quella che può essere definita la terza fase del processo di emancipazione: quel riconoscimento di eguaglianza davanti alla legge “senza discriminazioni” (neppure di natura salariale), che rappresenta una delle conquiste salienti della Costituzione approvata 27 Gennaio del 2014. Come ovvio, le sfide e i rischi sono ancora molti, a fronte di un integralismo di ritorno, che minaccia, oltre ai diritti sanciti, la tenuta stessa della comunità tunisina. Tuttavia, molti passi sono stati fatti, anche dal punto di vista prettamente culturale: come segnala La Presse (il principale quotidiano del Paese), è sempre più comune la denuncia di violenze domestiche o di soprusi a danno delle donne. Un segnale importante, che costituisce un insegnamento anche per una società come la nostra, ancora drammaticamente colpita dall’odioso flagello del femminicidio. Una testimonianza puntuale dell’importanza ricoperta dal femminismo arabo.