Trovare soluzioni e strumenti per far cessare il conflitto

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Immagine: Atlanteguerre.it

Le immagini di alcune città dell’Ucraina bombardate mi riportano alla terribile visione di distruzione quando nel 1996 entravo nel centro di una spettrale Grozny, capoluogo della Cecenia. Centomila persone sono morte nei due anni di combattimenti e di massacri in quella prima guerra cecena dell’occupazione militare russa. La guerra, posso affermarlo con la certezza di quanto ho vissuto negli interventi umanitari di Intersos in molti conflitti, non risolve nulla; al massimo sposta nel tempo lo scoppio dei problemi.

La condanna dell’invasione armata dell’Ucraina da parte della Russia è totale e non può avere attenuanti o giustificazioni, così come il sostegno all’Ucraina è risoluto e inequivocabile. Anche questa guerra colpisce soprattutto le popolazioni civili ed in particolare le persone più deboli. E’ stato sempre così in questi ultimi decenni in tante aree di conflitto armato dove milioni di persone sono state colpite e dove nulla è stato risolto, fino ad abbandonare intere popolazioni al loro triste destino. E’ stata impressionante la cecità dei decisori politici che, pur sapendolo, vi hanno ricorso negli anni passati, come foglia di fico che nascondeva in realtà l’incapacità di affrontare i problemi attraverso il dialogo politico e la costante e tenace azione diplomatica.

Il 19 gennaio scrivevo sull’Atlante  che i leader politici dovrebbero riscoprire la forza potente del dialogo che dovrebbe essere alla base di ogni civile convivenza. Permette di capire le ragioni altrui, scoprendo spesso che non sono né banali né infondate. Una politica che non crede più nella forza del dialogo e nell’iniziativa diplomatica è una politica cieca, senza speranza, senza futuro. E per l’Ucraina i mesi a cavallo tra 2021 e 2022 sembravano il giusto momento. La tensione tra Nato e Russia era infatti giunta a livelli preoccupanti e pericolosi ed era doveroso aprire un dialogo negoziale, rispettoso e approfondito.

Facevo notare come l’Ucraina abbia un piede ad Ovest e l’altro a Est, in una duplice trazione verso aree sia europee che russe. Potrebbe quindi più facilmente garantire la propria unità territoriale, la convivenza tra differenti comunità linguistiche, il proprio progresso e sviluppo con ampie relazioni sia ad ovest che ad est, non diventando membro della Nato né dell’Unione eurasiatica trainata dalla Russia ma vivendo una neutralità attiva riconosciuta, aperta a rapporti politici, economici, culturali con entrambe le entità. Un’Ucraina neutrale e aperta a cooperazioni a trecentosessanta gradi potrebbe perfino rappresentare un punto magnetizzante tra Ue/Occidente e Russia, affievolendone le tensioni.

Una guerra di aggressione nemmeno dichiarata

La realtà ha preso tutt’altra direzione, quella di una guerra di invasione e aggressione senza nemmeno dichiararla. Va ricordato che questa guerra in Ucraina dura da ben otto anni, con l’annessione manu militari della Crimea da parte di Putin e gli scontri armati permanenti in Donbass. Ciò che non si è voluto fare tra gennaio e febbraio (ma in realtà negli anni tra il 2015 e oggi) occorrerà farlo in condizioni purtroppo ben diverse e svantaggiose per l’Ucraina, quando si negozierà la fine di questa guerra, sperando che non diventi ancora più distruttiva e che non conduca alla dominazione dell’intero paese. Che Putin mentisse lo si sapeva fin dall’annessione della Crimea. Ma qualcuno ha mentito all’Ucraina sulla rapida adesione alla Nato e sull’ingresso nell’Ue, favorendo così e alimentando la tensione, senza visione strategica chiara...

L'articolo di Nino Sergi Nino Sergi, presidente emerito di INTERSOS e policy advisor di LINK 2007 segue su Atlanteguerre.it

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