Thailandia: Amnesty chiede indagini sulla morte dei dimostranti

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Amnesty International ha chiesto nei giorni scorsi al governo thailandese di aprire un'indagine imparziale sulla morte di almeno 84 dimostranti nel sud del paese. Secondo fonti ufficiali, 78 persone sono morte soffocate dopo essere state tratte in arresto, e almeno altre sei a causa delle ferite da arma da fuoco riportate durante una manifestazione del 25 ottobre scorso quando almeno 3000 manifestanti si erano radunati di fronte alla stazione di polizia del distretto di Tak Bai per chiedere la scarcerazione di loro parenti, impiegati nelle strutture volontarie di difesa dei villaggi, detenuti per il sospetto di aver passato armi a gruppi di insorti.

Dopo che il governo thailandese lo scorso gennaio ha introdotto la legge marziale per controllare le sommosse islamiche nel sud del Paese, sono state numerose le segnalazioni di violazioni dei diritti umani. E si teme che l'annuncio della morte in prigionia dei detenuti, possa tornare a scatenare le rivolte islamiche nel sud del Paese - riporta l'agenzia Ips. Un fatto che ha portato il Primo Ministro Tailandese, Thaksin Shinawatra, ad annunciare un'inchiesta sulle morti. Fin'ora il Premier thailandese aveva difeso le forze dell'ordine affermando ripetutamente che la polizia avrebbe usato un "approccio morbido". Anche la stampa thailandese aveva duramente criticato il premier per la sua scelta di difendere ad oltranza le forze dell'ordine.

"Le denunce secondo cui le autorità avrebbero agito con un uso eccessivo della forza devono essere oggetto di un'inchiesta immediata. Questa dovrà riguardare anche le circostanze in cui almeno 78 persone sono morte per soffocamento dopo essere state tratte in arresto in modo inumano. I responsabili dovranno essere sospesi dal servizio in attesa dei risultati dell'inchiesta e sottoposti a processo" - ha dichiarato un portavoce di Amnesty International.

Il 25 ottobre almeno 3000 manifestanti si erano radunati di fronte alla stazione di polizia del distretto di Tak Bai, nella provincia di Narathiwat, insieme a un gruppo di persone che reclamavano la scarcerazione di loro parenti, impiegati nelle strutture volontarie di difesa dei villaggi, detenuti per il sospetto di aver passato armi a gruppi di insorti. Pur riconoscendo il bisogno delle forze di sicurezza di difendersi in caso di attacco, Amnesty International sollecita il governo della Thailandia a garantire che esse usino la forza solo quando strettamente necessario, in modo proporzionale alla gravità della minaccia e con l'obiettivo di preservare la vita umana, come stabilito nel Codice di condotta dell'Onu per le forze dell'ordine.

Amnesty International ha chiesto inoltre di assicurare che le 1300 persone che sarebbero state arrestate, sulla base della legge marziale, dopo gli incidenti abbiano immediato accesso ad avvocati, familiari e assistenza medica e che non siano sottoposte a trattamenti o pene crudeli, inumani e degradanti.

L'organizzazione per i diritti umani, infine, rinnova la richiesta di un'indagine indipendente su altri casi di possibile uso eccessivo della forza nella repressione di rivolte violente nelle quattro province meridionali del paese, tra cui l'episodio del 28 aprile di quest'anno, quando oltre cento persone sospettate di aver attaccato postazioni della polizia vennero uccise dalle forze di sicurezza.

Negli ultimi due anni, 17 attivisti per la difesa dei diritti umani sono stati uccisi o sono "scomparsi" durante la prigionia. [GB]

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