SindacalistƏ

Stampa

Immagine: Google.com

La schwa logora chi non ce l’ha. E, soprattutto, chi non la vuole. È necessario, infatti, un piccolo correttivo alla massima attribuita a Talleyrand e invocata poi da Giulio Andreotti e Licio Lucchesi (nel Padrino Atto III), poiché la schwa – a differenza del «potere», nella formulazione originale della battuta – non rappresenta, al momento, alcuna forza egemonica. Si tratta, piuttosto, di una sperimentazione linguistica – come nella proposta originale della sociolinguista Vera Gheno, avanzata nel libro Femminili singolari (effequ 2019) – che si potrebbe inserire a pieno titolo nella storia delle trasformazioni e rivoluzioni cui può andare incontro una lingua. Una proposta, dunque, che può essere a propria volta superata, come ha più volte ribadito la stessa Gheno. 

Non ora, però: attualmente questa sperimentazione raccoglie attorno a sé un certo grado di consenso e, quindi, di elaborazione teorica e prassi militante, ma è lontana dall’imporsi nell’uso corrente. Potrebbe forse trattarsi, allora, di «ideologia», ma a quel punto il rischio è di invocare qualcosa di simile all’«ideologia del gender» (l’infelice e assai maliziosa espressione riportata in auge dalla polemica sul DdL Zan, decostruita, per fare soltanto uno fra molti esempi, qui) e di pervenire a un inutile irrigidimento delle posizioni, invece di affrontare con più attenzione i processi storico-economici che stanno alla base della produzione e riproduzione di questa, come di altre, «ideologie».

In questo contesto, è allora possibile ribadire, in tutta tranquillità, che la schwa logora chi non ce l’ha e non la vuole. E che ciò accade in un frangente storico preciso, visto che, per fare un esempio, non risultano discussioni altrettanto accese all’indomani della proposta di Alma Sabatini, nelle Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana presentate alla  Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna nel 1987, di sostituire il maschile sovraesteso («cittadini» per indicare sia maschi che femmine) con il femminile sovraesteso («cittadine» per riferirsi sia alle femmine che ai maschi). Accantonando le difese a oltranza della sacralità della lingua italiana, ci sembra interessante soffermare l’attenzione su chi ha inteso, sui giornali o nelle bolle social che moltǝ di noi conoscono, contrapporre la proposta della schwa alla sempre più confusa selva benaltrista dei «problemi più urgenti»...

L'articolo di Lorenzo Mari e Franco Palazzi segue su Jacobinitalia.it

Ultime notizie

La Sicilia ha sete

18 Settembre 2025
La Sicilia ha sete, e non da poco tempo. (Rita Cantalino)

L’inizio dell’offensiva terrestre israeliana e l’esodo di massa da Gaza City

17 Settembre 2025
Israele conferma che l’offensiva ha provocato un esodo senza precedenti. (Giacomo Cioni)

Dossier/ Materie prime critiche (4)

17 Settembre 2025
Oltre a quelli ambientali, l’estrazione di minerali critici comporta una serie di impatti diretti sulla vita di diversi gruppi vulnerabili. (Rita Cantalino)

Il blocco del porto di Trieste

16 Settembre 2025
Il blocco del porto di Trieste contro le armi per Israele e per l’applicazione del Trattato di pace. La mobilitazione di USB. (Laura Tussi)

L’E-Mobility in stallo?

15 Settembre 2025
La mobilità elettrica potrebbe scaricarsi: colpa di costi, filiere e infrastrutture. (Alessandro Graziadei)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad