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Serbia: contraddizioni sul rispetto dei diritti umani
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Il Ministro degli esteri della Serbia e Montenegro, Goran Svilanovic il 3 marzo scorso ha sottoscritto presso il Consiglio d'Europa la Convenzione sulla salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali.
"Un segnale positivo" - afferma Luka Zanoni dell'Osservatorio sui Balcani - "se non fosse per alcune questioni interne ancora irrisolte. Ad esempio alla vigilia dell'accoglienza nel Consiglio d'Europa, l'allora ministro della difesa Vladan Batic, non esitò ad invocare la riammissione della pena di morte. Buona parte dei cittadini della Serbia è infatti favorevole a quest'ultima".
Zanoni ricorda inoltra la reticenza in Serbia ad affrontare i crimini commessi durante gli anni '90 e l'allergia a collaborare con il Tribunale dell'Aja. "La collaborazione con la giustizia internazionale è stata ad esempio messa all'ultimo posto dell'agenda politica del nuovo governo".
Di queste incongruenze si è accorta anche l'organizzazione internazionale Amnesty International, la quale ha sollevato delle riserve sul rispetto dei diritti umani in Serbia. Nel rapporto di Amnesty sulla Serbia e Montenegro viene sollevata una certa preoccupazione per via del fatto che la Serbia e Montenegro non sembra rispettare gli impegni relativi alla consegna degli accusati dal Tribunale dell'Aia, ma anche perché vengono condotte torture da parte della polizia e perché un pessimo trattamento viene riservato ai detenuti malati. Amnesty International ha invitato il Consiglio d'Europa a far sentire la propria influenza sulla Serbia e Montenegro al fine di far rispettare gli obblighi riguardanti i diritti umani.
Anche le ONG serbe in questi giorni hanno detto la loro. Le rappresentanti delle "Donne in nero" hanno richiesto al parlamento la consegna al tribunale dell'Aia di tutti i suoi accusati. Le "Donne in nero", a nome di 70 ong della Serbia e Montenegro, hanno lanciato la campagna "Non nel nostro nome, non con i nostri soldi" con la quale si richiede che ai reclusi nel carcere internazionale e alle rispettive famiglie non vengano pagate le spese legali col denaro statale. [DS]