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Rohingya e respingimenti: aria nuova?
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Il Presidente degli Stati Uniti ha organizzato un incontro intitolato ‘Summit dei Leader sui Rifugiati’ secondo le prospettive dell’Assemblea Generale degli Stati Uniti presso la Camera di Consiglio per la Sicurezza Fiduciaria del quartier generale ONU la scorsa settimana. Erano presenti il Ministro degli Esteri AH Mahmood Ali, il Primo Segretario del Premier Md Abul Kalam Azad e il Segretario al Ministero degli Esteri Md Shahidul Huq. In Precedenza il Primo Ministro aveva fatto parte del pranzo di lavoro tenuto dal Segretario generale Ban Ki-moon al Palazzo delle Conferenze del quartier generale delle Nazioni Unite.
Si va instaurando quindi – questa almeno sembrerebbe la speranza – un clima diverso nelle relazioni tra Bangladesh e Myanmar parecchio conflittuali finora nella gestione dei rifugiati e che va avanti da anni a fasi alterne e che – soprattutto negli ultimi mesi – andava esacerbandosi a causa di sbarchi di rifugiati provenienti dal Myanmar e che vengono quasi sempre contestati dal Bangladesh e respinti o rispediti verso il Myanmar stesso. Solitamente il Myanmar li definisce ‘bengalesi’ ed il Bangladesh li considera molto più semplicemente rifugiati o tentativi illegali di entrare nel territorio del Bangladesh, il più delle volte – invece – si tratta di Rohingya, respinti e inseguiti un po’ da tutti nelle acque tra Myanmar, Thailandia, Bangladesh e che non riescono a trovare punto di approdo – almeno temporaneo – dove poter sopravvivere. Pur chiedendo semplicemente di poter vivere pacificamente nelle terre dove sempre hanno abitato.
Per le Autorità del Bangladesh – accusate di respingere con crudezza e atteggiamento semplicistico i rifugiati Rohingya provenienti dal Myanmar – la situazione ha avuto un recente momento molto difficile agli inizi di Aprile 2016, tanto che il Myanmar ha dovuto pubblicamente respingere una affermazione ufficiale rilasciata pubblicamente da parte delle autorità di controllo delle frontiere nel vicino Bangladesh che avevano in quel mese deportato almeno 340 musulmani Rohingya – senza alcuna resistenza della controparte del Myanmar.
Zaw Htay, ex portavoce dell’Ufficio degli uffici del Premier del Myanmar, ha affermato in quel frangente che il suo ufficio non aveva sentito nulla del caso e che – in ogni caso – le guardie di frontiera del suo Paese non avrebbero avuto alcuna autorità per accettare Rohingya senza consultarsi previamente con il presidente. In quel caso, i diplomatici esperti della questione nell’area, hanno affermato che l’afflusso di Rohingya dal vicino Stato di Rakhine ha avuto inizio negli anni ’70, ma ha avuto la sua vera e propria esplosione nel 1992 e nel 2012, quando migliaia di Rohingya avevano variamente attraversato il confine per fuggire dalla violenza religiosa. Anche se il numero dei rimpatriati è molto piccolo rispetto al numero enorme di Rohingya illegali che vivono in Bangladesh, questo rimpatrio è significativo. Ma si deve ancora aspettare per vedere se questo è accaduto a causa del cambiamento di governo in Myanmar o per altri fattori. Alcuni affermano infatti che bisogna valutare se vi stato un cambiamento di atteggiamento delle guardie frontaliere del Myanmar, per il quale si consente – in un qualche modo – di superare con meno difficoltà il confine col Bangladesh diversamente da quanto accaduto nel passato, quando i Rohingya venivano bloccati e fatti oggetto di restrizione in aree frontaliere in campi di accoglimento che si sono fatti sempre più estesi, ancorché privi di ogni tipo di struttura atta all’assolvimento dei bisogni di sfollati e rifugiati. L’operato di raccolta e rimpatrio attuato dalle guardie frontaliere del Bangladesh in effetti sembrerebbe abbia ridotto il numero di attraversamenti del confine e di sbarchi illegali da parte di rifugiati provenienti dal Myanmar e diretti verso il Bangladesh. Poiché ad aprile scorso ben 340 Rohingya sono sbarcati in un sol colpo in Bangladesh, da qui è nato il dubbio su una variazione più lassista da parte delle guardie frontaliere del Myanmar che concederebbero qualche chance in più di poter sfuggire verso il Bangladesh. In ogni caso, si è verificato che -quand’anche il Myanmar lasci andare i Rohingya verso il Bangladesh è molto più severo e duro nel respingerli quando si cerca di rimpatriarli in Myanmar.
Francesco Tortora
Fonte: lindro.it