Quel filo che lega Silvia ai medici, operatori sociali e volontari anti Covid

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Foto: Unsplash.com

Il momento in cui sai che qualcuno è stato liberato dopo un lungo sequestro, che ti ha coinvolto perché sai che fino all’ultimo tutto rimane incerto, è la fine di una tensione depositatasi nei tuoi sentimenti ed è lo sfogo di qualche lacrima di commozione, incontenibile per qualche minuto. È sempre stato così nei sequestri di persona che mi è capitato di seguire in due decenni di interventi umanitari in Paesi difficili.

Ben tornata Silvia. Una notizia che è il più grande regalo che poteva essere fatto a tua madre per la festa della mamma, a tuo padre, ai tuoi famigliari che, pur nella sofferenza, non hanno mai dubitato del tuo ritorno. Così come le tue amiche e i tuoi amici milanesi, quelli del Trotter in particolare, che hanno spesso organizzato eventi per ricordarti. Siamo in tanti a volerti riabbracciare.

Molti giornali hanno scritto su di te. Era un modo per farti sentire la voce e l’affetto che avevi suscitato in Italia, con il tuo sorriso, il tuo entusiasmo e la tua passione nel donarti ai più bisognosi. Angelo Ferrari ha scritto un libro su quanto ti è accaduto e recentemente è passato a Chakama: per ‘esserti vicino’, rappresentando tanti di noi, anche se sapevamo che eri ben lontana.

La linea del silenzio istituzionale ha funzionato. È quella giusta, sempre. Anche se avremmo desiderato che ogni tanto ci fossero ripetute le parole sussurrate alcuni mesi fa “Silvia è viva”. Meritano il nostro grazie le istituzioni che hanno, con capacità e prudenza, saputo giungere a questo splendido risultato. Avevamo la certezza che, anche se in modo invisibile e silenzioso, stavano lavorando per portarti a casa.

Diciotto mesi sono tanti. Ora toccherà a tutti noi lasciarti il tempo necessario per riprenderti, per stare con i tuoi, con chi pensi ti possa ridare fiducia e forza. Anche i media dovranno rispettare questo tuo momento. Sarai tu a decidere quando vorrai ricevere, magari al Trotter quando il Covid lo permetterà, i nostri abbracci, forse virtuali, ma sentiti.

Il senso di umanità, generosità e dedizione ai più bisognosi, che tu e tanti giovani come te e anche tanti meno giovani avete scelto di vivere, rende l’umanità più bella, più solidale, più ricca, più vivibile. È lo stesso spirito che ha animato e dato forza ai tanti medici, infermieri, operatori sociali, volontari, amministratori che in questi due mesi non hanno risparmiato nulla nel soccorrere e nel donarsi e che è stato apprezzato da tutti. Il tuo ritorno si unisce a questo mondo di generosità. Grazie.

Nino Sergi da Vita.it

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