Qual è la vera ricchezza di un paese?

Stampa

Credo sia importante cercare di rispondere a una domanda tra tante: perchè tanti Europei e Nordamericani, giovani e meno giovani, hanno interesse a trasferirsi in un paese come il Guatemala? Bene. Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un coraggioso sondaggio promosso dal Sole 24 Ore che proponeva una classifica dei paesi per la qualità della vita condotta dai suoi abitanti, a prescindere dal PIL. L’inchiesta si basava su una serie di quesiti di ordine generale, rivolti vari segmenti delle popolazioni, da cui si traevano gli spunti per creare dei profili di benessere quotidiano nazionali. Si trattava di esperienze quindi, non di indicatori ufficiali. La classifica dava i cittadini del Paraguay come i più soddisfatti della propria qualità di vita, mentre al quarto posto il lettore trovava proprio il Guatemala. Ora, tralasciando il presupposto velatamente utopistico dell’inchiesta, probabilmente ognuno di noi, chiamato a farlo, stilerebbe una classifica diversa, ricamata sulla propria esperienza personale (un immaginario giro del mondo, in qualcosina più di 80 giorni). Perchè la natura stessa dell’argomento è molto sensibile ai soggettivismi. Tuttavia, c’è sempre un fondo di verità che viene a galla, anche in questi casi. È pur vero che paesi come il Guatemala sono divorati dalla povertà e perseguitati da problemi di risonanza mondiale, che fanno storcere il naso anche dall’altra parte del mondo. Ma è altrettanto vero che la maggior parte della gente si accontenta di molto meno per definirsi “felice”, rispetto a un occidentale. Le persone possiedono uno stile di vita più semplice, e il loro motto potrebbe essere riassunto in un laconico: meno si ha e più si apprezza ciò che si ha.

Non sorprende quindi che in cima alla classifica si trovino tutti paesi emergenti, i cui sistemi politici sono spesso traballanti, e le cui economie presentano certamente falle consistenti. D’altro canto, però, i suoi abitanti hanno imparato a convivere con questi limiti, che saggiamente tendono ad allontanare dalle loro tavole da pranzo e neutralizzare con le piccole grandi felicità che la vita gli regala.

Il Guatemala ha il potere di insegnare tante cose a un visitatore. Viviamo in un’epoca in cui il dato dello stato di salute di un paese non è più riflesso nell’indice di ricchezza economica, espresso dal PIL. Si tratta ormai di un fatto assodato, che trova il consenso delle istituzioni, dei mercati, addirittura dagli organi più accaniti del neoliberismo. Celebri le critiche dei premi Nobel Paul Samuelson, o dei più recenti Amartya Sen e Joseph Stiglitz, ambedue autori di statistiche alternative, nonchè delle due testate economiche più famose al mondo, il Wall Street Journal e il Financial Times, quest’ultimo che parlava di come il PIL fosse diventato un’ossessione globale. Altro non è che un’invenzione recente, una convenzione strumentale voluta e imposta da una squadra di burocrati, supportata da una marea di economisti. Un’astrazione statistica che, oltre ad essere imprecisa, non considera determinati aspetti della società, come l’istruzione, la qualità delle cure mediche, le condizioni dell’ambiente, la serenità e la sincerità delle persone; non misura la bellezza dell’arte, la solidità dei rapporti familiari, l’intelligenza del dibattito pubblico o l’onestà dei suoi esponenti. Ciò che include invece sono le sigarette, le spese per gli incidenti stradali, gli antifurti, la distruzione delle foreste, le armi di distruzione di massa, le forze dell’ordine per combattere le rivolte nelle nostre città, i programmi televisi che incitano alla violenza e diseducano i nostri figli. In sistesi, citando le parole di una personalità come Bob Kennedy: “il PIL misura tutto, eccetto quello che rende la vita degna di essere vissuta”.

Chi trae vantaggio da un PIL molto alto? Il Guatemala cresce stabile a un tasso annuale medio del 3,60% circa dal 2002 (4,80% il primo trimestre 2015), mantiene un’inflazione sistematicamente inferiore e le previsioni sono altrettanto positive. Ciò che risulta meno positivo invece sono le facce dei lavoratori guatemaltechi di fronte ai propri salari minimi. Difficile spiegargli il progresso economico quando vedono cambiare un numero all’interno dei conti dello Stato, però ancora non lo vedono nelle proprie buste paga, quei pochi che ne ricevono formalmente una. Questo a pesare sul fatto che un paese va visto e vissuto, vanno esplorate le sue case, compresi i suoi sentimenti. Che la Cina presto riesca a superare gli Stati Uniti o che il Brasile sia la prima economia Latinoamericana conta molto relativamente. Probabilmente è giunto il momento di adottare altri tipi di indicatori, che guardino meno ai meri aggregati di spese nominali, e indaghino maggiormente sul benessere delle persone e dei ceti meno abbienti. Credo che anche da parte degli investitori stranieri debba affermarsi questo tipo di sensibilità volta a procurare maggiore salute sociale e ambientale a una comunità, a fianco al valore economico. Vogliamo davvero che negli anni a venire paesi come il Guatemala crescano sul modello di ispirazione capitalistica statunitense, o nella frenesia e totale assenza di tutela del paesaggio che hanno attraversato molti paesi industrializzati a suo tempo? Io non credo.

La buona notizia è che si stanno sviluppando indicatori ben più completi e accreditati. Utile quello elaborato dallo stesso Amartya Sen per le Nazioni Unite, chiamato Human Development Index (indice dello sviluppo umano), che di fatto arricchisce il PIL misurando, tra il resto, la qualità della salute e dell’istruzione. Ma perchè lo HDI non riceve abbastanza attenzione? Perchè il suo uso è fondamentale soprattutto per le categorie più povere. La popolazione ricca s’interessa di più del PIL perchè è lì che si concentrano i loro massimi benefici. Usare statistiche alternative significa anche dirottare l’attenzione sulle ONG, sulla cooperazione e il terzo settore, di cui quasi non si parla.

Vi sono poi altri studi come quello promosso dall’ONU, chiamato World Happiness Report, che mira a ordinare i paesi del mondo per “felicità interna lorda”, o il Genuine Progress Indicator, che misura lo sviluppo economico integrando nella somma dei ricavi generati a livello nazionale anche i fattori ambientali e dunque i costi legati al consumo delle risorse naturali. Forse, però, il più rigoroso è l’indicatore che prende il nome di Social Progress Index (indice di progresso sociale), promosso dalla non profit Social Progress Imperative, che racchiude in un’unica macro-misura componenti di performance sociale e ambientale, sintomatici dello sviluppo di benessere di una nazione. La differenza rispetto ai precedenti è che il SPI tiene traccia direttamente dei risultati sociali e ambientali raggiunti da una nazione, più che di fattori esclusivamente economici, e può essere letto in sostituzione degli altri indicatori.

In sintesi, pare che si sia imboccata la strada giusta, anche se c’è sempre il rischio di una moltiplicazione feroce di questi indicatori, spesso ridondanti, che non fanno altro che bombardare il lettore di dati, fornendogli informazioni poco chiare e pratiche. O peggio, esponendolo a delle falsità. Mai dimenticarsi dei danni causati da dati falsi, soggettivi, mal interpretati, mal selezionati, o ahimè dalla sovrabbondanza di dati. In ogni caso, il punto fondamentale è che il mondo non è fatto solo di mercificazione monetizzabile ma, soprattutto, di persone e capitale intangibile sociale che detta il vero status di un paese, e lo rende più o meno vivibile rispetto ad altri. Sennò perchè una persona di un paese “sviluppato” avrebbe interesse ad andare a vivere in Guatemala?

Il fascino di vedere un mondo più autentico, i pensieri che si celano dietro il sorriso di una famiglia, di una signora intenta a tessere una tela per sua figlia, di un agricoltore felice di accoglierti nella sua terra, sono insegnamenti che, credo, mettano tutti d’accordo. Sono anche i piccoli gesti che, indipendentemente dai numeri, alla fine, ti rendono orgoglioso di far parte di un popolo.

Marco Grisenti

Ultime notizie

Mio fratello Ibrahim

20 Settembre 2025
Un pellegrinaggio sui campi da rugby italiani, con lo scopo di condividere e raccontare le capacità riabilitative, propedeutiche e inclusive della palla ovale. (Matthias Canapini) 

Il Punto - Si muore nel silenzio

19 Settembre 2025
I palestinesi sono soli, entriamo nel giorno 1.303 dall’invasione russa in Ucraina, e altrove, si muore nel silenzio dei media. (Raffaele Crocco)

La Sicilia ha sete

18 Settembre 2025
La Sicilia ha sete, e non da poco tempo. (Rita Cantalino)

L’inizio dell’offensiva terrestre israeliana e l’esodo di massa da Gaza City

17 Settembre 2025
Israele conferma che l’offensiva ha provocato un esodo senza precedenti. (Giacomo Cioni)

Dossier/ Materie prime critiche (4)

17 Settembre 2025
Oltre a quelli ambientali, l’estrazione di minerali critici comporta una serie di impatti diretti sulla vita di diversi gruppi vulnerabili. (Rita Cantalino)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad