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Progetti ai confini dell'ISIS
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Lo scopo del mio recente viaggio, raccontato puntualmente su Unimondo, è stato quello di valutare alcuni progetti promossi da IPSIA del Trentino (e non solo) in tre paesi del west Africa: Mali, Burkina Faso e Benin. Anticipando di pochi giorni la visita della Merkel.
Il 23 settembre andiamo a visitare il villaggio SOS a Sanankoroba nella periferia est della capitale Bamako su suggerimento di alcune maliane che vivono a Trento. Un buon progetto, ben curato. 15 mamme accudiscono in 15 case una decina di bimbi ciascuna che sono stati abbandonati o orfani anche di parenti lontani. Il neo direttore ne racconta i successi…e nasconde gli insuccessi. Mi sorprende l’eccesso di ordine: un po' troppo per essere in Africa. Portiere presente, cortile pulito, capanna reception con cesto di frutta fresca, casette impeccabili. Tutto bello...ma poi? Mi domando cosa accadrà quando i ragazzi compiono la maggiore età. Riusciranno a metter su famiglia e casa a quello standard di vita?
Preferirei vedere ancor maggior sobrietà al fine di facilitare l'integrazione futura ma è più facile a dirsi che a farsi.
In serata, presso l'albergo di Bamako, mi raggiunge il fratello di Sofala, l'imprenditore maliano che a Trento ha aperto un negozio etnico - all'ombra del Baobab. Ogni volta che scendo a quelle latitudini parto vuoto e torno pieno. L'artigianato che si vede sul loro profilo facebook è frutto del mio ultimo trasporto. Ogni volta rischio una super multa ma, per fortuna, al check in chiudono un occhio se non due.
Il 24 settembre si parte per Mopti (la Venezia maliana) e Sevarè ove c'è l'Hotel de la Paix. Facciamo una piccola deviazione poco prima per Djenne – la città e la civiltà africana più antica d'Africa - e dove impera intatta la moschea di terra più grande al mondo. Questa cattedrale viene spesso richiamata nella presentazione de la “stufa che cova le uova” sperimentata in primis in Kenya in quanto la stufa in terra rossa si decompone con l'uso e con il tempo e, parimenti le cattedrali in terra, può essere facilmente ricomposta con fango e terra rossa.
L'ISIS avrebbe voluto demolire anche queste cattedrali, patrimonio dell'Unesco, in quanto hanno un'architettura “fallica” che richiama la fecondità della donna e la virilità dell'uomo. Insomma peri gli oltranzisti, una bestemmia. In realtà si tratta della cosa più naturale al mondo che proviene da una forte tradizione animista che si è inculturata con la religione islamica.
Fortunatamente interventi militari esterni e la Corte Penale Internazionale, con una sentenza storica, condannò proprio in quei giorni il jihadista responsabile della distruzione dei mausolei patrimonio Unesco di Timbuctù Monsieur Ahmad Al Mahdi Al Faqi che ho avuto modo di conoscere l'anno precedente a Bamako durante la conferenza di pace.
Il 25 settembre raggiungo Mopti e visito, finalmente ed a sorpresa, l'Hotel de la paix che ricordo dovrà ospitare ragazze che scappano dagli affiliati del gruppo Stato Islamico. Questi ultimi, infatti, sia a Gao che a Kidal com ein tanti stati del west Africa stanno chiudendo le scuole superiori alle giovani non permettendo loro di studiare.
Questo piccolo Hotel vorrebbe dare ad alcune di loro – sempre troppo poche - un po' di conforto e riparo per studiare in loco e non prendere la via della migrazione ove si rischia la vita. Prima nel deserto e poi in mare.
L'hotel, purtroppo, è abusivamente abitato da “giovani ragazze” che vi hanno trovato riparo in attesa dell'impresa costruttrice. Abbiamo dovuto rimetterle in strada per far entrare l'impresa costruttrice che in questi giorni sta iniziando la ristrutturazione. (in cooperazione si è costretti a scelte a volte dolorose ma i progetti ed i programmi scritti con la controparte vanno, per quanto possibile, rispettati).
Poco distante dall'Hotel vi sono le suore operaie burundesi e italiane con le quali avevamo realizzato la prima scuola alberghiera del Burundi. Abbiamo loro chiesto se possono controllare i lavori di ristrutturazione dell'Hotel de la paix. (In cooperazione fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio).
Do ut des. Le stesse c' informano che sono impegnate per decine di ragazzine dai 9 agli 11 anni che convergono dai villaggi limitrofi verso Mopti/Sevarè per fare le “servette” (e speriamo si fermino ai lavori di casa) ai signorotti locali. Nei week end trovano riparo, un minimo d'istruzione (leggere e fare di conto) ed un vitto presso le suore che in futuro potrebbero necessitare di un dormitorio con annesso refettorio dentro la proprietà della diocesi. Prendiamo nota.
A Mopti vengo a scoprire che c'è un vivaio di piante per la produzione di gomma arabica. Trovo la cosa molto interessante ed ho la fortuna di parlare con uno dei produttori. Egli afferma che è un buon business in quanto la gomma arabica è una gomma naturale nota anche come gomma di acacia in quanto estratta da due specie di acacia subsahariana: Acacia senegal e Acacia seyal. Come quasi tutte le gomme e le resine di origine vegetale, è prodotta per rimarginare un vulnus (ferita) alla propria integrità superficiale.
Il produttore m'informa che la pianta è molto utile sia per la riforestazione che per fermare l'avanzata del deserto. Informo immediatamente il progetto Tree is Life in Kenya che i lettori di Unimondo conoscono molto bene. Non ne erano a conoscenza ma scopro da internet e dal mio collaboratore Giuliano Rizzi (desk a Trento) che anche in Karamoja – Uganda la stanno sperimentando con successo. (In Africa è più utile copiare l'un l'altro che esportare idee dal nord. Uno sviluppo più endogeno che esogeno.)
Il giorno 26 alla volta di Yassing per verificare, dieci anni dopo, la bontà della “scuola di Yassing”. I progetti, infatti, vanno valutati a distanza e non a breve termine. Attraversiamo di corsa la falesia di Bandiagara. L'accoglienza è stata festosa non solo in quanto avevamo costruito la scuola ma soprattutto perchè avevamo portato due camion di riso ad inizio della guerra e concomitante carestia. (non avete mai notato che le sfortune vengono sempre assieme?)
(Do ut des 2. Non avremmo mica organizzato tutta questa accoglienza per niente) A Yassing chiedono di potenziare l'illuminazione con lampioni dislocati sia nel villaggio che nel compound della scuola. Si ipotizza d'importare il lampione già allocato in quasi tutte le strade del Benin in Mali in quanto non ha la centralina a portata di uomo (e di vandalo).
Il 27 settembre partiamo per l'ospedale di Tanguieta in Benin. Dobbiamo attraversare tutto il Burkina Faso in jeep. Per fortuna oltre all'amico Dolò c'è anche un autista che lo alterna nella guida. Facciamo tappa nella capitale Ouagadougu. Purtroppo questa capitale ha conosciuto un attentato ad inizio anno che ha coinvolto anche un esercizio italiano frequentato da giovani “Le Capuccino”. Parimenti Bamakò la capitale del Mali ha visto i flussi turistici interrompersi. Provate ad immaginare una Venezia o una Roma senza turisti.
Qui incontriamo uno dei tanti Thomas che ci fa da guida. Il suo nome viene da Sankara morto ammazzato nell'ottobre di 29 anni fa da Blaise Compaoré cacciato a furor di popolo giusto un anno fa. Tutti gli studenti di relazioni internazionali conoscono i discorsi di Sankara sul riscatto africano, sul rifiuto di riconoscere un debito impossibile e sulla cooperazione internazionale di cui beneficiano più i donatori. La gente di Ouagadougou lo adorava tant'è che mettevano il suo nome al figlio maschio come Napoli, negli stessi anni, fu infestata da Diego o Armando ai tempi di Maradona - El Pibe de Oro.
Ebbene Thomas ci narra “la grande menzogna” dei suoi coetanei che emigrano in Europa e che sono costretti, in una follia collettiva, a postare foto di appartamenti rubate da internet, auto e motociclette di marca. Come se i centri di detenzione fossero degli eldoradi. Ciò incentiva i propri compagni a raggiungerli indebitando non poco le famiglie. Un circolo vizioso che impoverisce l'Africa ed appesantisce l'Europa. I media parlano di lro ma non parlano di noi che rimaniamo cercando di districarsi tra mille lavori.
Il mattino seguente si riparte per il Benin e ci si ferma solo per fare il pieno ed una soda. Nei ristoranti servono il topo arrosto. Ed il 28 settembre arriviamo all'Ospedale di Tanguieta per valutare l'acquisto della prima TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) collegata in telemedicina.
Si tratta di un'innovazione importante che bypassa la radiologia classica come il cellulare ha bypassato, in Africa, la telefonia fissa addirittura con servizi bancari che in Europa sono sconosciuti. Veniamo a sapere che proprio davanti all'ospedale passa la fibra ottica; guarda caso per scopi militari. L'occasione è convincere le autorità che è possibile, grazie ad un piccolo innesto, implementare la prima TAC in telemedicina del west Africa. L'ospedale del Fatebenefratelli, infatti, serve il Niger, Benin, Burkina, Togo e Mali.
La radiologia, purtroppo, è fornita da apparecchiature quasi tutte non funzionanti ed ingombranti tra le quali una stampante lastre non funzionante. Sono tutte donazioni di un ospedale italiano ed erano in parte già non funzionanti in Italia. La TAC che vorremmo acquistare sarebbe nuova e certificata.
Non serve essere esperti di “cooperazione internazionale” per comprendere come l'Africa non può più essere usata come discarica. Questo è fonte di sprechi per smontaggio, trasporto su nave e su camion e rimontaggio di apparecchiature che sono vetuste. Peraltro anche la mobilia degli ospedali africani deve essere costruita in loco ma sono ancora molti gli ospedali in terra subsahariana che si avvalgono dei letti dismessi e degli armadietti inviati a prezzi assurdi appositamente dall'Europa. L'ospedale è non solo un fine ma anche un mezzo per creare economia sul territorio e questi trasporti transnazionali sono sempre più senza senso. Ma nonostante tutto l'ospedale di Tanguietà è un fiore all'occhiello. Tipicamente afro. Ove i parenti dormono dentro e fuori l'ospedale e preparano da mangiare ai propri cari ricoverati. Vige l'autarchia e chi non può pagare in denaro lo fa in natura tant'è che il pollaio è affollato. I farmacisti confezionano l'e-pap (miscela di farine africane ricche di vitamine e sali minerali) che riabilitano in modo incredibili i bambini denutriti ad un costo che è pari ad un quinto di quelle che le holding vendono all'Unicef. Riempio lo zaino con alcuni sacchetti per malati terminali in Europa che ne hanno fatto richiesta. (Più cooperazione di così?)
Il viaggio si conclude a Cotonou ove abbiamo incontrato Fra Fiorenzo Pierli che è dovuto recarsi alla capitale invitato dal Ministro della Sanità sia del Benin che del Togo. L'ospedale di Tanguieta è infatti un'eccellenza non solo in ambito nazionale. Il Ministro della Sanità del Benin è stato allievo di questo ospedale e medico praticante e fra Fiorenzo il suo maestro. Purtroppo Fra Fiorenzo ha il tempo contato. Lo troviamo stanchissimo parimenti molti cooperanti “salvatori” che ancora abitano in Africa. Hanno dato molto ma non hanno ancora imparato a riposare e “darsi il tempo”.
Torniamo in Italia ed apprendiamo che vengono liberate 21 delle 219 ragazze rapite da Boko Haram in Nigeria, ai confini con il Benin. V'è motivo per sperare e per aiutare chi resiste.
Fabio Pipinato

Sono un fisioterapista laureato in scienze politiche. Ho cooperato in Rwanda e Kenya. Sono stato parte della segreteria organizzativa dell'Unip di Rovereto. Come primo direttore di Unimondo ho seguito la comunicazione della campagna Sdebitarsi e coniato il marchio “World Social Forum”. Già presidente di Mandacarù, di Ipsia del trentino (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) e CTA Trentino (Centro Turistico Acli) sono l'attuale presidente di AcliViaggi. Curo relazioni e piante.