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Piccolo Atlante di una Pandemia (settembre 2021)
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Immagine: Atlanteguerre.it
Come sarà il Mondo dopo questa pandemia? La domanda ce la siamo posta continuamente, in lungo tempo di confronto con il virus. Resta comunque attuale, necessaria. La risposta, però, appare complessa, difficile, più simile ad una divinazione, che ad una tesi scientifica.
Venti mesi dopo l’avvio di questo dramma globale chiamato Coronavirus, qualche elemento per capire, a dire il vero, lo abbiamo. Ci sono segnali, indicazioni, comportamenti che ci raccontano di un Pianeta alle prese con problemi enormi, ma indirizzato in modo diverso da prima. Quello che possiamo intuire, è che difficilmente le cose torneranno a come le conoscevamo sino al 2019.
Come sempre facciamo qui, sull’Atlante, partiamo dai dati: al 30 settembre 2021 i casi mondiali accertati erano 233.136.147. I morti erano 4.771.408 e le dosi di vaccino complessivamente somministrate più di 6miliardi.
Cifre spaventose, che alla crisi sanitaria evidente affiancano una crisi economica e di sistema che, in molti casi, è lacerante. Facciamo un esempio: il lavoro. Nel 2020, secondo l’Organizzazione mondiale del lavoro – un’agenzia delle Nazioni Unite -, si sono perse 12miliardi di ore, pari a 250milioni di posti di lavoro a tempo pieno andati in fumo. Un disastro che pesa e peserà sulle economie, fermando i mercati interni. Della situazione molti Governi si sono resi conto e qui tracciamo la prima linea di cambiamento in atto. A livello planetario, il ruolo degli Stati nell’economia è tornato fondamentale. Chiusi i ruggenti anni della marginalità statale e della deregulation selvaggia, Il “pubblico”, cioè lo Stato, è tornato protagonista. “Stiamo assistendo ad una rivoluzione che non sappiamo dove ci porterà”. A scriverlo è stato The Economist.
Di fronte alla crisi, i Governi hanno stimolato l’economia con interventi diretti, le banche centrali sono state protagoniste con programmi di sostegno e il debito pubblico è schizzato in avanti, senza però che alcuno alzasse la voce scandalizzato. Negli Stati Uniti, il presidente Biden ha promosso un’operazione da 1.900miliardi di dollari per rilanciare l’economia. “Serve – ha detto – un’economia che va dal basso verso l’alto e dal centro verso l’esterno e non dall’alto verso il basso”. Una buona idea, che si è tradotta in una vera rivoluzione: ha abbassato le tasse ai più poveri e non ai ricchi, rovesciando le convinzioni di un trentennio, passato a teorizzare che favorire i più abbienti riducendogli le imposte fosse utile anche per la classe media.
La rivoluzione che non c’è, invece, è quella necessaria per portarci fuori dalla crisi climatica. Il lockdown del 2020 ha aiutato: le emissioni globali di anidride carbonica sono diminuite di 2,3 miliardi di tonnellate, il 6,4% in meno rispetto al 2019. Il calo è figlio del traffico aereo bloccato, delle industrie paralizzate, delle strade deserte. In realtà, gli esperti si attendevano un risultato migliore. Volessimo oggi evitare che, a livello globale, vengano superate di 1,5 gradi le temperature rispetto all’epoca pre-industriale, dovremmo quest’anno ridurre le emissioni di carbonio del 7,6%. Insomma, siamo lontani. Per di più, la ripresa di una vita normale post pandemia fa temere un rimbalzo verso l’alto delle emissioni, dovuto alla frenesia delle attività economiche e alla voglia di spostamenti delle persone. La certezza – lo dicono gli esperti – è che il cambiamento climatico in atto, in termini di pericolosità e di mortalità, entro trent’anni sarà ben peggio del Coronavirus...
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