Palestina: digiuno e marcia contro l'occupazione

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Ha preso inizio lo sciopero della fame in segno di protesta di più di 4.000 palestinesi detenuti nelle prigioni di Israele per motivi di sicurezza. I prigionieri hanno annunciato l'astensione dal cibo a tempo indeterminato in seguito a un precedente rifiuto delle autorità dello Stato ebraico di accogliere una serie di loro richieste finalizzate a un miglioramento delle condizioni di vita, come l'installazione di telefoni pubblici nei settori delle prigioni dove sono rinchiusi, l'eliminazioni di lunghe e "umilianti" perquisizioni e la rimozione della barriera di vetro durante i colloqui con i famigliari. Dura la risposta del ministro per la Sicurezza pubblica di Israele Tzachi Hanegbi che ha respinto le richieste e aggiungendo che l'iniziativa è stata lanciata dai movimenti estremisti Hamas e Jihad islamica. In caso di sciopero prolungato o disordini, le autorità carcerarie hanno minacciato di sospendere i pochi 'benefici' attualmente destinati a questa categoria di prigionieri, tra cui la possibilità di televisione e ricevere visite dei parenti. In un comunicato del Comitato per le famiglie dei prigionieri politici e dei detenuti palestinesi vengono elencate le richieste rivolte a Israele affinchè si adegui alle norme di legge riguardanti il trattamento dei prigionieri. Per questo i famigliari dei prigionieri, tra cui ci sono circa 100 donne e 475 bambini al di sotto dei 16 anni, chiedono di unirsi per fare pressione sullo Stato d'Israele perché cessino le violazioni della legge e perché i prigionieri palestinesi vengano trattati umanamente.

Si concluderà giovedì 19 agosto la "Marcia per la libertà della Palestina" che ha visto dallo scorso 30 luglio la partecipazione di attivisti da tutto il mondo per denunciare la costruzione del Muro dell'apartheid. L'iniziativa promossa dal Movimento di Solidarietà Internazionale (ISM) con la Palestina consisteva nel percorrere quotidianamente tra i 10 e i 12 chilometri incontrando le comunità paletinesi disposte lungo il percoso del muro per creare occasioni di protesta nonviolenta contro la costruzione della grande barriera. Durante il percorso si sono verificati dei momenti di tensione con l'esercito israeliano e lo scorso 9 agosto a Saniriya un attivista è stato arrestato e poi espulso dal paese. L'Ong spagnola Paz Hora ha denunciato che Israele ha rifiutato alla frontiera diversi attivisti dichiarandoli "persone non gradite".

A Ramallah giungerà il prossimo 26 agosto Arun Gandhi, il nipote del Mahatma Gandhi, per lanciare una campagna nonviolenta contro l'occupazione israeliana. La campagna è promossa da un gruppo di attivisti palestinesi che si è costituito dopo la condanna verso il "Muro" della Corte di giustizia dell'Aja. Arun Gandhi, coordinatore del M.K. Gandhi Institute for Nonviolence è stato invitato per studiare e pensare a nuove forme di resistenza all'occupazione. "Se gli israeliani non vogliono sentire, non significa che non possiamo agire" ha affermato il nipote di Gandhi che ha sottolineato la responsabiltà dei palestinesi per un cambiamento nonviolento. Intanto l'organizzazione B'Tselem ha pubblicato un rapporto sulle politiche discriminatorie che sono imposte ai palestinesi con le "Forbidden Road Regime", ovvero le 41 strade o sezioni di strade che attraversano la West Bank per un totale di 700 chilometri. Mentre ai veicoli israeliani è permessa la normale circolazione, a quelli palestinesi queste strade sono vietate o percorribili con speciali permessi.[AT]

Altre fonti: Haaretz, International Solidarity Movement, B'Tselem

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