Palestina: Gandhi digiuna contro l'occupazione

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Dopo dieci giorni di sciopero della fame dei detenuti palestinesi, si unisce a loro il nipote del Mahatma Ghandi. Arun Gandhi, presente in Palestina per lanciare una campagna nonviolenta contro l'occupazione israeliana, dopo aver incontrato il Palestinian Legislative Council ha lanciato un appello affinchè nel mondo ci siano atti di solidarietà e supporto ai prigionieri palestinesi che chiedono un miglioramento delle condizioni di vita all'interno delle carceri israeliane.

Nei giorni scorsi il ministro della Sanità israeliano Dany Naveh ha vietato il ricovero negli ospedali israeliani dei detenuti palestinesi che dovessero aver bisogno di cure, a causa dello sciopero della fame ad oltranza. ''Non vogliamo assassini nelle nostre corsie, assieme con i nostri ammalati'' ha commentato Naveh assicurando che in caso di necessità "saranno approntati ospedali da campo all'interno delle carceri o nelle loro immediate vicinanze". La politica del governo verso i reclusi palestinesi è stata oggi severamente criticata dall'organizzazione umanitaria israeliana "Medici per i diritti umani". Le autorità carcerarie israeliane non hanno finora avviato nessuna trattativa con i detenuti palestinesi in sciopero della fame, perché ritengono che la protesta "abbia un carattere politico".

"Un regime di apartheid peggiore di quello che una volta esistente in Sudafrica" è il commento del relatore speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani in Palestina, il docente sudafricano John Dugard, che avrebbe descritto in un suo recentissimo rapporto la condizione dei palestinesi nella Striscia di Gaza e nei territori della Cisgiordania. Nella sua relazione, l'esperto dell'Onu cita anche il muro che Israele ha eretto all'interno dei territori palestinesi con scopi ufficialmente difensivi, sottolineando il richiamo della Corte di giustizia internazionale - che ha chiesto a Tel Aviv di rimuoverlo - e i problemi, in particolar modo di spostamento, cui sono soggetti i cittadini palestinesi. Il governo israeliano ha reso pubblico il rapporto di un anno di costruzione di 90 chilometri di muro di separazione in Cisgiordania, traendo le conseguenze di una decisione della Corte Suprema israeliana che lo scorso 30 giugno ha ritenuto una parte dell'opera eccessivamente dannosa per i Palestinesi. Davanti ai deputati un responsabile del ministero della difesa ha dichiarato che Israele modifichera' in 12 punti l'itinerario del troncone sito fra la colonia ebraica di Elkana e Gerusalemme. Ad oggi solo un quarto dei 680 chilometri previsti sono stati costruiti, e le modifiche porteranno un ritardo sulle previsioni. Il tratto modificato sara' pronto non prima del 2005. Per contro, Israele ha annunciato ieri la costruzione di piu' di 500 nuove abitazioni nelle colonie in Cisgiordania, avendo avuto l'approvazione degli Stati Uniti sulla questione. Washington e' infatti contraria alla creazione di nuove colonie, ma non all'ampliamento di quelle esistenti.

Il corpo civile di pace dell'Operazione Colomba ha pubblicato online il report dell'organizzazione israeliana B'Tselem sugli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Dal titolo "Terra Rubata: la politica di Israele negli insediamenti in West Bank", il report - disponibile anche nella versione italiana - documenta dettagliatamente la costruzione e successiva espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, dal 1967 al 2002. L'obiettivo della pubblicazione è quello di diffondere uno strumento di analisi del conflitto con fonti di prima mano, fuori dalla veloce e spesso superficiale informazione dei media tradizionali. Inoltre viene data importanza al far conoscere l'opzione di convivenza e non di scontro, scelta da
diverse associazione israeliane e palestinesi. Al momento il report è disponibile nel solo formato elettronico ma l'Operazione Colomba sta cercando dei partner per il progetto di pubblicazione del report anche su supporto cartaceo. [AT]

Altre fonti: International Middle East Media Center, Palestinian Initiative for the Promotion of Global Dialogue and Democracy, B'Tselem, Osservatorio sulla legalità

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