Pace nella Repubblica Democratica del Congo

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Il Coordinamento per la Pace nella Repubblica Democratica del Congo promuove il manifesto Comune sulla Pace nella Repubblica Democratica del Congo.

Dopo oltre sette anni di guerra, il popolo congolese si trova decimato. In soli quattro anni e mezzo i morti sono stati circa tre milioni e mezzo. E chi conterà le frustrazioni, gli stenti, gli stupri, le contaminazioni di HIV, il vuoto culturale nei giovani che non hanno potuto studiare, l'abitudine alla ragione del fucile che ha conquistato chi non trovava altra uscita alla sua disperazione?

Dal luglio 2003, a Kinshasa e nel Paese si stanno progressivamente installando le strutture della Transizione previste nell'accordo di Pretoria del dicembre 2002. Strutture fragili, gestite da uomini spesso compromessi con anni di sangue e di rapine, eppure non si vede altra via. Nel giugno 2004 è previsto l'inizio della "Conferenza Internazionale sulla pace, la sicurezza, la democrazia e lo sviluppo nella regione dell'Africa dei Grandi Laghi", organizzata dall'ONU, per promuovere la coesistenza pacifica e la cooperazione fra i diversi Stati della Regione.

La società civile, le chiese, quella cattolica in particolare, si stanno investendo per l'educazione civica della popolazione, per prepararla alle elezioni democratiche previste al termine dei due anni di transizione. "E' tempo - scrivono i Vescovi - di occuparsi non degli effetti della crisi congolese, ma delle cause stesse."

L'ultimo rapporto del gruppo d'esperti che ha indagato per conto dell'ONU sullo sfruttamento illegale delle ricchezze della RDCongo, uscito a fine ottobre 2003, evidenzia ancora una volta il vero volto delle guerre africane: guerre anzitutto non tribali, non di liberazione, ma di accaparramento di territori ricchi di risorse, a profitto proprio e di terzi, vicini e lontani. Questo aspetto fondamentale della guerra, come pure quello geopolitico, vede fortemente implicate potenze economiche e politiche dei Paesi del Nord.

Come società civile italiana, è per noi un dovere morale informarci, informare, agire affinché cessi ogni intralcio al cammino di pace del popolo congolese e africano in generale. Anche noi, insieme alle forze vive del popolo congolese in Patria e fuori e su loro richiesta, vogliamo appoggiare questo processo della Transizione, restando vigili circa la reale situazione della popolazione.

Chiediamo quindi all'Italia e all'Europa, ai poteri politici come alle Chiese, che si impegnino secondo le loro competenze affinché la Transizione sia accompagnata fino al suo compimento. In sinergia con le forze locali:

1. si sostenga il processo elettorale e la formazione ai valori della democrazia e l'edificazione dello Stato di diritto, che ponga fine all'impunità;

2. sia favorita la preparazione della Conferenza Internazionale di Pace, sostenendo l'impegno della società civile e delle chiese nella formazione e nell'informazione della popolazione e in una riconciliazione basata su un riconoscimento della verità; si promuova ciò anche negli altri Paesi della Regione e si crei una Commissione regionale di verità e riconciliazione nei Paesi dei Grandi Laghi;

3. la Monuc, la Missione dell'ONU in RD Congo, sia potenziata e le sia riconosciuta libertà d'azione; essa assicuri, secondo il suo mandato, la protezione della popolazione, e delle donne in particolare, dalle violenze; esiga e verifichi il rimpatrio delle forze straniere e assicuri la sicurezza delle frontiere orientali della RD Congo; cooperi con il governo al disarmo e reinserimento nella vita sociale delle milizie e in particolare dei bambini soldato; alla formazione della polizia e del nuovo esercito, al ristabilimento dello Stato di diritto e alla preparazione e tenuta delle elezioni sull'insieme del territorio;

4. si affronti con serietà il problema dei gruppi rwandesi (i cosiddetti ex-Far e Interahamwe) che si trovano sul territorio congolese fin dal '94, offrendo loro un'alternativa alle armi;

5. l'ONU imponga un embargo totale delle armi per tutti gli Stati della Regione e attui i necessari controlli;

6. il CIAT (il Comitato internazionale di appoggio alla Transizione) istituisca una commissione indipendente che, partendo dalle accuse rivolte dai rapporti del gruppo d'esperti dell'ONU alle società che hanno sfruttato illegalmente le ricchezze della RD Congo, proponga misure appropriate a livello sia amministrativo che penale e vigili sulla trasparenza delle transazioni commerciali;

7. gli aiuti umanitari vengano destinati in modo prioritario alla ricostruzione delle infrastrutture di base, in particolare di quelle sanitarie, all'istruzione, a forme di sostegno alle attività economiche delle famiglie. Si vigili attentamente sulla loro gestione, disposti anche a bloccarli qualora si rivelassero gestiti da forze che promuovono la guerra.

8. si appoggi anche finanziariamente il processo di pace, accompagnando il disarmo e il reinserimento dei combattenti, in particolare dei bambini soldato, nella vita civile; sostenendo l'invio di corpi civili di pace o di specifiche ONG che svolgano compiti di monitoraggio e tutela dei diritti in collaborazione con ONU.
Per parte nostra, vogliamo assumere ancora un impegno di fedeltà alla gente d'Africa, del Congo in particolare, attivandoci in tutte le forme possibili, secondo lo spirito della nonviolenza attiva. Esprimiamo alle Istituzioni l'auspicio che si tenga aperto un canale di informazione e di reciproca consultazione, e la nostra disponibilità a collaborarvi, perché ci crediamo insieme corresponsabili della pace in Africa e fra tutti i popoli del nostro pianeta.

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