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Nord Corea: fuga dall'ultimo muro
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Cinque famiglie, donne e bambini, in tutto 45 persone. Uno non ce l'ha fatta. Non è riuscito a scavalcare il muro di cinta dell'Ambasciata canadese a Pechino. Giusto il tempo per le agenzie di stampa di battere la notizia e per i reporter, ormai onnipresenti anche in Cina, di scattare le foto. Poi più niente. Che fine abbiano fatto i 44 nordcoreani che la scorsa settimana, nel pieno delle celebrazioni per il 55mo anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese, hanno chiesto asilo politico al Canada non lo sappiamo. C'è da credere che i funzionari dell'ambasciata li stiano trattando bene visto che si sono premurati di dar loro un pasto caldo, panni nuovi e qualche giocattolo per i bambini. Molto più sbrigativamente, invece, sono stati trattati altri loro nove connazionali che avevano cercato rifugio nella American School di Shanghai: un dirigente della scuola ha chiamato la polizia locale per farli espellere. Motivazione irreprensibile: l'American School non ha "status diplomatico". E all'inizio di settembre altri 29 nordcoreani si erano introdotti in una scuola giapponese a Pechino anche loro per cercare asilo.
Sono centinaia ormai i nordcoreani che dal 2002 cercano di arrivare in Corea del Sud attraverso la Cina chiedendo asilo politico a scuole e ambasciate straniere. Fanno parte di quelle centinaia di migliaia di disperati che, per fuggire alla carestia che a metà degli anni '90 ha colpito la Corea del Nord causando 2 milioni di morti, hanno penetrato il confine cinese. Alcune organizzazioni parlano di 100mila, altre addirittura di 400mila persone. Cercano di rifarsi una vita, ma molto più spesso badano a sopravvivere. E soprattutto a celare la propria identità per non essere scoperti. Dalla polizia cinese, innanzitutto, ma anche dagli agenti nordcoreani che, col lasciapassare di Pechino, danno loro la caccia. Per le autorità cinesi sono infatti immigrati illegali, clandestini. Per il regime di Pyongyang sono molto peggio: traditori. E quanto li trovano li rimpatriano. Ciò che li aspetta è terribile, inumano. Lasciare la Corea del Nord senza un permesso ufficiale è considerato alto tradimento, un reato che viene punito con la pena capitale. "Le esecuzioni avvengono spesso in pubblico e davanti a bambini" - riporta Human Right Watch. Una sorte riservata soprattutto a coloro che sono venuti in contatto con sudcoreani e occidentali, sicura se con missionari. Per gli altri, i "graziati", c'è il carcere dove si pratica ogni genere di tortura. Oppure il lager. Le cui foto, riprese dal satellite, sono state mostrate alle autorità di Pyongyang dal sottosegretario agli Esteri britannico Bill Rammell durante la recente visita in Corea del Nord. Prove che hanno costretto i funzionari del regime di Kim Jong II a riconoscere a denti stretti di "non prestare la stessa attenzione dell'Occidente ai diritti umani".
La Corea del Nord è ad un crocevia. Dopo mezzo secolo di rigido autoisolamento politico ed economico, il regime di Pyongyang ha recentemente iniziato a stabilire i contatti diplomatici con alcuni Paesi occidentali nel tentativo di attirarne gli investimenti. Ma pende sul regime comunista la questione del programma nucleare. Durante l'Asia-Europe Meeting (ASEM), svoltosi nei giorni scorsi ad Hanoi, i partecipanti hanno chiesto a Pyongyang di ritornare al tavolo dei colloqui con le altre cinque nazioni (Corea del Sud, Cina, Giappone, Russia e Usa). E' stata l'unica richiesta. Poco importa se per combattere la dissidenza politica, anche solo presunta, il regime nordcoreano utilizza punizioni di massa contro intere famiglie spedendole in campi di lavoro forzato dove rimangono per tutta la vita. I prigionieri di questi lager sarebbero circa 100mila.
Per molti nordcoreani non c'è dunque altra speranza che fuggire. Spesso non sanno che verranno ricercati in Cina come "clandestini" e con la completa complicità delle autorità locali. Lo scorso luglio il tribunale della regione autonoma cinese del Guangxi Zhuang ha condannato un giapponese a otto mesi di carcere e ad una multa di 20mila yuan per aver cercato di aiutare due profughi nordcoreani a passare il confine. Il giapponese, Takayuki Noguchi, è membro del gruppo "Fondi-vita a favore dei rifugiati nord-coreani", una Ong che da tempo lavora in Cina e in Giappone per questo scopo. Ma sono poche le organizzazioni internazionali che cercano di aiutare questi disperati. Lo stesso Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) è in difficoltà a chiedere alla potenza economica cinese di riconoscere loro lo status di profughi e porre fine al rimpatrio. Così nell'indifferenza generale ai profughi nordcoreani non resta altro che rimanere nascosti. O tentare di scavalcare il muro di cinta di qualche ambasciata. Nella speranza che non li rispediscano in patria.
di Giorgio Beretta
LA SCHEDA
Proclamata a Pyongyang il 10 settembre 1948, la Repubblica democratica popolare di Corea (Corea del Nord) nasce dalla salita al potere del Partito coreano dei lavoratori guidato da Kim Tubong e Kim Il Sung, padre dell'attuale Capo di Stato, Kim Jong Il. Kim Il Sung rivestì un ruolo chiave negli affari a nord del 38° parallelo e, eliminando tutti i rivali, instaurò il proprio dominio imponendo il culto della sua persona.
Il Paese è retto da un governo comunista fortemente centralizzato dominato dal Partito del lavoro. Col crollo del comunismo europeo nel 1989, il regime cominciò a indebolirsi e la fine dei rapporti privilegiati di scambio con l'URSS determinò nel 1990 l'inizio della crisi nell'economia nordcoreana.
Alla morte di Kim Il Sung (8 luglio 1994) la carica di capo dello stato fu assunta dal figlio Kim Jong Il, che cominciò ad aprire il Paese agli investimenti stranieri. Nel 1995 la Corea del Nord accettò di adeguarsi agli accordi del Trattato di non proliferazione nucleare. Nell'estate del 1995 le piogge provocarono vaste inondazioni e aggravarono la già critica economia del paese esponendo milioni di persone alla fame.
Il processo di distensione ha permesso le visite ufficiali di vari rappresentati di governi tra cui quella del presidente sudcoreano Kim Dae Jung e dei leader cinese, russo e giapponese. Nel 2000 Kim Il Sung ricevette la visita del segretario di Stato statunitense, Madeleine Albright.
L'elezione di George W. Bush alla presidenza statunitense ha segnato un raffreddamento del processo di avvicinamento tra le due Coree: l'amministrazione americana ha annoverato la Corea del Nord tra i dell' "Asse del male" e imposto l'apertura degli impianti militari alle ispezioni internazionali.
Nell'ottobre 2002 il governo di Pyongyang ha ammesso di aver proseguito il proprio programma nucleare violando il Trattato di non proliferazione nucleare e di essere in possesso di ordigni atomici, il cui numero - secondo fonti americane - sarebbe quadruplicato negli ultimi anni. (G.B.)