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Nonviolenza: la forza della verità
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Foto: Unsplash.com
E' doveroso ricordare un caro amico scomparso al di là delle ricorrenze, perchè è il cuore che indica il momento della necessità della memoria.
Giovanni Salio, detto Nanni, è stato un ambientalista, pacifista e attivista della nonviolenza nel nostro Paese. Si è occupato di ricerca, educazione e azione per la pace, ed è stato tra le voci più autorevoli della cultura nonviolenta in Italia. Durante i nostri incontri amichevoli presso il Centro Studi Sereno Regis di Torino ci spiegava il contenuto dei suoi saggi e studi e approfondimenti inerenti i maggiori esponenti della nonviolenza; illustrava il portato accademico della immensa biblioteca del Centro da lui gestita e approfondiva le parole di Gandhi e il significato del concetto di nonviolenza che era un pensiero cardine dell'esistenza di Nanni.
La nonviolenza - come sostiene Nanni Salio - è la capacità di trasformazione costruttiva di ogni conflitto al fine di ridurre il più possibile ogni forma di violenza: consiste nella capacità di trasformare la naturale aggressività umana in forza creativa e non distruttiva.
Come approfondimento, questo breve saggio, in ricordo dell'amico scomparso, è realizzato con il supporto del libro "Cieli di Pace" a cura di Nanni Salio, che mi è stato donato dall'amico Nanni presso il Centro Studi Sereno Regis di Torino qualche anno prima della sua scomparsa avvenuta il primo febbraio 2016 e che ho ritrovato nella mia biblioteca insieme a tutti i libri e a tutto il materiale didattico e divulgativo di cui lui mi fece dono. Con questo gesto, il suo intento era quello di trasmettere il portato valoriale del Centro Studi Sereno Regis e tramandare il concetto etico di nonviolenza, fondamento dell'esistenza di Nanni, a noi giovani e portatori di idee nuove e testimoni di futuro.
La nonviolenza è costruttiva in quanto crea delle soluzioni che permettono a tutti di avere dei benefici e il conflitto diventa un’occasione di crescita per tutti i soggetti. Queste le parole di Nanni Salio: il conflitto può essere portatore di crescita collettiva, di creatività individuale e comunitaria, al contrario della guerra che è in senso assoluto devastazione, distruzione, il nulla.
La nonviolenza è costituita da un insieme di tecniche pratiche già utilizzate nella storia, volte a risolvere i conflitti senza usare la violenza e la sopraffazione che sfociano inevitabilmente nella guerra. Tutte le principali religioni dall’Islam al cristianesimo all’ebraismo all’induismo al buddismo esprimono un contenuto di nonviolenza, che pur essendo stato più volte trascurato e calpestato, costituisce una dimensione fondamentale di ogni civiltà e cultura ed è pertanto indispensabile riscoprirne la presenza in ciascuna religione. Le religioni, sono parole delle fedi, e delle diverse confessioni religiose in tutto il mondo: sono per noi un dato culturale e storico prima che spirituale e ecclesiastico.
Per la nonviolenza politica, possiamo ricordare come caso significativo Pietro Pinna che nel 1949 con il suo rifiuto di prestare il servizio militare, diede inizio alle lotte per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza. Da solo Pinna ebbe il coraggio, nell’Italia di quegli anni, di rifiutare la divisa e la guerra. Alcuni avrebbero potuto considerarlo un visionario, un folle, la cui azione era priva di significato. Invece il suo gesto di disobbedienza civile si tradusse in una legge dello Stato. Il movimento degli obiettori di coscienza nasce in Italia proprio dal suo rifiuto e produce un risultato politicamente concreto.
Infine esistono i movimenti nonviolenti che operano con continuità nel tempo, con vari risultati più o meno positivi e che si propongono obiettivi politici di cambiamento radicale della società. Ne fanno parte vari gruppi tra i quali in Italia i movimenti storici: MIR - Movimento Internazionale Riconciliazione, il Movimento Nonviolento e la L.O.C - Lega obiettori di coscienza. Per 'Riconciliazione' naturalmente intendiamo cooperazione e solidarietà tra i popoli e mai accordo con le ideologie criminali di fascismo e nazismo.
Ma la persona che più di altre ha contribuito alla diffusione della nonviolenza nel secolo scorso è il Mahatma Gandhi, al quale si ispirarono altri maestri della nonviolenza: Martin Luther King negli Stati Uniti, Nelson Mandela in Sudafrica, Aldo Capitini e Lanza del Vasto in Italia. L’eredità di Gandhi appartiene al mondo intero e uno scienziato come Albert Einstein lo ammirò tanto da affermare che le generazioni future faticheranno probabilmente a credere che un uomo simile si sia mai realmente aggirato in carne e ossa su questa terra.
La nonviolenza secondo Gandhi sussiste senza alcuna separazione significativa tra individuale e collettivo, religioso e politico. Ma ciascuno di noi si accosta alla nonviolenza seguendo percorsi diversi e comincia a sviluppare maggiormente gli aspetti che gli sono più congeniali, consoni e vicini al proprio modo di esistere. Chi ha più sensibilità per un coinvolgimento nella vita quotidiana, chi più interessato alla vita politica collettiva. Tuttavia la mappa della nonviolenza è complessa e comprende tutti quanti gli approcci.
Passando a un’analisi più formale, possiamo dire che la nonviolenza è caratterizzata da due aspetti principali che si integrano tra loro: ahimsa e Satyagraha. Il primo è la legge dell’amore, il principio del non uccidere, del non commettere violenza, dell’innocenza, del non aggiungere altra sofferenza a quella già esistente e insita nella condizione umana. Il secondo, coniato da Gandhi e dai suoi collaboratori, costituisce una sfida alla cultura politica contemporanea, largamente centrata sulla violenza, sulla sopraffazione e sul conflitto negativo.
Possiamo tradurre il termine Satyagraha con forza della verità, oppure forza che deriva dalla ricerca incessante della verità o ancora denunciare e dire la verità ai potenti. E’ l’espressione della nonviolenza attiva intesa come lotta contro tutte le ingiustizie senza arrecare altre ingiustizie e violenze. Mentre ahimsa esprime un rifiuto, un non commettere violenza, il Satyagraha si richiama al principio del non omettere e non lasciare che altri facciano violenza e ingiustizia.
Laura Tussi

Docente, giornalista e scrittrice, si occupa di pedagogia nonviolenta e interculturale. Ha conseguito cinque lauree specialistiche in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell'ambito delle scienze della formazione e dell'educazione. Coordinamento Italia Campagna Internazionale ICAN - Premio Nobel per la Pace 2017 per il disarmo nucleare universale, collabora con diverse riviste telematiche tra cui Pressenza, Peacelink, Ildialogo, Unimondo, AgoraVox ed ha ricevuto il premio per l'impegno civile nel 70esimo Anniversario della Liberazione M.E.I. - Meeting Etichette Indipendenti, Associazione Arci Ponti di Memoria e Comune di Milano. Autrice dei libri: Sacro (EMI 2009), Memorie e Olocausto (Aracne 2009), Il dovere di ricordare (Aracne 2009), Il pensiero delle differenze(Aracne 2011), Educazione e pace (Mimesis 2012), Un racconto di vita partigiana - con Fabrizio Cracolici, presidente ANPI Nova Milanese (Mimesis 2012), Dare senso al tempo-Il Decalogo oggi. Un cammino di libertà (Paoline 2012), Il dialogo per la pace. Pedagogia della Resistenza contro ogni razzismo (Mimesis 2014), Giovanni Pesce. Per non dimenticare (Mimesis 2015) con i contributi di Vittorio Agnoletto, Daniele Biacchessi, Moni Ovadia, Tiziana Pesce, Ketty Carraffa, Antifascismo e Nonviolenza (Mimesis 2017), con Alfonso Navarra, Adelmo Cervi, Alessandro Marescotti. Collabora con diverse riviste di settore, tra cui: "Scuola e didattica" - Editrice La Scuola, "Mosaico di Pace", "GAIA" - Ecoistituto del Veneto Alex Langer, "Rivista Anarchica". Promotrice del progetto per non dimenticare delle Città di Nova Milanese e Bolzano www.lageredeportazione.org e del progetto Arci Ponti di memoria www.pontidimemoria.it. Qui il suo canale video.