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No place to go
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Foto di Niccolò Barca ®
I Karenni la violenza la conoscono bene. Per quasi 70 anni, questa minoranza etnica nello stato montuoso di Kayah, al confine orientale del Myanmar, è stata vittima di oppressione e brutalità perpetrata dai militari birmani. Quando nel febbraio 2021 l’esercito ha ripreso il potere con un colpo di stato, era solo una questione di tempo prima che riprendesse la sua vecchia strategia di terrorizzare i civili per combattere i gruppi etnici armati che gli si opponevano. Bombardamenti, torture, lavori forzati e saccheggi sono solo alcune delle ragioni per cui le persone fuggono ad est, costruendo campi di fortuna in mezzo alle montagne al confine con la Thailandia, che non sembra avere alcuna intenzione di modificare i propri rapporti con i militari Birmani, non importa se macchiati di crimini contro l’umanità.
Per quanto lontana dai riflettori, si tratta di una crisi umanitaria a tutti gli effetti: con il Covid-19 che si diffonde, la violenza che continua senza sosta, gli aiuti umanitari bloccati dal governo militare birmano, l’acqua che scarseggia nelle foreste e la Thailandia che respinge i rifugiati al confine, decine di migliaia di persone si trovano in pericolo di vita.
A dicembre 2021 sono riuscito ad entrare di nascosto in Myanmar per scattare foto nel campo di Daw Noh Ku, che ospita circa 3000 Internally Displaced Persons (IDPs). Questa è la storia di quello che ho visto...