“No Nation Fashion”, moda senza confini

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Hanno iniziato riparando i vestiti che avevano addosso o cucendo le mascherine anti Covdi19. Lo facevano in piccoli angoli del cucito creati a Blazuj, Usivak, Miral. Sono i centri di accoglienza che li ospitano. Nel tempo, quei piccoli posti si sono trasformati in laboratori creativi, capaci di creare una collezione di moda. E’ questa la storia della collezione insolita, originale, assemblata e realizzata dai migranti e richiedenti asilo ospiti dei centri d’accoglienza della Bosnia Erzegovina. E’ stata presentata ufficialmente nel municipio di Sarajevo, lo scorso 18 dicembre 2021. L’occasione era quella della Giornata Internazionale dei Migranti, con il 70° anniversario dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, IOM.

A creare la linea è stata la designer Aleksandra Lovric, assieme al gruppo “People on the move”. La collezione – formata da 40 diversi abiti – è stata chiamata “No Nation Fashion” . La designer ha spiegato come è nata l’idea. “Abbiamo iniziato a creare maschere protettive – ha detto -, ma poi ci siamo resi conto che i migranti potevano fare molto di più”. Laura Lungarotti, coordinatrice sub-regionale per i Balcani occidentali e capo della missione IOM in Bosnia, ha parlato della collezione “No Nation Fashion” come di “un nuovo marchio, creato attraverso un incredibile processo di inclusione e realizzato grazie ad un progetto firmato da Iom e Unione Europea

La speranza è che l’operazione possa aiutare l’integrazione dei migranti, sempre più in difficoltà. Per migliaia di persone la vita continua ad essere precaria nei centri di accoglienza provvisori costruiti lungo il confine con la Croazia, la grande porta per l’Unione Europea. Una situazione drammatica, che la Bosnia in qualche modo vive anche al proprio interno. Il Paese rischia di diventare fonte di migrazioni massicce. Un giovane bosniaco su due, esattamente il 47% tra 18 e 29 anni, pensa seriamente di lasciare il Paese temporaneamente o definitivamente.

Lo dice uno studio del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, pubblicato nel novembre del 2021. La scarsa qualità della vita è il principale motore dell’emigrazione giovanile, almeno per il 73% degli intervistati. Le ragioni citate dai giovani bosniaci per giustificare la voglia di fuga, poi, sono le condizioni socio-economiche sfavorevoli, l’elevata disoccupazione giovanile, la mancanza di servizi pubblici di qualità. Inoltre, più del 70 per cento dei giovani crede che la società bosniaca sia sistematicamente corrotta. Tante buone ragioni, per trasformarsi in migranti.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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