Nairobi: missionari contrari allo sfratto dei baraccati

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Decine di migliaia di persone che "sopravvivono" nelle baraccopoli di Nairobi rischiano di finire in mezzo alla strada: il governo ha deciso di sgomberare alcuni "slum" della capitale del Kenya per far spazio a una nuova tangenziale che decongestioni il caotico traffico cittadino e rinnovare la linea ferroviaria. La scorsa settimana settemila persone sono state sfrattate da Kibera, la seconda baraccopoli dell'Africa per dimensioni dopo la sudafricana Soweto, alle porte di Johannesburg; altre 50mila potrebbero subire lo stesso trattamento entro pochi giorni e altrettanti sono a rischio a Korogocho, altra mega-bidonville dove vive in condizioni di assoluta precarietà un numero imprecisato ma elevatissimo di persone.

La MISNA ha raccolto la denuncia di alcuni missionari italiani impegnati da anni nelle immense baraccopoli di Nairobi e che nei giorni scorsi hanno scritto al sindaco della città. "Le autorità non hanno fornito alcuna alternativa alle migliaia di famiglie che verranno allontanate con la forza" spiega al telefono alla MISNA padre Franco Cellana, dei missionari della Consolata. "Non solo, ma il governo ha preso questa decisione senza neppure consultare il sindaco della città. I responsabili di quindici parrocchie della rete urbana cittadina hanno immediatamente sottoscritto la lettera preparata da padre Cellana e padre Daniele Moschetti, comboniano, attivo nello slum di Korogocho. "Siamo molto preoccupati che il governo abbia deciso questi sgomberi forzati senza rispettare la legge e le norme di diritti umani garantiti" si legge nella missiva. Le autorità "non hanno consultato né informato le comunità interessate in merito ai parametri dello sgombero e la gente non sa se verrà allontanata con la forza da casa". Ma soprattutto i religiosi puntano il dito contro il governo - l'iniziativa della demolizione di baracche è coordinata dal ministero delle strade e dei lavori pubblici - per "non aver fornito alcuna alternativa abitativa alle persone che vivono negli slum".

A Kibera, che si trova in una
zona abbastanza centrale della capitale, la ferrovia taglia di netto lo slum e le baracche sono costruite a ridosso dei binari, che ora il governo vuole riattivare. Lo svuotamento di interi quartieri "non ha precedenti a Nairobi" stigmatizzano i missionari nella loro lettera, aggiungendo che migliaia di persone rischiano di perdere l'unico luogo dove possono vivere (peraltro in assoluta mancanza di acqua potabile, energia elettrica, strade e ogni minima infrastruttura) e anche delle poche attività commerciali che permettono comunque a moltissime famiglie di sopravvivere. Due giorni fa, padre Moschetti e Peter Ndungu, responsabile del programma dei missionari della Consolata per riabilitazione dei giovani, hanno incontrato il sindaco di Nairobi Joe Akech. "La pensa come noi - spiega alla MISNA Ndungu - e si è impegnato a chiedere al governo, che non lo aveva nemmeno informato, di posticipare i lavori per dare tempo alle persone di trovare una soluzione alternativa". Il capo dell'amministrazione municipale sta cercando di negoziare con il ministro dei lavori pubblici e dell'energia (è prevista infatti anche la demolizione di baracche vicino ai tralicci della corrente) il rinvio di alcuni lavori. "Non siamo riusciti ancora a farci ricevere dal governo" aggiunge Ndungu.
Intanto a Nairobi è iniziata anche la mobilitazione di organizzazioni non governative (ong), di difesa dei diritti umani e organismi internazionali di assistenza umanitaria, che in questi giorni stanno preparando un documento da inviare al governo. Secondo il "Centre on Housing Rights Evictions" (Centro per i diritti delle persone che vengono sfrattate) sono oltre 300mila le persone che potrebbero subire le conseguenze del gigantesco piano di demolizione. Lunedì si terrà un incontro di preghiera interreligioso tra cristiani e musulmani all'Uhuru Park di Nairobi per chiedere di fermare la distruzione delle baracche al governo del presidente Mwai Kibaki, il riformista che nel 2002 sconfisse il padre-padrone del Kenya Daniel arap Moi.

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