Mondo: baraccati e sfratti zero da Nairobi a Dacca

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In Asia, Africa e America Latina 600 milioni di persone vivono in abitazioni a rischio, secondo i dati delle Nazioni Unite. Ogni primo lunedì di ottobre viene celebrata dal 1985 la giornata mondiale sull'Habitat, che vuole far riflettere sulle condizioni abitative e i sui diritti di base assenti nelle aree metropolitane di baraccati. Il tema di quest'anno è il ruolo delle città per uno sviluppo rurale, per evidenziare le connessioni tra lo sviluppo dell'area urbana con quella rurale con ad esempio una promozione dei prodotti artigianali. Le celebrazioni si terranno a Nairobi, sede del programma Habitat delle Nazioni Unite, ma anche città simbolo con il 55 per cento della popolazione che nelle baraccopoli che ricoprono solamente il 5,5 per cento del territorio della città e sono considerate tra le peggiori in tutta l'Africa. In parallelo alla giornata dell'Habitat cade anche la giornata mondiale "Sfratti Zero - per una casa dignitosa per tutti" , decisa dal Forum Internazionale contro gli sfratti di Barcellona che, anziché affrontare la distanza crescente tra l'Obbiettivo del Millennio dichiarato dai governi e le previsioni di aumento del numero dei baraccati e della precarietà abitativa, propongono di celebrare "Le città motore dello sviluppo rurale". L'invito dell'International Alliance of Inhabitants (AIA) è quello di attivarsi sul proprio territorio per riempire la giornata di contenuti concreti per il sostegno alla sicurezza e alla dignità abitativa. "Il 15 % della popolazione mondiale è sotto sfratto" ha dichiarato Cesare Ottolini, coordinatore AIH e presidente nazionale dell'Unione Inquilini che presenterà il rapporto sull'Italia il prossimo 15 novembre a Ginevra al Comitato ONU sui Diritti Umani.

E dai primi di settembre è partita la seconda fase della campagna "W Nairobi W!" con cui le reti della società civile locali con il sostegno dei Missionari Comboniani e dell'AIA vogliono denunciare all'opinione pubblica internazionale che il governo del Kenya ha deciso senza congruo preavviso, la demolizione entro poche settimane di decine di migliaia di strutture che provocheranno lo sgombero forzato di oltre 300.000 persone dalle baraccopoli di Nairobi.

La campagna considera molto grave che il governo del Kenya non ha finora offerto nessuna alternativa né compensazione a queste persone, i più poveri della città, che vivono precariamente di lavori informali e piccolo commercio. La lotta e l'impegno di baraccati, Chiese, associazioni e di abitanti, reti internazionali, ong, le marce, i ricorsi legali e le oltre 6.000 firme elettroniche che hanno bombardato le istituzioni del Kenya e quelle internazionali sono riuscite a bloccare le demolizioni e gli sgomberi. Per la seconda fase è stato lanciato un nuovo appello online e due cartoline prestampate per chiedere che siano bloccate le demolizioni di decine di migliaia di baracche minacciate dal governo, ma anche che i Paesi creditori cancellino il debito del governo keniano, affinché quel denaro possa essere destinato alla costruzione di nuovi spazi abitabili per le centinaia di migliaia di persone che rischiano ogni giorno di essere sfrattate. Gia il governo della Svezia ha cancellato il debito e sembra essere molto interessata la Danimarca.

Tra le metropoli dell'Asia che vivono situazioni abitative d'emergenza c'è Dacca, capitale del Bangladesh, in cui il 25% dei 12 milioni di abitanti vive negli "slums" (baraccopoli marginali) in condizioni di assoluta precarietà. Quartieri, costituiti da tuguri insalubri, che superano, a volte, i 60.000 abitanti; baracche, senza acqua ed elettricità, con una superficie inferiore ai 10mq e abitata anche da 15-20 persone. A peggiorare le condizioni abitative della popolazione contribuiscono le torrenziali piogge monsoniche che costringono gli abitanti ad abbandonare le zone esposte e a concentrasi nel 35% del territorio nazionale. Le 27 minoranze etniche del Paese sono le principali vittime del problema. Bambini, donne e uomini vivono in estrema povertà, isolati culturalmente dal resto della popolazione e confinati in zone rurali ed emarginate, in cui non hanno accesso neanche alla proprietà della terra. "Ci sono milioni di persone nel mondo che vivono in condizioni indegne per un essere umano; -dichiara Marco Di Mauro, Direttore Generale Intervita- la precarietà di queste sistemazioni espone soprattutto i bambini a numerose infezioni che spesso conducono alla morte". Per questo Intervita ha avviato un progetto destinato alla costruzione di fattorie che saranno composte da cucina, camera e servizi sanitari e da alcune aree dedicate all'allevamento e all'agricoltura con l'obiettivo di rendere le fattorie auto-sostenibili entro 3 anni. [AT]

Altra fonte: International Alliance of Inhabitants, Giovani & Missione, Unione Inquilini

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