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Mercati volontari del carbonio: parte della soluzione o del problema?
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Foto: Pexels.com
Non è una novità che i mercati volontari del carbonio continuino a crescere. Da quest’anno, però, hanno iniziato a farlo a livelli esponenziali e si apprestano a stabilire un nuovo record: “Se gli attuali livelli di attività e crescita continueranno, a fine 2021 si raggiungerà - e possibilmente si oltrepasserà – il miliardo di dollari di transazioni annuali”. Le parole del Direttore Generale di Ecosystem Markets confermano l’incremento massiccio delle vendite su base volontaria e privata dei crediti di carbonio. Infatti, secondo i dati dell’organizzazione no-profit con sede a Washington, braccio investigativo di Forest Trends, al 31 agosto 2021, il mercato globale aveva già registrato un valore di 748,2 milioni di dollari in vendite (già +58% rispetto al totale scambiato nel 2020), corrispondente a 239,3 milioni di crediti. E la domanda continua a salire, spingendo le quotazioni dei crediti sempre più in alto, particolarmente per quei progetti a protezione e gestione sostenibile di foreste, praterie e altri ecosistemi a rischio.
I crediti di carbonio sono certificati emessi da organismi internazionali che incorporano la quantità di gas serra che si é evitato di disperdere nell’aria, o che é stata rimossa da essa. Ciascun credito rappresenta l’equivalente di una tonnellata di anidride carbonica. Giá da vari anni le aziende (dei paesi sviluppati), oltre ai limiti normativi ai quali devono sottostare, ricorrono ai voluntary carbon credits per ridurre le emissioni relative alle loro attivitá: acquistano sui mercati volontari compensazioni di carbonio da fornitori verificati per compensare le proprie emissioni. I ricavi generati dalle vendite vengono utilizzati per finanziare progetti di riduzione del carbonio, in particolar modo nei paesi in via di sviluppo dove questi accordi stanno diventando una seria fonte di finanziamento e dove le comunità si trovano in prima linea a fronteggiare la crisi climatica.
A detta degli operatori, negli ultimi tempi con l’aumentare dei volumi si sono moltiplicati gli sforzi per rendere i mercati più solidi e trasparenti. Infatti, i mercati non sono più sola espressione di società che acquistano crediti come parte (minoritaria) della loro strategia net-zero, ma sono frequentati da sempre più speculatori – nel senso buono del termine - che comprano e rivendono i crediti, assumendo una funzione di arbitraggio dei prezzi.
Nonostante la popolarità diffusa a tappeto di questi mercati, le risorse mobilitate, i nuovi ruoli professionali creati e le nuove sfide emerse, sarebbe utile non distrarsi su quello che é l’evidente priorità dei nostri tempi di fronte a una crisi climatica implacabile: una vera decarbonizzazione dei nostri sistemi economico-sociali. Se da un lato i mercati del carbonio, volontari o imposti per legge che siano, sono una componente fondamentale all’interno della transizione ecologica, dall’altro dobbiamo renderci conto che dovrebbero comunque essere secondari rispetto all'obiettivo principale di ridurre l'intensità della CO2 nell'economia globale. E quest’obiettivo dev’essere perseguito in maniera molto più convincente di quanto si é fatto finora.
Il mondo non ha altre vie: si deve dimezzare il livello attuale di emissioni inquinanti entro il 2030 e portarlo ad uno zero netto entro il 2050, per rientrare nell'obiettivo di +1,5°C della temperatura stabilito dall'accordo di Parigi. Secondo la Taskforce on Scaling Voluntary Carbon Markets (TSVCM), un'iniziativa nata per supportare tale rapida decarbonizzazione, l'azione volontaria attraverso i mercati del carbonio dovrà aumentare di 15 volte entro il 2030 e di 100 volte entro il 2050 rispetto ai livelli del 2020.
Un aumento imponente, ma che finora non é stato accompagnato da un adeguata regolamentazione e standardizzazione dei mercati, che ne assicurino qualità e integrità. Chi garantisce che un credito di carbonio prodotto da un’azienda Indiana di smaltimento di rifiuti organici rappresenti veramente l’abbattimento di emissioni promosso? O che le emissioni pubblicizzate e certificate di un programma di riforestazione in Nicaragua non siano gonfiate? O che i modelli di stufe a combustione, o di biodigestori commercializzati da un’azienda in Malawi siano quelli effettivamente usati? O che un progetto di energia rinnovabile Colombiano sia davvero “addizionale” (cioè che non potrebbe stare in piedi senza i finanziamenti del carbonio)? E, soprattutto, i costi e i ricavi dei progetti in loco sono espressi e contabilizzati in maniera trasparente? Certo, si stanno facendo tanti passi avanti verso un’armonizzazione di controlli e controllori più rigoroso e robusto. Si sono definiti standard di certificazione e schemi di monitoraggio appropriati e la maggior parte dei crediti viene esaminata e distribuita mediante intermediari internazionali specializzati. Ma molto dev’essere ancora fatto, specialmente in vista dei volumi e dei prezzi che ci si aspetta di raggiungere.
Nel 2021 la domanda sempre maggiore e l'inasprimento dell'offerta hanno fatto salire i prezzi di molti tipi di crediti, a partire dai progetti forestali e di utilizzo del suolo, ma anche rispetto ai crediti per lo smaltimento dei rifiuti (da progetti come la cattura del metano in discarica o la diversificazione dei rifiuti organici per il compostaggio) e le stufe a combustione pulita, aumentati rispettivamente del 42% e 16% dai livelli del 2020. "Se i prezzi più alti attireranno nuova offerta per entrare nel mercato abbastanza rapidamente da soddisfare la crescente domanda è ancora una questione aperta", afferma Patrick Maguire, uno dei co-autori del report di Ecosystem Markets. "La maggior parte dei progetti sul carbonio richiedono anni per svilupparsi".
I prezzi più alti sono certamente un incentivo per gli sviluppatori locali di progetti (ed in teoria anche per i beneficiari finali), che intravedono maggiori guadagni ed opportunità di business. Ma allo stesso tempo bisogna stare attenti a una possibile “bolla”. D’altronde i prezzi del carbonio aumentano anche perché i progetti per definizione non possono crescere all’infinito: le terre da riforestare si esauriranno no? Ma la vera domanda da farsi é: saremo più bravi a decarbonizzare o a mantenere lo status quo e comprare crediti di carbonio per ripulirci le coscienze?
Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.