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Matera: da “Vergogna Nazionale” a “Patrimonio Mondiale”
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È un Nino Manfredi tutto impomatato che nel finale del film “Anni ruggenti”, su un treno diretto dal Sud a Roma, legge la lettera di un abitante di Matera che anela a una casa con una finestra. “Ho 56 anni” scrive l’uomo nel lontano 1937 rivolgendosi al Duce “e non mi sono mai affacciato a una finestra datosi che vivo in una grotta, con tutto il rispetto parlando, peggio del presepio”. Il film usciva al cinema nel 1962 e mostrava le abitazioni povere scavate nella roccia prive di fogne, di acqua corrente e di riscaldamenti, dove vivevano migliaia di persone, condividendo gli spazi con gli animali domestici e da fattoria. I tetti delle case di alcuni erano i pavimenti delle abitazioni di altri e il torrente su cui si affaccia la parete di Sassi raccoglieva i liquami e le immondizie della gente. La miseria di una civiltà contadina poverissima e le precarie condizioni igienico-sanitarie nel secondo dopoguerra fra l’altro imponevano una percentuale catastrofica di mortalità infantile, secondo le statistiche di allora con 463 bambini nati morti ogni 1000, contro una media nazionale di 112.
Anni prima Carlo Levi col suo famoso “Cristo si è fermato ad Eboli”, pubblicato nel 1945, descriveva il paesaggio costituito da “questi coni rovesciati, questi imbuti che si chiamano Sassi (…)” come dalla “forma con cui a scuola immaginavo l’inferno di Dante”. Proprio da quella denuncia era stata avviata la mobilitazione politica che aveva portato il leader del PCI Palmiro Togliatti in visita sul territorio nel 1948 e poi nel luglio 1950 anche il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi; entrambi avevano apostrofato in maniera dispregiativa i Sassi di Matera, definendoli rispettivamente come la “vergogna d’Italia” e “tane vergognose”. Una vergogna che sancì l’immediato intervento dello Stato il quale non aveva potuto far altro che imporre l’abbandono delle case ai due terzi degli abitanti della città, circa 17mila persone, e il trasferimento in nuovi rioni popolari. La cosiddetta “Legge speciale per lo sfollamento dei Sassi”, adottata il 17 maggio 1952, era frutto della presa di coscienza che sarebbe stato impossibile risanare quelle misere grotte scavate nella roccia.
Il trasferimento forzato durò quasi un ventennio e riscontrò non poche opposizioni da parte degli abitanti. Molti Sassi furono murati per impedire ai vecchi abitanti di farvi ritorno, alcuni edifici furono adoperati come ricovero per gli animali. Le chiese rupestri, le masserie fortificate, i mulini, nonché i complessi monumentali furono ceduti al degrado e all’abbandono, mentre la moderna Matera si sviluppava al di sopra del dirupo che ospita i Sassi; si perse quasi memoria di quelle grotte se non fosse stato per il cinema, non solo nazionale. Da “La Lupa” di Alberto Lattuada (1953) a “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini (1964) ai più moderni kolossal a stelle e strisce sempre di stampo religioso: “King David” di Bruce Beresford (1985), “The Passion” di Mel Gibson (2004) e il remake dello storico “Ben Hur” di Timur Bekmambetov (2016). Matera fu individuata come un set naturale perfetto per riprodurre una Gerusalemme d’altri tempi o altre storie riportate nei testi sacri.
Un vero e proprio presepio, come le immagini odierne della Matera completamente innevata di questi giorni testimoniano dinanzi agli sguardi e ai click entusiasti dei lettori online. Dall’abbandono dei “vergognosi” Sassi nazionali alla loro riscoperta abitativa e turistica e alla designazione di Matera quale Capitale Europea della Cultura 2019 molta strada è stata fatta. Innanzitutto il flusso forzato verso i nuovi quartieri cittadini è stato bloccato nel 1986 con l’adozione di una nuova Legge speciale che consentì ai cittadini di tornare ad abitare nei Sassi, in considerazione che “la conservazione e il recupero architettonico, urbanistico, ambientale ed economico dei rioni Sassi di Matera e la salvaguardia del prospiciente altipiano murgico sono di preminente interesse nazionale”. Inoltre nel 1993 l’iscrizione dei Sassi di Matera nell’elenco del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO, il primo sito dell’Italia meridionale, ha di certo accelerato la riqualificazione della vecchia Matera. Il riconoscimento è giunto per l’insieme dei Sassi e del Parco archeologico e naturale delle Chiese Rupestri della città che costituisce una testimonianza unica dell’attività umana. La “Città dei Sassi” è infatti una delle più antiche al mondo ad essere stata abitata, con insediamenti risalenti a circa 10.000 anni fa; la terza al mondo per l’esattezza, dopo Aleppo in Siria e Gerico in Cisgiordania. È soprattutto il sistema di raccolta delle acque piovane ad aver suscitato l’interesse dell’UNESCO: la costruzione dei tetti/pavimenti delle case e le cisterne rinvenute nei Sassi testimoniano un accurato sistema di raccolta delle acque che, fatte decantare in una fitta serie di cisterne comunicanti, venivano poi convogliate in una cisterna di maggiori dimensioni chiamata “Palombaro”, di cui si era persa memoria storica e che è stata riscoperta fortuitamente solo nel 1991.
In questi ultimi tempi la città sta subendo un frenetico rinnovamento nella zona dei Sassi. Il passato di disprezzo e miseria è stato rimpiazzato da un orgoglioso racconto di memoria ultramillenaria e da una fitta costruzione di “case-grotta”, b&b, alberghi di lusso, ristoranti, botteghe artigianali per i turisti che affollano le ripide vie del Sasso Caveoso e del Sasso Barisano, in cui si suddivide il centro storico. In attesa del 2019, quando la visibilità della città sarà mondiale, c’è ancora molto da organizzare e rinnovare pur sperando che l’autenticità del territorio non si perda tutta a favore delle luci di scena di nuove straordinarie pellicole cinematografiche e di una “tipicità” ostentata per stranieri ma ben poco reale.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.