Libia, chi la vuole a strati e chi la vuole a fette

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In Libia, all’indomani della prova di forza degli islamisti a Tripoli, teatrino e consumo locale con quella smentita forzatamante categorica da parte diplomatica italiana che sarebbe stato forse meglio lasciare al quasi governo Sarray, la situazione, invece di chiarirsi, pare destinata a complicarsi. Cerca verifica la notizia, diffusa dai media arabi, della firma da parte del generale Khalifa Haftar di un’intesa per la creazione di una base militare russa nella Cirenaica. Forse una base navale a Tobruk dove, già in epoca sovietica, facevano scalo frequentemente le navi dell’URSS.

La Libia a strati

E tutto accade pochi giorni dopo la riapertura dell’ambasciata italiana a Tripoli e il rinnovato sostegno di Roma al governo di accordo nazionale di Fayez al Sarraj, riconosciuto dalla Comunità internazionale. Iniziativa bollata dal governo dell’Est del Paese, alleato di Haftar, come “una nuova occupazione militare”, ma si fa che in quella terra, amori e ire, vengono espressi sempre a paroloni. In questa Libia ad appartenenza tribali sovrapposte, anti che alleanze, antichi tradimenti ed eterni sospetti, sta muovendosi molto bene l’Italia. Ogni kabila conceda, ogni kabila avrà. Mollando l’osso del traffico di esseri umani. Nulla di certo, ma tanto, troppa fibrillazione nei circuiti informativi mediorientali, come l’agenzia di stampa ufficiale turca Anadolu, che svela i presunti piani del generale Haftar per conquistare la capitale partendo dal Sud del Paese, dove le sue truppe starebbero facendo incetta di numerosi basi aeree.

La Libia a fette

In Libia, di fatto, ci sono tre governi:
1, quello di Sarraj, nato dall’accordo mediato dall’Onu e siglato in Marocco nel dicembre 2015;
2, quello laico di Tobruk, in Cirenaica, di Abdullah al-Thani il cui esercito è guidato da Haftar che può contare sull’appoggio del vicino Egitto e degli Emirati Arabi Uniti, che hanno già una base aerea mei pressi di Maerj, in Cirenaica con aerei da attacco, droni ed elicotteri;
3, infine il governo islamista di salvezza nazionale che si era autosospeso dopo l’arrivo di Sarraj a Tripoli, nel marzo 2016, guidato da Khalifah Ghweil, sostenuto e finanziato da Turchia e Qatar e dai trafficanti di esseri umani. A parere diffuso tra gli osservatori internazionali, l’ex premier del governo islamista libico, sta tentando di “coagulare il malcontento contro il governo” di concordia nazionale del premier designato Fayez al-Serraj, che “ha difficoltà non solo a controllare l’intero Paese ma la stessa Tripoli. L’assolura debolezza di Sarray che al momento rappresenta la sua forza politica vera.

Il frullato Libia

Terza altenativa, la Libia in frantumi, la guerra civile, tutti contro tutti. E contro questa ipotesi l’Italia ha fatto la sommessa Ambasciata. E gli altri interlocutori? Quello che era ieri, non vale oggi. Le alleanze in Libia sono sempre a dimensioni variabili. Ghwell e il suo Parlamento erano oppositori del generale Haftar. Le forze filo-Ghwell fanno inoltre riferimento al gran mufti di Libia, Sadiq Al-Ghariani. Ma è e resta Haftar la vera ‘controscommessa’ a quella italiana, anche se poi, tanto nemico dell’Italia non è. I piani del generale Haftar, con il sostegno di Mosca, per affermarsi alla guida dello Stato. Lo scrive più o meno apertamente ‘al Quds al Arabi’, quotidiano panarabo di proprietà del Qatar, Paese che sostiene l’ex governo islamista di Salvezza nazionale di Tripoli. La stessa testata, in un editoriale pubblicato sul suo sito on-line, parla di “prossime manovre della marina militare russa nelle acque del mediterraneo davanti alle coste libiche con l’obbiettivo di testare eventuali reazioni dei Paesi occidentali”.

EuNavFor Med, la flotta dell’Unione Europe che ha schierato una portaerei contro gli scafisti, potrebbe trovare presto altro impiego, più consono ai suoi mezzi.

Ennio Remondino da Remocontro.it

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