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Libano: svolta siriana e voci nowar per l'Iraq
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Da Beirut, in Libano, arriva la notizia del sventato attentato che ieri avrebbe dovuto colpire l'ambasciata italiana. Per il fatto è stato arrestato un estremista islamico Ismail Mohammed al-Khatib, "capo di un gruppo legato al movimento terroristico al-Qaeda", secondo quanto riferito dal ministro dell'interno libanese, Elias Mussi. Ma dal Libano giunge anche una buona notizia. Neanche a un mese dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu alla Siria, Damasco ha deciso un primo ridispiegamento delle sue truppe dai dintorni di Beirut verso la frontiera comune tra i due paesi. Per ora appena mille i militari spostati rispetto ai 20mila presenti in Libano. La mossa della Siria cerca di rendere meno tesa la corda diplomatica in particolare con la Francia e gli Stati Uniti che non vogliono problemi nella regione. La tregua sul fronte occidentale, quello con il Libano, apre le trattative sul fronte più caldo, quello orientale. Il ruolo della Siria in Iraq è stato considerato sin dall'inizio molto ambiguo. Da giorni si susseguono indiscrezioni sui contatti sottotraccia che americani e siriani hanno a vari livelli, politico ma anche economico. Qualche proposta, in effetti, deve essere arrivata, visto quello che Bashar è riuscito a fare accettare ad Hamas, da sempre protetta da Damasco, un incontro con gli egiziani e aprire qualche spiraglio sul dialogo interpalestinese per la gestione di Gaza dopo il disimpegno israeliano. Molto significativo è stata la richiesta di Hamas alla guerriglia irachena di metter fine alla stagione degli ostaggi, liberandoli.
E da Beirut giunge anche la dichiarazione dell'incontro internazionale contro la guerra che gli scorsi 17-19 settembre ha riunito delegati di movimenti sociali, organizzazioni e coalizioni da 54 paesi nel mondo. Durante l'incontro sono stati riaffermati i principi della carta del "Jakarta Peace Consensus" che condanna l'occupazione irachena e in Palestina oltre alle politiche neoliberiste e di guerra. Tra i partecipanti all'incontro erano presenti Abdel-Amir al-Rukaby, leader della delegazione irachena gia parte del governo a interim prima della guerra e il Dr. Nahla Chahal, attivista per i diritti umani dell'International Civilian Campaign per la protezione dei palestinesi. La scelta di Beirut è stata voluta per riconoscere ai movimenti la loro vittoria contro l'occupazione israeliana e la resistenza all'egemonia statunitense. Tra gli interventi più sentiti c'è stato proprio quello dell'iracheno Rukaby che ha sottolineato l'importanza di un evento all'interno dell'Iraq di intellettuali e attivisti e a questo ha aggiunto la proposta di costituire un comitato di giuristi che difenda le donne e i bambini sotto attacco dell'esercito statunitense. Un ultimo intervento è stato dell'indiano Admiral Ramu Ramdas che ha ricordato le parole del Mahatma Gandhi che ricordava che tre-quarti dei problemi del mondo possono essere risolti se si riuscirà a mettersi nei panni dell'avversario. Per questo secondo Ramdas in Iraq "esiste un diritto di resistenza ma non sono accettabili i rapimenti di persone innocenti".
Anche da Amnesty International giunge la condanna ferma rispetto alla decapitazione dei due ostaggi statunitensi e chiede l'immediato e incondizionato rilascio di tutti gli altri ostaggi. "I rapimenti e le successive uccisioni di civili sono crimini riconosciuti a livello internazionale, che comportano la violazione dei piu' fondamentali diritti umani e per i quali non puo' esservi alcuna giustificazione' - ha dichiarato un portavoce di Amnesty International. L'organizzazione sollecita inoltre le truppe multinazionali e il governo iracheno ad interim a mantenere la sicurezza, la legge e l'ordine, aderendo a loro volta alle norme sui diritti umani e al diritto umanitario e portando i responsabili degli abusi di fronte alla giustizia. Alcuni appartenenti al gruppo nonviolento di Roma promuovono un presidio permanente di fronte a Palazzo Chigi che si svolgerà tutti i giorni dalle 19,30 alle 22,30. Dal titolo "Stiamo per andar via", come spiegano gli organizzatori il presidio, "sarà costante e nonviolento: tutte le sere donne e uomini faranno sit-in, esporranno messaggi pacifisti, porteranno magliette luminose per ricordare che l'Italia ripudia la guerra, raccoglieranno firme che verranno consegnate al presidente del Consiglio in persona". [AT]
Altre fonti: Rete Gan